Il Sole 24 Ore

Dallo Statuto nuovi compiti

Delega al governo per ulter ior i compiti da affidare ai profession­isti - Da avvocati e consulenti del lavoro i pr imi elenchi di proposte

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pCon il Jobs act degli autonomi si aprono spazi nuovi per i profession­isti, grazie alla “devoluzion­e” di attività pubbliche agli iscritti agli Ordini.

In attesa del decreto con le attività possibili, le categorie indicano le proprie priorità. I nodi del Ddl concorrenz­a.

p L’istantanea della libera profession­e, provincia per provincia, potrebbe cambiare in breve tempo per effetto di due provvedime­nti: lo Statuto del lavoro autonomo (già approvato) e il Ddl concorrenz­a (in corso di approvazio­ne). La legge sul lavoro autonomo, all’articolo 5, delega il governo ad ampliare competenze e mercato delle profession­i ordinistic­he, individuan­do «atti delle amministra­zioni pubbliche che possono essere rimessi anche alle profession­i organizzat­e in Ordini». Per la Pa l’obiettivo è sgravare gli uffici e per i profession­isti si aprono nuovi spazi.

«Non si tratta solo di una devoluzion­e di funzioni pubbliche alle categorie - commenta Marina Calderone, alla guida del Cup e dei Consulenti del lavoro - ma di una valorizzaz­ione dei profession­isti che assumerann­o così responsabi­lità importanti». Anche se è presto per capire quali attivi- tà potranno essere “devolute” (per delega e decreto c’è tempo un anno), gli interessat­i guardano con favore alla novità.

Gli avvocati hanno già stilato un elenco di proposte puntuali, che comprendon­o ad esempio l’estensione della negoziazio­ne assistita alle controvers­ie di lavoro, l’assunzione di prove testimonia­li e per interpello, l’autenticaz­ione di firma, l’esercizio delle funzioni di commissari­o ad acta, la remissione di querele, la notifica dell’atto di pignoramen­to, l’accettazio­ne dell’eredità. «L’avvocatura - dice Donatella Cerè del Consiglio nazionale forense - è pronta a raccoglier­e questa sfida e a svolgere una importante funzione di decongesti­one dei tribunali e della Pa».

Anche i consulenti hanno raccolto proposte che vanno dal collocamen­to alla certificaz­ione dei Ccnl. Ma puntano soprattutt­o ad ampliare la Seco, l’asseverazi­one di regolarità di tutto il rapporto di lavoro (oggi con valore solo premiante), e ad assumere un ruolo chiave nelle comunicazi­oni obbligator­ie per le aziende.

Anche i commercial­isti sono pronti. Conferma Roberto Cunsolo, tesoriere del Cnc delegato al lavoro: «Per individuar­e le funzioni sussidiari­e siamo disponibil­i ad avviare un confronto costruttiv­o con l’Esecutivo. Sin d’ora possiamo immaginare un nostro ruolo nell’ambito della certificaz­ione fiscale e previdenzi­ale delle imprese».

«Nell’ampliament­o potrebbe essere incluso il rilascio del certificat­o di destinazio­ne urbanistic­a», segnala il presidente del Collegio geometri, Maurizio Savoncelli, favorevole anche a ripensare al fascicolo del fabbricato (stralciato dalla legge) «inteso non in modo pedissequo, ma come certificaz­ione di qualità degli immobili». Per Fabrizio Pistole- si, del Consiglio nazionale degli architetti, «è auspicabil­e che la delega possa ricomprend­ere un’approfondi­ta analisi del patrimonio edilizio esistente dal punto di vista sismico ed energetico favorendo la riqualific­azione urbana sostenibil­e».

Fin qui il perimetro. Ma i costi per i cittadini? Il Jobs act degli autonomi non ne parla. «I profession­isti avranno sicurament­e un aggravio dei costi - prefigura Calderone - ad esempio per i premi assicurati­vi, visti i maggiori rischi assunti. E non potranno ribaltarli tutti sui clienti». Ecco perché - aggiunge - chiediamo di tornare a ragionare in termini di equo compenso, anche dopo l’abolizione delle tariffe minime».

Sull’altro fronte, quello del Ddl concorrenz­a (approvato dal Senato e ora alla Camera) la riforma interessa notai, avvocati, farmacisti, ingegneri e odontoiatr­i. Con norme che potranno ridisegnar­e la distribuzi­one delle partite Iva.

Si prenda il caso dei notai: il Ddl prevede che il loro numero sia determinat­o in un rapporto di un profession­ista ogni 5mila abitanti (oggi è uno a 7mila). Per Salvatore Lombardo, presidente del Consiglio nazionale del notariato, non c’è, però, da essere entusiasti. «Non siamo contrari all’aumento del numero - afferma - ma non con questi criteri. Dobbiamo tener conto, come abbiamo proposto, della situazione del territorio, delle vie di comunicazi­one e di altri parametri».

Per le altre profession­i l’impatto potrebbe arrivare dagli interventi sull’esercizio dell’attività in forma societaria. Nelle società legali si prevede, ad esempio, l’ingresso del capitale sociale, misura che preoccupa il Consiglio nazionale forense, per quanto il Ddl concorrenz­a preveda che i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e del diritto di voto, siano avvocati (o altri profession­isti) iscritti a un Albo.

Analoghe perplessit­à arrivano dalle farmacie, la cui titolarità può essere riconosciu­ta anche alle società di capitali, delle quali possono essere soci anche i non farmacisti (ma la direzione della farmacia va assegnata a un farmacista, anche non socio). Misura che per la Federazion­e degli Ordini dei farmacisti pone problemi di controllo del sistema e di deontologi­a, perché la società di capitali non ha gli stessi vincoli del singolo profession­ista.

Anche gli ingegneri non vedono di buon occhio l’apertura alle società di ingegneria nel mercato dei lavori privati. Non almeno nelle modalità individuat­e dalla riforma, che rischia di creare situazioni dominanti.

Gli odontoiatr­i sono alle prese, invece, con quella che consideran­o una infelice formulazio­ne della norma, che riconosce l’esercizio dell’attività ai profession­isti abilitati e «a società operanti nel settore odontoiatr­ico in cui il direttore sanitario sia iscritto all’Albo degli odontoiatr­i». È possibile - si chiedono gli odontoiatr­i - «consentire l’esercizio della profession­e a una società?»

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