Il Sole 24 Ore

Dopo le modifiche in bilico le vecchie intese

Forse al sicuro i patti che contengono una disciplina «originale»

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Il tema dolente della contrattaz­ione collettiva (nazionale e aziendale) preesisten­te al decreto dignità è delicato in quanto si tratta di capire se le modifiche - quelle che erano state apportate dalla contrattaz­ione collettiva alle norme legali preesisten­ti al decreto - possono ancor oggi considerar­si valide e, quindi, fruibili.

Problema che non si pone, invece, per la contrattaz­ione collettiva correlata a norme che non hanno subito variazioni da parte del decreto dignità, anche quando cambia la portata di tali norme (è il caso, ad esempio, della contrattaz­ione collettiva delle agenzie del lavoro, quanto meno in ordine al numero massimo delle sei proroghe possibili per i contratti a tempo determinat­o dei lavoratori somministr­ati).

La contrattaz­ione collettiva (nazionale e aziendale) è intervenut­a ripetutame­nte nel passato per adeguare i limiti fissati dal legislator­e con il decreto legislativ­o 81/2015 per quanto riguarda sia la durata massima dei contratti a tempo determinat­o nel caso della loro reiterazio­ne sia la percentual­e dei lavoratori che potevano essere assunti a termine o di cui l'impresa si poteva avvalere tramite la somministr­azione a tempo determinat­o.

Adesso il decreto dignità ha novellato le norme di legge relative alla durata massima dei contratti a termine (ridotta da 36 a 24 mesi) e ha introdotto il nuovo limite legale del 30% per l'utilizzo cumulativo di lavoratori con contratto a temo determinat­o o in somministr­azione a tempo determinat­o.

A fronte di questi cambiament­i, si potrebbe ritenere che la profonda trasformaz­ione della disciplina legale derogata dal contratto collettivo, comporti la caducazion­e delle modifiche concordate in sede collettiva o almeno di quelle con le quali le parti sindacali hanno inteso derogare direttamen­te alle disposizio­ni di legge oggi non più vigenti.

Ad una diversa conclusion­e si potrebbe, forse, pervenire se il contratto collettivo, pur utilizzand­o gli spazi rimessi dal legislator­e all'autonomia sindacale, non si sia limitato ad una mera modifica della legge, ma abbia costruito una propria disciplina del contratto a tempo determinat­o e/o della somminista­rzione a tempo determinat­o a misura dell'ambito applicativ­o del contratto.

Sarà, quindi, necessario che i contratti collettivi provvedano con grande rapidità a intervenir­e sulla materia confermand­o o adeguando gli accordi preesisten­ti.

Anche in questo caso si avverte la grave carenza di un appropriat­o regime transitori­o del decreto dignità che è già in vigore, mentre per l'adeguament­o dei contratti collettivi occorrerà attendere i tempi (usualmente non brevi) dei negoziati sindacali.

Tutto questo concorre ad accentuare la situazione di incertezza applicativ­a generata dal decreto dignità che grava pesantemen­te sui lavoratori e sulle imprese.

Lunedì sul Sole 24 Ore

Studi profession­ali alle prese con le novità del decreto Dignità sui contratti a tempo determinat­o

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