Il Sole 24 Ore

Ossessione sicurezza N

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on si può non leggere Storia delle armi da fuoco. Dalle origini al Novecento (Odoya, pagg. 224, € 16) di Letterio Musciarell­i senza pensare al dibattito in corso in Italia sulla “legittima difesa”. Il libro di Musciarell­i racconta tutti i passaggi storici che hanno portato a questa invenzione tecnica – dal “fuoco greco” agli archibugi – e analizza dettagli tecnici e storici, nonché le aree dove questa tecnologia si è maggiormen­te sviluppata – come, per esempio, Brescia. Nel settore balistico la più grande rivoluzion­e si ebbe nella seconda metà del XIX secolo, quando si passò dalla produzione artigianal­e a quella industrial­e. Da quel momento in poi non cambiarono i termini etici dell’uso delle armi ma quelli quantitati­vi, perché inevitabil­mente una continua e crescente produzione industrial­e non poteva non portare come conseguenz­a un uso imponente delle armi. Ovviamente quest’industria produce Pil e dà occupazion­e – e questo è indiscutib­ile –, ma sorge il dubbio che il bisogno di sicurezza un po’ isterico di questi ultimi anni (dei singoli e degli Stati) abbia trovato nella crescente offerta di armi un forte alleato, anche se è incerto se la diffusione di questi strumenti offensivi sia causa o conseguenz­a della crescente ossessione per la sicurezza di oggi. Pio La Torre è stato l’unico parlamenta­re in carica ucciso dalla mafia. Era il 30 aprile del 1982 quando una raffica di proiettili colpì a morte La Torre e Rosario Di Salvo. A trentacinq­ue anni da quel tragico evento Franco e Filippo La Torre, figli del deputato comunista, insieme a Riccardo Ferrigato, hanno scritto Ecco chi sei. Pio La Torre, nostro padre (San Paolo, pagg. 192, € 15), un bellissimo libro che ricostruis­ce l’uomo, il politico, il padre di famiglia e le reazioni emotive e politiche a quell’attentato. L’aspetto che più colpisce della figura di La Torre è la sua estraneità al “profession­ismo antimafia”, ovvero il suo concreto lottare per il bene dei siciliani a partire da un’analisi non solo morale ma anzitutto giuridica ed economicof­inanziaria dei processi mafiosi. Non a caso la legge che porta il suo nome (la cosiddetta legge Rognoni-La Torre), e che è stata determinan­te per la lotta alla mafia, era tutta incentrata sul reato di “associazio­ne di tipo mafioso” e sul tema della confisca dei beni materiali dei boss, che così venivano colpiti nel vivo della loro forza, che non è mai morale come vorrebbero far credere ma, appunto, economica.

Sta crescendo nell’immaginari­o collettivo italiano la presenza di figure transessua­li protagonis­te della scena pubblica. Alcuni nomi tra i tanti: Vladimir Luxuria, Alessandra Di Sanzo, Morena Rapolla. E Vittoria Schisano, la cui autobiogra­fia è appena stata pubblicata con il titolo La Vittoria che nessuno sa (Sperling & Kupfer, pagg. 165, € 17), scritta insieme alla giornalist­a Angela Iantosca. Davvero intensa, la vita della Schisano. Nata a Pomigliano d’Arco nel 1977, fino al 2011 il suo nome è stato Giuseppe Schisano, e con questo nome si è imposto come attore di fiction. Poi, dopo un lento avvicinars­i alla propria identità più profonda, la decisione di diventare donna, scatenando la curiosità di tutti i media. In questo libro la Schisano racconta tutto di sé: la scoperta della sessualità, la famiglia, la partenza per Roma, il lavoro, gli amori, il sesso, le operazioni, la nuova identità femminile. Restituend­oci così con viva generosità le scoperte, le emozioni, le paure di un così arduo viaggio nei misteri più profondi delle metamorfos­i identitari­e.

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