AUSILIARI DELLA SOSTA E PREAVVISI SUL PARABREZZA
Negli ultimi mesi hanno avuto successo diversi miei ricorsi contro verbali per divieti di sosta fuori dai parcheggi delimitati da strisce blu, in cui l’accertamento era stato eseguito dagli “ausiliari della sosta”, cui tale attività è preclusa, come da diverse sentenze di Cassazione. La prova era costituita dal “pre–verbale di accertamento di infrazione” lasciato sul parabrezza, da cui risultava chiaramente che l’accertatore era un ausiliare della sosta e non un agente della polizia locale; ciò perché il verbale vero e proprio veniva poi redatto da un agente della polizia locale, “mascherando” così la illegittimità della sanzione. Recentemente però, sui parabrezza non viene più lasciato il “pre–verbale di accertamento”, ma un semplice foglio che comunica la sosta vietata e annuncia la notifica del verbale, senza riportare gli estremi dell’accertatore. In assenza di tale documento, quali strumenti ho per difendermi da multe illegittime, perché accertate da ausiliari della sosta?
L.M. – MILANO
La legge 15 maggio 1997, n. 127, all’articolo 17, comma 132, ha stabilito che «i Comuni possono, con provvedimento del sindaco, conferire funzioni di prevenzione e di accertamento delle violazioni in materia di sosta a dipendenti comunali o delle società di gestione dei parcheggi, limitatamente alle aree oggetto di concessione». La legge 23 dicembre 1999, n.488, all’articolo 68, ha successivamente chiarito che il conferimento delle funzioni di prevenzione e di accertamento delle violazioni comprende i poteri di contestazione immediata, nonché di redazione e sottoscrizione del verbale di accertamento, con l’efficacia di cui agli articoli 2699 e 2700 del Codice civile. Tale disposizione normativa ha, inoltre, precisato che queste funzioni, con gli effetti previsti dall’articolo 2700 del Codice civile, sono svolte solo da personale nominativamente designato dal sindaco, previo accertamento dell’assenza di prece- denti o pendenze penali, nell’ambito delle categorie indicate. Tutta l’attività di gestione – con i relativi adempimenti procedurali amministrativi – dei verbali, successiva alla loro redazione (notifiche, riscossione, trattazione ricorsi, messa a ruolo), è curata dagli uffici o comandi della polizia municipale del Comune in cui gli addetti operano. Le funzioni di accertamento delle violazioni devono essere conferite nominativamente e con un’apposita ordinanza sindacale. Diversamente, il verbale redatto dagli ausiliari non ha alcuna fede privilegiata e la prova va offerta in virtù delle regole generali fissate in materia dall’articolo 2967 del Codice civile, secondo il quale ogni parte deve provare l’assunto da cui intende dedurre conseguenze giuridiche a proprio favore. Secondo l’orientamento della Cassazione, gli ausiliari del traffico sono legittimati ad accertare e contestare violazioni a norme del Codice della strada quando esse concernano disposizioni in materia strettamente connessa all’attività svolta dall’impresa di gestione dei posteggi pubblici dalla quale dipendono, ove l’ordinato e corretto esercizio di tale attività sia impedito o, in qualsiasi modo, ostacolato o limitato dalla violazione stessa; laddove, invece, le violazioni consistano in condotte diverse, l’accertamento può essere compiuto esclusivamente dagli organi di polizia stradale di cui all’articolo 12 del Codice della strada (sentenze 551/2009 e 2973/2016 della Suprema corte). In relazione al quadro normativo di riferimento esposto e all’orientamento giurisprudenziale al riguardo, dovrà valutarsi, caso per caso, se sussistano o meno gli estremi per poter presentare ricorso avverso il verbale a seguito dell’accertamento effettuato dagli ausiliari del traffico. Ad ogni modo, il cosiddetto preavviso non produce effetti giuridici nei confronti del destinatario e soltanto attraverso la contestazione o notificazione del verbale di accertamento si definisce la pretesa sanzionatoria della pubblica amministrazione. Nessuna norma del Codice della strada, infatti, impone il rilascio, sul veicolo, di un preavviso di violazione (Cassazione civile, II sezione, sentenza 5447 del 9 marzo 2007). Si tratta di una prassi, un atto informale e non obbligatorio per informare il conducente del veicolo della violazione accertata in sua assenza, con possibilità di pagamento senza l’aggiunta delle spese di accertamento e di notificazione. Tale atto, che non è contemplato dal Codice della strada né dal relativo regolamento di esecuzione, non deve necessariamente contenere gli elementi che, invece, a norma dell’articolo 383 del regolamento di esecuzione, vanno indicati nel verbale di accertamento. Conseguentemente, per ricorrere al prefetto o, in alternativa, al giudice di pace, dovrà attendersi la notifica del verbale, che va effettuata entro 90 giorni dall’accertamento della violazione, a norma dell’articolo 201 del Codice della strada. dell’articolo 8, comma 1, lettera c, del Dpr 633/1972). Dopo avere pagato l’Iva dei canoni contestati e tutte le somme addebitate nell’avviso di accertamento (sanzioni, imposte, interessi), l’imposta versata sarà detraibile nelle liquidazioni Iva periodiche o nella dichiarazione annuale della nostra società?
S.A. – MILANO
L’Iva versata in seguito alla contestazione del cosiddetto splafonamento sarà detraibile, secondo quanto chiarito nella circolare 35/E del 17 dicembre 2013. In quella occasione, l’agenzia delle Entrate ha esaminato “a 360 gradi” il tema del diritto di rivalsa dell’Iva versata dal cedente/prestatore in conseguenza di accertamento o rettifica. In particolare, è stato chiarito che il diritto di rivalsa è esercitabile anche nel caso in cui il contribuente abbia aderito a uno degli strumenti deflattivi del contenzioso, per mancata impugnazione dell’atto, o per sentenza definitiva. Non è, invece, ammessa la rivalsa dell’Iva versata in pendenza di giudizio, ovvero a seguito di atti non ancora definitivi. Le Entrate hanno affermato che è consentito il diritto alla detrazione dell’Iva ricevuta in rivalsa da parte: – dell’importatore, per l’Iva accertata in dogana, entro il secondo anno successivo a quello in cui l’Iva è stata versata; – dell’esportatore abituale, nel caso di “splafonamento”, entro il secondo anno successivo a quello in cui l’Iva è stata versata (fattispecie oggetto del quesito del lettore); – del cessionario/committente che versa l’Iva in reverse charge, contestualmente all’accertamento dell’imposta dovuta. La circolare 35/E/2013, infine, ha indicato gli adempimenti a carico, rispettivamente, del cedente/prestatore che effettua la rivalsa dell’Iva accertata, e del cessionario/committente che esercita la detrazione.