Passaggio in India
Darbar era un titolo onorifico associato ai sovrani dell’India e ai nobili con importanti incarichi di governo. Oltre agli affari di stato, però, compito del Darbar era l’individuazione dell’eccellenza in ogni campo artistico, dalla letteratura ( specialmente la poesia) alla danza, alla musica. Il Darbar divenne quindi un importante arbitro del buon gusto in musica, capace di controllarne ogni sviluppo ed evoluzione, garantendo al contempo, attraverso il patrocinio diretto dei musicisti, una rigorosa verifica sulla qualità.
Nel 2006 a Leicester (Inghilterra) ha preso il via il festival di musica classica indiana chiamato appunto Darbar Festival, divenuto in breve tempo la più importante manifestazione al di fuori dell’India dedicata a questa musica. L’origine nella città del nord dell’Inghilterra trova la sua spiegazione nell’omaggio al grande docente dello strumento a percussione tabla , Bhai Gurmit Singh Ji Virdee, che aveva lì operato fino alla scomparsa nel 2005. Ogni anno però il Festival discende a Londra, dove presenta al Southbank Centre, al Barbicane al S ad ler’ sWell si maggiori musicisti classici dell’India, di tutte le principali tradizioni e aree geografiche, dal Sud ( carnatica) al Nord ( indostana).
I due stili possiedono le medesime radici, anche se i loro successivi sviluppi ed evoluzioni hanno seguito percorsi decisamente diversi. La musica carnatica è generalmente rimasta più pura e fedele alla sua forma originale; mentre quella indostana ha assorbito molti elementi stranieri, specie nei settecento anni della dominazione musulmana ( turca- persiana- moghul) nel nord dell’India.
Per la prima volta il Festival si sposterà da Londra per venire a Ravenna con un’intensa tre giorni - dal 22 al 24 giugno - di concerti, dimostrazioni di stili, strumenti e anche sessioni di hatha yoga accompagnate da musica dal vivo.
La musica, come il canto e la danza, è una delle forme espressive che nella cultura dell’India sono considerate non solo forme artistiche ma raffinati linguaggi spirituali. Nella cultura induista la musicc a ah a origine divina: non sorprende quindi chela musica classica indiana afffoonnd di ilesue radici nel rituale dev ozi on al le e;;dacui si è pian piano affrancata, uuss cc eenndd odai templi per entra renelle corti deis so ovvrani. Poi, con la dissoluzione dei regni e il tramontare del mecenatismo, è aarrrri iv va attasulla scena, informa diconcerttoo ,, siainpa triache all’ estero. Tuttavia, anch esseeseguita in contesti puramente laici, la musica classica indiana manti enne e unaforma sostanzialmente devo zionna alle e,,ppeercui persino le più leggere trale formev vocaliclassiche, spesso a cc ompaggnnaat te eddatesti decisamente profani, riessc co onno oaancora a trasmettere la sensaz ion ne edi un rito religioso.
Eaalllora il22s era uniremo all aspirittualitàualità della musica induista quella della palpale o cristiana e o Basilica di S. Vitale dove, tra i mmosaici bizantini, risuoneranno le ii mmpprrovvis azioni sui ragas della notte s su on ateuondallag io vane De basmit aB ha tttacharya,acha maestro emergente di sarod , il priprincipale strumento a corde, assiemmee al sitar, della tradizione indostana. E invece il 24 mattina saremo nella romanica S. Francesco, per ascoltare le improvvisazioni sui ragas del mattino con uno fra i massimi interpreti, Praveen Godkhindi e il suo bansuri ( flauto indiano), semppre della tradizione indostana.