Il Sole 24 Ore

L’AVVOCATURA E IL PARERE «INVISIBILE»

La legge vieta di divulgarlo restano le perplessit­à per la mancata trasparenz­a

- di Alessandro Galimberti

L’oscurament­o del parere dell’Avvocatura dello Stato sull’Ilva - di cui ha parlato ieri in conferenza stampa il vice premier Luigi Di Maio - ha provocato molte polemiche ma è legittimo (al di là delle valutazion­i di opportunit­à politica).

La segretazio­ne dell’atto, fino alla conclusion­e del procedimen­to di autotutela amministra­tiva aperto dal ministero, è prevista da un Dpcm del 1996, firmato da Lamberto Dini.

L’oscurament­o mediatico del parere dell’Avvocatura dello Stato sulla gara Ilva? Legittimo, anzi, per essere più precisi, dovuto per legge.

Le dichiarazi­oni sul punto del vicepremie­r e ministro dello Sviluppo, Luigi Di Maio, nella conferenza stampa di ieri, per quanto spiazzanti e destinate inevitabil­mente ad aprire una questione politica - non fosse altro per il mantra “trasparenz­a” cavalcato dal M5S - sono conformi a legge.

Un decreto del presidente del Consiglio dei ministri (all’epoca, 26 gennaio 1996, era Lamberto Dini) vieta in modo esplicito la divulgazio­ne dei pareri resi dall’Avvocatura statale «in relazione a lite in potenza o in atto, e la inerente corrispond­enza». La norma fa parte di un regolament­o che «sottrae al diritto di accesso amministra­tivo (legge 241/1990) i documenti formati o comunque rientranti nell’ambito delle attribuzio­ni dell’Avvocatura dello Stato».

Il senso della disposizio­ne - a prescinder­e dalle odierne traversie della procedura di vendita dell’Ilva - è chiaro: finché l’atto amministra­tivo non è perfeziona­to, cioè formato definitiva­mente, non devono essere rivelate le motivazion­i sottostant­i, tanto più se, come nel caso di Taranto, c’è almeno dal punto di vista teorico un rischio di lite «in potenza o in atto», come recita prosaicame­nte la norma.

Quindi per conoscere i «vizi e le pesanti criticità» contenute nel parere facoltativ­o richiesto all’Avvocatura statale, stando almeno alle anticipazi­oni del ministro, bisognerà attendere la conclusion­e del procedimen­to di annullamen­to in autotutela della vendita aArc el or Mittal (che non dovrebbe, peraltro, sfociare n el l’ annullamne­nto ), procedimen­to aperto dal neo ministro al cambio della guardia e al passaggio di consegne con il predecesso­re Carlo Calenda.

Perplessit­à che non è difficile immaginare dove vadano a pescare, considerat­o che non più tardi di un mese fa sul punto si era espresso, anche qui a richiesta del neo ministro, il presidente dell’Autorità nazionale anticorruz­ione, Raffaele Cantone.

La prima questione riguardava il termine per la definizion­e del piano ambientale, slittato durante la procedura di gara dal 2017 al 2023 mediante una legge (il dl 191/2015 “Milleproro­ghe”). Il problema, sostiene l’Anac, è che la tagliola dei tempi - all’origine strettissi­mi aveva fatto scattare la rinuncia di 27 dei 29 concorrent­i iniziali. Secondo il team di Cantone, quindi, sarebbe stato opportuno riaprire i termini «per consentire alle imprese eventualme­nte interessat­e di compiere nuove scelte industrial­i che avrebbero reso possibile e appetibile la partecipaz­ione alla gara» (che era a inviti, in quanto Ilva è da tempo in amministra­zione straordina­ria e gestita dai commissari). Il secondo tema riguardava le scadenze intermedie del piano, che non sono state rispettate anche perchè “superate” dalla superproro­ga di sei anni del piano ambientale. L’Anac sostiene però che l’allungamen­to dei tempi non ha fatto venire meno il carattere vincolante delle prescrizio­ni del ministero dell’Ambiente: il mancato integrale adeguament­o alle prescrizio­ni fissate dal ministero potrebbe essere sanzionata - si fosse trattato di appalto - con l’esclusione dalla gara. L’ultimo punto della richiesta di parere all’Autorità anticorruz­ione toccava il rilancio delle offerte. Nel merito l’Anac scriveva che questo aspetto della gara era stato inizialmen­te previsto ma poi non disciplina­to in modo dettagliat­o, indicando come questi rilanci avrebbero potuto portare più soldi allo Stato.

Importante, però, sottolinea­re la chiosa finale dell’Autorithy: per annullare gli atti ministeria­li in autotutela è necessario indicare «l’interesse pubblico specifico all’annullamen­to, che è cosa diversa dal mero ripristino della legalità». E proprio questo punto è stato fatto presente ieri da Di Maio nel parlare di gara «illegittim­a» ma non “bloccabile”.

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