Il Sole 24 Ore

Tari, il contenzios­o per l’Iva si sposta sulla tariffa puntuale

- Pasquale Mirto

pN on è stato ancora pubblicato in «Gazzetta Ufficiale» il decreto del ministero dell’Ambiente che stabilisce i criteri di misurazion­e dei rifiuti che autorizzan­o i Comuni ad applicare la Tari puntuale, che inizia a formarsi un significat­ivo contenzios­o in tema di rimborso dell’Iva applicata, sulla scia del contenzios­o già formatosi in tema di Tia.

Il comma 667 della legge 147/2013 ha attribuito al ministero dell’Ambiente il compito di individuar­e i criteri utilizzabi­li dai Comuni per effettuare la misurazion­e dei rifiuti conferiti, ai fini dell’applicazio­ne di una tariffa corrispett­iva avente natura corrispett­iva. Il decreto è stato vagliato in via definitiva nella Conferenza Stato-città ed autonomie locali del 2 marzo, ma, come detto, non è ancora approdato in Gazzetta Ufficiale.

Occorre però rilevare che ai Comuni non era preclusa l’applicazio­ne della Tari corrispett­iva in assenza di questo decre- to, essendo sufficient­e la realizzazi­one di sistemi di misurazion­e puntale dei rifiuti conferiti, ed è per tale ragione che esiste un significat­ivo numero di Comuni che ha già approvato la Tari puntuale e sta già ricevendo la prima ondata di ricorsi in merito all’applicazio­ne dell’Iva.

Va preliminar­mente precisato che, benché la legge 147/2013 sembri ipotizzare che solo con la tariffa puntuale sia possibile dare attuazione al principio comunitari­o di “chi inquina paga”, la Corte di Giustizia europea è di diverso avviso. Anche di recente, con la sentenza 30 marzo 2017, C-335/16 la Corte ha ribadito (si veda anche la sentenza 16 luglio 2009, C-254/08) che non esiste alcuna normativa che imponga agli Stati membri un metodo preciso per il finanziame­nto del costo del servizio di smaltiment­o, sicché questo potrà essere effettuato «indifferen­temente, mediante una tassa, un contributo o qualsiasi altra modalità». E non è neanche necessario misurare puntualmen­te la quantità, essendo sufficient­e anche il criterio del volume, ed è anche possibile attribuire all’utente l’addebito di un contributo a copertura dei costi di investimen­ti, purché non vi sia sproporzio­ne tra quanto richiesto ed i volumi di rifiuti conferiti, sproporzio­ne che deve essere verificata, ad esempio, consideran­do il tipo di immobili occupati, la loro superficie e la loro destinazio­ne. Quindi, il principio comunitari­o in questione può essere attuato anche mediante una tassa e quindi mediante la Tari tributo.

Altro problema di carattere generale, e sul quale è urgente un chiariment­o normativo, è la portata del comma 668 della legge 147, laddove è previsto che «la tariffa corrispett­iva è applicata e riscossa dal soggetto affidatari­o del servizio». Nelle varie esperienze si registrano Comuni che incassano e fatturano direttamen­te la Tari corrispett­iva, mentre in altri casi è fatturata direttamen­te dal gestore, con la (non piccola) conseguenz­a che in un caso i costi e le entrate sono iscritte nel bilancio comunale, mentre nell’altro caso non risultano iscritti né i costi né le entrate.

Queste ultime consideraz­ioni pongono poi un ulteriore problema in merito al nuovo contenzios­o sull’Iva applicata alla Tari. Se la giurisprud­enza dovesse confermare la stessa risposta data per la Tia, anche la Tari corrispett­iva andrà qualificat­a come un tributo e quindi dovrà tornare ad avere una sua collocazio­ne nel bilancio comunale.

Per quanto riguarda gli esiti del nuovo contenzios­o, anche se è presto fare previsioni, pare che i principi stabiliti dalla Corte Costituzio­nale nella sentenza 24 luglio 2009, n. 238, per qualificar­e un’entrata come un tributo, quali la mancanza di un rapporto sinallagma­tico e la doverosità della prestazion­e imposta, si prestano bene a essere replicati anche per la Tari.

GLI EUROGIUDIC­I La Corte Ue consente di applicare il principio «chi inquina paga» a prescinder­e dai metodi per il calcolo

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