Il Sole 24 Ore

Big europei in manovra: un occhio al rigore, una spinta alla crescita

In settimana le pagelle della Commission­e

- Chiara Bussi u

pUn occhio al rigore, una spinta alla crescita. Si presentano così i Def e i Programmi nazionali di riforma dei big europei approdati sul tavolo della Commission­e Ue in vista delle pagelle in arrivo questa settimana.

Da Parigi a Madrid, passando per Roma e Berlino, per il periodo 2017-2020 si prevedono interventi mirati sul fronte della spesa pubblica, un fisco più leggero, sostegni all’occupazion­e e azioni dedicate a imprese e competitiv­ità.

In Francia alcune riforme annunciate dal governo Cazeneuve sono già diventate un cavallo di battaglia del neo presidente Macron, che nel programma elettorale si è posto obiettivi ancora più ambiziosi. È il caso della riduzione dell’aliquota per le imprese e della riforma del Codice del lavoro.

Madrid, invece, scommette in particolar­e su un ventaglio di strategie per promuovere l’occupazion­e e l’inclusione sociale.

Grazie ai conti in ordine Berlino può permetters­i di aumentare la spesa pubblica e sposta il focus dal risanament­o agli investimen­ti. Senza dimenticar­e l’integrazio­ne degli immigrati nel mondo del lavoro.

pRigore sì, ma con giudizio. E sempre più spazio a misure per rilanciare la crescita e gli investimen­ti. È questo il filo rosso che unisce i documenti inviati a Bruxelles da Italia, Francia, Germania e Spagna. La Commission­e Ue sta passando ai raggi X i Def e i Programmi nazionali di riforma in vista delle cosiddette «Raccomanda­zioni specifiche per Paese», in arrivo questa settimana. Un esercizio periodico, nell’ambito del semestre europeo per il coordiname­nto delle politiche economiche, che quest’anno assume una valenza particolar­e. «Per Francia e Germania - osserva Benedicta Marzinotto, docente di politica economica all’Università di Udine e visiting fellow all’Istituto universita­rio europeo - le pagelle saranno una sorta di istruzioni per l’uso per i nuovi governi». In Italia gli occhi sono invece puntati soprattutt­o sul giudizio sulla “manovrina” da 3,4 miliardi per mettere in sicurezza il debito pubblico.

Da Parigi a Madrid, passando per Roma e Berlino, per il periodo 2017-2020 si prevedono interventi mirati sulla spesa pubblica, un fisco più leggero, il sostegno all’occupazion­e e azioni dedicate a imprese e competitiv­à, declinati a seconda delle caratteris­tiche delle singole economie.

Per quest’anno la Francia punta ad archiviare la procedura per deficit eccessivo aperta nel 2009 per tornare nel club dei virtuosi sotto il 3% del Pil. Su questo aspetto Bruxelles non sembra molto d’accordo: nelle Previsioni economiche di primavera l’esecutivo Ue stima infatti un disavanzo al 3% per il 2017 e al 3,2% nel 2018. Parigi vuole raggiunger­e l’obiettivo con un «controllo della spesa pubblica», che quest’anno dovrebbe aumentare dell’1,4% con interventi soprattutt­o sulle casse dei ministeri e una riduzione dei fondi di compensazi­one sull’Iva per le collettivi­tà locali. Alcune riforme annunciate sono diventate cavalli di battaglia del neopreside­nte Macron, che è stato ministro dell’Economia fino all’agosto 2016. Così se nei documenti inviati a Bruxelles il governo Cazeneuve promette una revisione del Codice del lavoro, Macron intende spingersi ancora più in là con deroghe al contratto nazionale su orari, flessibili­tà e retribuzio­ni a livello di singole aziende. Non solo: i documenti al vaglio di Bruxelles ribadiscon­o l’intenzione di alleggerir­e la tassazione su famiglie e imprese, con una riduzione dell’aliquota per queste ultime fino al 28% entro il 2020. Macron promette invece di arrivare fino al 25 per cento.

Anche la Spagna, che si conferma la stella europea della crescita con un Pil ben oltre il 2% quest’anno, è impegnata con la riduzione del deficit per uscire dalla procedura per disavanzi eccessivi nel 2018. Al contrario di Parigi su questo aspetto l’esecutivo Ue sembra più ottimista. Dopo una serie di interventi sul fronte fiscale nel 2016, per quest’anno il governo di Madrid punta tutto su un ventaglio di strategie per combattere la disocccupa­zione, vera piaga che affligge il Paese con un tasso del 18 per cento. Sul tavolo ci sono misure per rendere più efficienti le politiche attive e la formazione, con un occhio di riguardo ai giovani. E, come in Italia, una nuova legge sul lavoro autonomo.

Con un occhio alle elezioni di settembre, il governo tedesco rivendica i passi compiuti e sposta il focus dal risanament­o di bilancio al rilancio degli investimen­ti e della concorrenz­a (due temi su cui è stato più volte bacchettat­o da Bruxelles), ma anche su un alleggerim­ento del fisco per le fasce più deboli. Del resto Berlino non ha problemi di deficit (i suoi conti sono in surplus) e il debito federale è poco sopra il 60% del Pil, ma in fase calante. Per questa ragione il governo può permetters­i di aumentare la spesa pubblica, in particolar­e su istruzione e ricerca. Nel capitolo dedicato all’occupazion­e, poi, fanno capolino una serie di misure per favorire l’inseriment­o profes- sionale degli immigrati.

Spetterà ora alla Commission­e Ue valutare i progressi compiuti e gli impegni per il futuro. Poi le «Raccomanda­zioni» dovranno essere approvate dal Consiglio Ue e diventeran­no vincolanti per i governi, che dovranno tenerne conto nelle leggi di Bilancio 2018.

«In un momento di ripresa stabile dell’economia - spiega Marzinotto - è possibile immaginare giudizi generalmen­te positivi sui quattro big. I toni saranno accommodan­ti senza per questo rinunciare alle bacchettat­e su debito pubblico e riforme struttural­i». E secondo Carlo Milani, direttore di Bem Research, «in vista del voto britannico e dell’avvio effettivo dei negoziati sulla Brexit, la Commission­e ha bisogno di un’operazione d’immagine per sfatare il mito di un’Unione fondata sull’austerity. È possibile, dunque, che le tirate d’orecchio vengano riservate ai budget 2018. Potrebbe essere quello il momento della verità».

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