D’amore, di morte e di periferie
La paura del diverso, la fede, l’intransigenza I registi de «L’intrusa» e di «Cuori puri» riflettono sui loro film che andranno a Cannes
Molti anni fa avrei voluto fare un documentario sul mondo del volontariato perciò avevo frequentato diverse realtà associative. Una persona mi è rimasta particolarmente impressa: era una donna che faceva la spola tra le detenute del istituto penale femminile di Pozzuoli e le loro famiglie disgregate. Mi chiedevo dove trovasse la forza per aiutarle visto che quelle donne erano state, spacciando, venditrici dei morte. Giovanna, il personaggio dell’Intrusa, ha uno spessore molto simile alla volontaria che accompagnavo. È raro che figure come quelle di Giovanna provengano dalle stesse realtà dove operano; hanno altre estrazioni, vengono da altri quartieri della città, da altri ambienti e scelgono di dedicarsi agli altri, spinte da motivazioni politiche, religiose o semplicemente ideali. Anche negli operatori più laici si avvertono influenze o riferimenti protocristiani. Nel film c’è una fugace inquadratura di una deposizione realizzata dal marito pittore, mancato qualche tempo prima. Giovanna, il marito e ad altri avevano fondato “La Masseria”, uno spazio ricreativo per bambini in un quartiere periferico di Napoli.
Maria è l’altra protagonista del film: è la moglie di un camorrista arrestato che cerca rifugio proprio nella masseria che la gente del quartiere considera un’oasi e un riparo dalle logiche della criminalità organizzata. La storia di Maria è simile a molte altre. In questi quartieri le ragazze appena adolescenti subiscono il fascino dei giovanotti malavitosi; restano ammaliate dal lusso facile, dalla bella vita che questi conducono. Vengono scelte, si fanno scegliere e così vivono all’ombra dell’uomo. Poi prima o poi arriva l’arresto. Nel nostro personaggio l’arresto del marito provoca un abbandono improvviso dell’adolescenza. Maria diventa donna, per la prima volta è sola con i suoi bambini a pensare al loro futuro. È come stordita da quanto è avvenuto, non sa cosa fare, non vuole che i propri figli facciano la fine di suo marito. Così la casupola della “Masseria” diventa per lei l’unico rifugio, ma si comporta come un animale ferito che non sa chiedere aiuto perché non è nella sua cultura. Giovanna è interpretata da una grande danzatrice, Raffaella Giordano, che non aveva mai usato la parola come strumento di espressione; questo la metteva in uno stato di tensione e di insicurezza che era fondamentale per il mio personaggio: essendo “buona”, il suo temperamento essenzialmente cambiava poco ed era necessario trovare il movimento nelle sfaccettature, nelle crepe. Mentre erano tanti gli spunti per spiegare Maria, la “cattiva”, forse in fase di redenzione o forse no.