La discarica si mette in mostra aprendosi al riuso
La pattumiera nascosta diventa parco per tutti e centro di formazione
Sarà la “Fabbrica del futuro”. La discarica di Scapigliato, la più grande della Toscana, si veste di nuovo. Con un progetto di largo respiro, la pattumiera da nascondere si trasformerà in luogo di produzione da esibire, grazie all’intervento di Mario Cucinella, l’architetto dell’economia circolare, che sarà anche il curatore del Padiglione Italia alla 16ima Biennale Architettura di Venezia l’anno prossimo. «L’idea è spostarsi sempre di più verso una società a zero rifiuti, che non butta via niente e quindi converte le sue discariche da immondezzai maleodoranti a una nuova cultura del riuso delle cose vec- chie per produrne di nuove», spiega Cucinella, che è rimasto positivamente impressionato dalla richiesta del Comune di Rosignano, proprietario del polo di Scapigliato. «Mi sembra un buon segno che si pensi a un architetto per trasformare l’area in un luogo attraente, dove la gente possa andare per imparare qualcosa in un centro d’innovazione, ma anche per farsi un giro sul percorso circolare che realizzeremo tutto intorno, valorizzando così l’inserimento del nuovo polo in questo bellissimo paesaggio”, commenta Cucinella, che conta di cominciare presto con i primi terrazzamenti.
A Scapigliato s’introdurrà così in Italia il modello nordeuropeo, che tradizionalmente non nasconde gli impianti di riciclo e di valorizzazione energetica dei rifiuti, ma li esibisce alla vista, anche nei centri cittadini, grazie all’intervento di architetti celebri, come l’inceneritore di Spittelau a Vienna, decorato da Hundertwasser, o quello di Amager Bakke a Copenhagen, su cui Bjarke Ingels
ha installato una pista da sci e una parete da scalare. «Dobbiamo far diventare sexy queste fabbriche del futuro, dove si celebra una nuova cultura votata al recupero delle risorse e alla protezione dell’ambiente in cui viviamo», sostiene Cucinella. Non più disprezzo per il territorio, quindi, ma delicato rispetto per la natura e riscatto dei luoghi umiliati e sfigurati dalla cultura dello spreco.
«In prospettiva, la discarica diventerà sempre più piccola e tutto ciò che entra dovrà essere trasformato in materia prima secondaria», spiega Alessandro Giari, amministratore unico di Rit e Rea Impianti, la società del Comune in carico del polo, dove vengono smaltite ogni anno 460mila tonnellate di rifiuti urbani e industriali: «Alla fine, contiamo di re-immettere sul mercato il rifiuto come nuovo prodotto, in un’applicazione concreta dell’economia circolare». Il primo passo - da qui al 2021, con un investimento di 50 milioni - è l’ampliamento dell’impianto di recupero dei rifiuti industriali, la costruzione di un biodigestore anaerobico per il trattamento della frazione organica dei rifiuti urbani, con la produzione di biometano, e la generazione di compost di qualità da sfalci e potature. «Per favorire lo sviluppo di attività agronomiche – aggiungono i promotori - nella valle del Fine è previsto un incubatore rurale per la creazione di nuove imprese in grado di fruire delle opportunità generate dall’impianto, quali la produzione di risorse energetiche, il calore, l’anidride carbonica». Il Comune ha già acquistato a questo fine una serie di terreni, case coloniche e capannoni agricoli adiacenti l’impianto.
Il progetto di conversione prevede poi la creazione del Centro toscano per l’economia circolare, un polo d’innovazione regionale per sviluppare ricerca, creare prototipi e prodotti e stimolare startup che sperimentino i processi di trasformazione dei rifiuti, in collaborazione con Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, Cnr, Anci Toscana, Cispel Toscana e Camera di Com- mercio della Maremma e del Tirreno. Il Centro partirà nei prossimi mesi con un primo laboratorio proposto e progettato da Paolo Dario per il disassemblaggio di rifiuti complessi, grazie a robot in grado di realizzare un’operazione inversa rispetto a quella che già si applica per l’assemblaggio in molti settori. L’obiettivo è sperimentare macchine in grado di separare correttamente le diverse tipologie di materiali che compongono un sistema complesso, da un’automobile a una moto a un frigorifero, compiendo così un’operazione meno grossolana del disassemblaggio attuale, di solito affidato a una pressa o a sistemi di fusione. Si lavorerà, infine, anche al design: i prodotti riciclati, infatti, non possono competere con quelli realizzati da materiale vergine, se non sono pensati con un design e una qualità attraenti per il mercato. Solo così si chiude l’anello dell’economia circolare.