Suoni «live» per cult-movie
foto): Roberta Gottardi in «Harlekin» di Stockhausen e, sullo sfondo, una scena di «Vittoria sul Sole», il capolavoro del futurismo russo. A destra: il violoncellista Giovanni Sollima magini con musiche dell’inizio Quattrocento, quando Giovanna visse. La canonizzazione di Santa Giovanna era avvenuta nel 1920. Il film è una “sinfonia” di primi e primissimi piano dell’eroina ( 1.500 tagli), dei suoi accusatori - il regista si basò sugli atti del processo - e di altri personaggi, diventando un lavoro senza tempo, una specie di sacra rappresentazione, inedita e di particolare intensità, nella cornice così appropriata dello spazio essenziale della Basilica. Le voci dell’Orlando Consort suonano particolarmente in sintonia con il personaggio, se pensiamo che l’ispirazione divina giunse alla Santa attraverso le voci di S. Michele, S. Caterina e S. Margherita.
Lo scenografo del film di Dreyer, Hermann Warm, aveva collaborato anche alla realizzazione del primo film della rassegna, Il gabinetto del dottor Caligari, il 3 giu-
QuartettiQu gno al Palazzo dei Congressi. Ma quale differenza d’atmosfera! Il film di Wiene appare oggi il padre di tutti i thriller, capolavoro del cinema espressionista e primo cult-movie della storia del cinema. Wiene, nel 1919, aveva scelto come accompagnamento musicale il sestetto per archi Notte trasfigurata di Schönberg. Al Festival ascolteremo la musica live electronics composta dai quattro musicisti dell’Edison Studio, con una strumentazione comprendente computer, tastiere elettroniche, strumenti a percussione, voci ed oggetti risonanti. Così ci viene restituito un film re-inventato espressivamente attraverso il suono, mentre vengono create ambientazioni sonore anche per gli spazi immaginari del film e per le voci straniate dei personaggi. L’intervento dei musicisti sul palco restituisce l’emozione dell’in- venzione musicale dal vivo.
Altro deciso cambio di atmosfera l’ 11 luglio al Teatro Alighieri, con un film di Charlie Chaplin. Ma qui, a differenza dei film precedenti, la musica è la sua. Senza saper comporre davvero e suonando a orecchio, Chaplin ha sempre scelto e creato le proprie colonne sonore, anche quelle da eseguire dal vivo per i film muti. E se la sua prima composizione integrale è per Luci della città ( 1931), già con La febbre dell’oro, di sei anni prima, il regista e attore “scrive” la traccia musicale, importante per la visione del celebre film. Il compositore Timothy Brock ha ricostruito la partitura originale, basandosi su registrazioni inedite eseguite al piano dallo stesso Chaplin. Nel 1999 la Fondazione Chaplin ha chiesto a Brock di restaurare la partitura originale per Tempi Moderni: da quel momento è iniziata una proficua collaborazione tra l a famiglia Chaplin e la Cineteca Nazionale di Bologna, che ha portato al restauro delle musiche originali di tutti i grandi film di Chaplin, che Brock ha eseguito praticamente in tutto il mondo.