Incroci di civiltà a lezione
Raimon Panikkar, scomparso nel 2010 a 92 anni, nella sua densa vita insegnò in India, in Europa e negli Stati Uniti; frequentò, tra i molti, Mircea Eliade e Martin Heidegger. Jaca Book dall’inizio di questo secolo sta pubblicando le sue opere complete ( a cura di Milena Carrara Pavan), libri che escono in catalano, francese, inglese e spagnolo, oltre che in italiano.
Da poco è stata pubblicata la trascrizione di un corso inedito - con una selezione di schemi e grafici riassuntivi redatti dallo stesso Panikkar, che servirono da canovaccio per le lezioni - tenutosi alla Pontificia Università Lateranense nell’anno accademico 1962-63. In esso il grande teologo metteva a confronto la cultura occidentale e quella orientale; o meglio, il cristianesimo e l’induismo. Due mondi con acquisizioni intellettuali « profondamente diverse, anche se complementari » . Il nostro è caratterizzato, sostiene Panikkar, «dal primato del principio di non contraddizione » , quello indiano « dal primato del principio di identità». Due dimensioni lontane, e distanti le religioni che le rappresentano; tuttavia, nota il teologo, questo incontro ( o forse “scontro inevitabile”) tra esse che si è visto nel mondo contemporaneo “può fecondare il presente”.
Due figure emblematiche vengono scelte quali simboli: Kierkegaard e Śa kara. Il primo è il filosofo che diventa «ministro della Chiesa danese con funzioni parrocchiali», che poi «si stacca dalla sua confessione e muore senza essersi riconciliato con essa»; il secondo è un brahmano nambudiri del Sud dell’India che «pellegrinò durante tutta la vita» e la cui predicazione si svolgeva «con una serie di discussioni con tutti quelli che incontrava».
Panikkar, dopo aver ricordato che «l’uomo non può vivere senza morale e senza fede», esamina il percorso di Kierkegaard. In esso coglie un’esigenza: «Se l’uomo vuole raggiungere l’Assoluto deve lasciare da parte la legge, il Generale, deve superare l’etica. All’obiezione che ciò è immorale si risponde che l’etica non deve essere negata, ma superata». Ci si chiede allora: come sospendere l’etica? Questo, detto in soldoni, è il problema della fede. La storia di Abramo che obbedisce a Dio è sta per sacrificare il figlio Isacco fa da guida al teologo per focalizzare la problematica posta da Kierkegaard. Per Śa kara, invece, codesto salto non può avvenire, perché manca l a base; o meglio, «perché l’ego, che serviva per compierlo, in definitiva non esiste». Se per il filosofo danese la domanda portante sembra essere «Chi deve essere salvato?», per il brahmano questo “chi” è l’ego; tuttavia Śa kara dirà «che l’ego è contingente e come tale non può essere salvato». Perché questo si realizzi «deve abbandonare se stesso, quindi sparire; se questo ego ha uno strato più profondo che è al di là di questo essere, esso è già salvo, perché è il soggetto ultimo, è l’Assoluto, che non può essere salvato, perché lo è già».
Sono soltanto dei cenni di un percorso fascinoso e non semplice. Nascono da un teologo che si laureò in chimica oltre che in filosofia. E che divenne sacerdote cattolico nel 1946, vivendo in sé un infinito abbraccio tra Oriente e Occidente.
Raimon Panikkar, Kierkegaard e Śa kara. La fede e l’etica nel cristianesimo e nell’induismo , Jaca Book, Milano, pagg. 112, € 16