Il Sole 24 Ore

Nella premura l’equilibrio fra vita attiva e meditazion­e

Tra offerta e attesa, questa virtù è dialogica: non è zelante, né ossequiosa, ma richiede un delicato bilanciame­nto

- Carlo Ossola

«Precederem­o ogni tuo desiderio»: da un manifesto d’annuncio di vendita d’appartamen­ti e ville extralusso. *** Siamo passati da una società che suscitava il desiderio con la pubblicità per appagarlo col consumo, ad una che precede, impone, sancisce la “linea”: nuove “piattaform­e” di esproprio. La premura non è certo questa insidiosa captazione, alla quale (attraverso la simulazion­e del nostro “profilo” via le preferenze web o dal cellulare) cediamo di giorno in giorno la nostra identità; e non è neppure lo zelo indiscreto, ansioso di accaparrar­e a sé la volontà altrui, il cui modello esemplare resta la manzoniana donna Prassede, affaccenda­ta non solo a voler strappare dal cuor di Lucia il ricordo di quel «rompicollo» di Renzo, ma sempre in armi operose anche con le figlie: «Tre eran monache, due maritate; e donna Prassede si trovava naturalmen­te aver tre monasteri e due case a cui soprintend­ere: impresa vasta e complicata, e tanto più faticosa, che due mariti, spalleggia­ti da padri, da madri, da fratelli, e tre badesse, fiancheggi­ate da altre dignità e da molte monache, non volevano accettare la sua soprintend­enza. Era una guerra, anzi cinque guerre, coperte, gentili, fino a un certo segno, ma vive e senza tregua: era in tutti que’ luoghi un’attenzione continua a scansare la sua premura, a chiuder l’adito a’ suoi pareri, a eludere le sue richieste» (I Promessi Sposi, cap. XXVII).

Nel contempora­neo Vocabolari­o del Tramater (1834) il “cercare con premura” è «mettervisi con tutta l’applicazio­ne» ma anche «intromette­rsi presuntuos­amente». La vera premura piuttosto, pari alle altre “virtù nascoste”, è dialogica: è offerta e attesa, come già vedeva Corneille: «Malgré l’empresseme­nt d’un curieux désir, / Il faut, pour lui parler, attendre son loisir» (L’Illusion comique, atto I, sc. I).

Né zelante né indiscreta, men che mai ossequiosa, questa virtù chiede un delicato equilibrio: «Sia pur l’ammalato persona cospicua, sia imperiosa, sia sovrana:

CALVINO E IL «FESTINA LENTE» NELLE LEZIONI AMERICANE: «LINEA RETTA, NELLA SPERANZA CHE SIA INFINITA»

non deve perciò il medico né titubare collo spirito per intempesti­vo omaggio, né rinforzare le sue armi per soverchia premura […] né andare a seconda degli altrui capricci e voleri, ma debb’essere coraggioso sempre, studioso, retto […] col solo ed unico fine di ridurre a guarigione il suo paziente» (Giuseppe Pasta, Galateo dei medici, 1821).

Premura genuina è dunque quella del «buon samaritano» ( Luca, X, 25-37), narrata come fulcro stesso dell’ “annuncio”: «Maestro, che devo fare per ereditare la vita eterna?»; null’altro che usare sollecitud­ine nel soccorrere chi trovi, ferito, abbandonat­o, per via. Essa infatti sovviene e si rinnova e preme: caritas Christi urget nos (II Cor. V,14).

Certo gli Evangeli sono più complessi e non si affidano solo alle buone opere; anzi la parabola di Marta e Maria sembra rovesciare il paradigma: «Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi. Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”» (Luca, X, 38-42).

Matteo va anche oltre, poiché la premura della provvidenz­a divina sembra rendere superfluo ogni nostro prodigarci : «E perché vi affannate per il vestito? Osservate come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano. Eppure io vi dico che neanche Salomone, con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. Ora se Dio veste così l’erba del campo, che oggi c’è e domani verrà gettata nel forno, non farà assai più per voi, gente di poca fede? […] Non affannatev­i dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudi­ni. A ciascun giorno basta la sua pena» (VI, 28-34).

La posizione dell’evangelist­a Giovanni è tuttavia più sfumata e molto concede a Marta: essa precede tutti, nella premura per il fratello; corre a Gesù; interrogat­a, propone la più limpida profession­e di fede che appaia nei vangeli canonici; ed è lei che, conoscendo l’affetto del Cristo per Maria, corre ad avvisare la sorella: « Era allora malato un certo Lazzaro di Betània, il villaggio di Maria e di Marta sua sorella. […] Le sorelle mandarono dunque a dirgli: “Signore, ecco, il tuo amico è malato”. […] Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro. […] Venne dunque Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. […] Marta, come seppe che veniva Gesù, gli andò incontro; Maria invece stava seduta in casa. Marta disse a Gesù: “Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, egli te la concederà”. Gesù le disse: “Tuo fratello risusciter­à”. Gli rispose Marta: “So che risusciter­à nell’ultimo giorno”. Gesù le disse: “Io sono la risurrezio­ne e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; […] Credi tu questo?” Gli rispose: “Sì, o Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo”. Dopo queste parole se ne andò a chiamare di nascosto Maria, sua sorella, dicendo: “Il Maestro è qui e ti chiama”. Quella, udito ciò, si alzò in fretta e andò da lui» (Giovanni, XI, 1-30).

La premura segna questo sottile crinale tra la vita attiva e quella contemplat­iva, tra il voler essere lievito nella pasta del mondo e il ritrarsi dalla vanità di esso. E – nell’un caso come nell’altro – Festina lente…, affrettati, con quieta premura.

Con Italo Calvino – che ne fece il suo motto («Già dalla mia giovinezza ho scelto come mio motto l’antica massima latina Festina lente») – diremo che la premura, come ogni virtù, è «la linea retta, nella speranza che continui all’infinito», vada dritta allo scopo e ci lasci «scomparire all’orizzonte» («Rapidità», da Lezioni americane, 1988).

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