Salto nel v uoto dell’immagine
D| L’attentato alle Torri Gemelle di New York l’11 settembre 2001 ell’aumentato potere delle immagini ci siamo accorti tutti, anche perché negli ultimi due secoli il loro numero si è progressivamente moltiplicato sino a inflazionarsi e ad accompagnare ogni momento della nostra vita quotidiana: dai giornali alla fotografia, dai manifesti pubblicitari alle mostre d’arte, dalla televisione a Internet, dalle radiografie alle ecografie.
Si guarda spesso a questo fenomeno con paura e sospetto: la «società dello spettacolo», si dice, ci consegna all’apparenza e alla superficialità, giacché l’immagine, statica e passiva, insidia il discorso articolato, la razionalità della parola viva o scritta. Da Platone fino a Guy Debord, da Winckelmann e Lessing fino all’estetica contemporanea (attraverso la separazione tra le arti spaziali mute della vista e le arti temporali eloquenti della sonorità), l’immagine è immancabilmente legata all’idea di illusione. Si presenta per lo più quale mimesi, copia di una copia, bidimensionalità che finge la profondità, come nel famoso aneddoto della
gara fra i due pittori Zeusi e Parrasio, in cui il primo perde perché cerca di sollevare, come se fosse vero, il panno dipinto sulla tavola del secondo. L’immagine, si aggiunge, è un riflesso della realtà, ma non è, a sua volta, capace di riflettere su se stessa.
Di fronte al pericolo dell’invasione delle immagini, si teme – non del tutto a torto – che il canone della tradizione culturale, basato sulla scrittura, possa essere travolto da una nuova forma di barbarie che rende il pensiero superficiale e trasforma l’interiorità in mera cassa di risonanza dell’esteriorità. Se la civiltà delle immagini dovesse conseguire la vittoria, quanto di sostanziale saremo in grado di trasmettere alle generazioni future? E, poi, esisterà allora un canone in grado di plasmare l’identità individuale e collettiva?
Federico Vercellone esamina in maniera innovativa e rigorosa la questione del passaggio – spesso avvertito come «un salto nel vuoto» – dalla civiltà della parola a quella dell’immagine. Mostra dapprima come, nel corso di questa «millenaria contesa», esista una tradizione minoritaria in cui l’immagine viene considerata in grado di autoriflettersi. Ciò accade nel neoplatonismo e nei Padri Cappadoci, come Gregorio di Nissa, in cui l’immagine acquista la proprietà dell’«essere riflessi in» ( eneikonizomenen), come nel caso delle tre figure della Trinità. Al di là della dimensione teologica, ci sono però altre presunte immagini mute e prive di logos che, nel parlare di se stesse, non solo parlano del mondo, ma costituiscono un ambiente-mondo. Esse formano l’identità, perché possiedono sia la caratteristica etimologica del «simbolo», quella di unire elementi potenzialmente complementari, sia la funzione «metabolica», trasformativa, propria dell’immaginazione, che «è sempre desiderio di dare costantemente carne e sangue al proprio sogno».
A livello teorico, diventa necessario però comprendere quali immagini dotate di intrinseca incidenza progettuale e strategica aprano a nuovi mondi possibili e quali invece, se interpretate come illusioni, condannino all’incapacità di distinguere tra realtà e finzione. Occorre, pertanto, saper distinguere tra quelle che creano unità e condivisione e quelle che, al contrario, inducono al conflitto. Per capire meglio si pensi, da un lato, agli effetti simbolici dell’Ultima cena, che congiunge i cristiani di ogni confessione, o a quelli della bandiera arcobaleno, che promuove l’ideale della fratellanza tra popoli e stirpi diverse e, dall’altro, alla carica divisiva della croce uncinata nazionalsocialista o dello spettacolo della distruzione delle Torri gemelle.
Il conflitto prevale attualmente nel mondo globalizzato, dove convivono sempre di più soggetti «i quali richiedono un riconoscimento autonomo per quanto concerne le loro peculiarità, senza tuttavia riconoscersi a loro volta anche in un racconto comune che li sollevi per un attimo dal vincolo della comunità». Ne consegue che l’ideale democratico di un pluralismo laico (in cui vale il reciproco, pacifico riconoscimento) viene messo in discussione da identità non negoziabili o scarsamente negoziabili. In tal modo «valori come quelli della tolleranza reciproca si dimostrano deboli nei Federico Vercellone sarà ospite del Salone giovedì 18 maggio alle 15,30 nella Sala Rossa in un dialogo con Massimo Cacciari sull’attuale flusso di immagini che sta travolgendo i canoni della trasmissione culturale. confronti del compito di frenare le pretese di detenere l’identità vera promessa dall’immagine». Dovremmo, dunque, adattarci a un mondo comune ma non condiviso, in cui le diverse culture si affrontano senza volersi confrontare attraverso gli strumenti unificanti del logos e del dialogo, in quanto ognuna pretende di far prevalere esclusivamente la propria identità idiosincratica?
Il possibile antidoto a questa situazione consiste, secondo Vercellone, nel procedere verso un «meditato reincantamento del mondo», non nel senso di reintrodurre elementi magici premoderni nella nostra tarda modernità, bensì in quello di elaborare, nello stesso tempo, un modello di razionalità aniconica, ossia basata sulla parola, che sia «più sensibile, meno astratta e formale, più imperniata sugli elementi simbolici ed emozionali» e, per converso, di scoprire un genere di «ragione dell’immagine […] tendenzialmente ospitale grazie alla sua capacità autoriflessiva di inglobare l’altro nel suo logos facendolo proprio».
Tale soluzione non consegue, tuttavia, automaticamente risultati positivi: «è una sorta di pharmakon che per un verso lenisce i guasti di una razionalità che ha fatto a meno di motivi patici e sensibili, mentre, per un altro verso, produce identità conflittuali e difficilmente in grado di elaborare un logos comune che le integri nella società globale». Sarà forse possibile trovare immagini, anche grazie all’«arte virtuale», che siano simultaneamente sensibili e universali e che unifichino gli uomini al di là dei loro conflitti? La risposta diventa qui incerta e destinata a travalicare l’ambito delle immagini.
Federico Vercellone, Il futuro dell’immagine, il Mulino, Bologna, pagg. 139, € 15