Gli omessi pagamenti della Pa giustificano il ritardo dell’F24
pNon sono dovute le sanzioni del 30% in caso di tardivi versamenti di imposta, qualora il contribuente dimostri che la violazione è stata causata dalla carenza di liquidità dovuta al mancato pagamento di crediti vantati nei confronti della pubblica amministrazione. Questa circostanza, infatti, è idonea a rappresentare una causa di forza maggiore e, come tale, a escludere l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo. Sono queste le principali conclusioni della Ctp di Roma 2021/16/2017 (presidente Quistelli, relatore Sirocchi).
Il collegio romano accoglie il ricorso proposto da una società contro un’iscrizione a ruolo relativo a sanzioni per oltre 2,5 milioni di euro per il tardivo versamento di imposte tramite F24. La pronuncia trae origine da un avviso bonario (articolo 36-bis, Dpr 600/73), notificato nel 2016 a una Srl operante nel settore della vigilanza (avente come clienti, tra gli altri, Asl, Comuni, Autorità portuali), per aver pagato in ritardo Ires e Iva mensile relativamente all’anno di imposta 2012. In seguito, non avendo definito l’atto nei 30 giorni successivi con riduzione delle sanzioni, Equitalia procedeva con la notifica della cartella esattoriale, con conseguente richiesta delle sanzioni in misura intera e dell’aggio della riscossione.
Nell’impugnare il ruolo, e citando in giudizio le Entrate, la difesa dimostrava innanzitutto la condizione di illiquidità in cui versava la società a causa degli ingenti e cronici crediti vantati nei confronti di enti pubblici e, dunque, la sua impossibilità a pagare con puntualità le imposte regolarmente dichiarate.
Inoltre, la difesa faceva rilevare come il tardivo versamento delle imposte non era dovuto soltanto al ritardo nei pagamenti della Pa, ma anche alla difficoltà oggettiva di cedere i rispettivi crediti, che sembrano non essere graditi al sistema bancario. Infine, nel chiedere l’annullamento delle sanzioni, la difesa sottolineava come non potesse qualificarsi come dolosa la condotta di colui che non versa quanto dovuto a causa di una situazione di grave crisi economica. Per espressa previsione normativa, infatti, deve considerarsi dolosa unicamente «la violazione attuata con l’intento di pregiudicare la determinazione dell’imponibile o dell’imposta ovvero diretta ad ostacolare l’attività ammini- strativa di accertamento».
Nell'accogliere il ricorso, la Ctp ha rilevato l’illegittimità delle sanzioni irrogate sia per assenza del requisito di colpevolezza sia in virtù della disposizione contenuta nell’articolo 6, comma 5 del Dlgs 472/97, secondo cui «non è punibile chi ha commesso il fatto per forza maggiore». Secondo i giudici romani, infatti, l’esimente ricorre qualora si verifichi, come è stato dimostrato nel caso di specie, un cronico ritardo nei pagamenti da parte della Pa. Il mancato pagamento di fatture scadute costituisce evento oggettivamente riconducibile al concetto di forza maggiore, idoneo ad escludere l’elemento soggettivo dell’illecito amministrativo e, dunque, la sua punibilità.
È stato, infatti, dimostrato come il comportamento della ricorrente non fosse finalizzato all’elusione o all’evasione, ma fosse causato dalla oggettiva impossibilità di provvedere tempestivamente ai pagamenti delle imposte dovute.