Il Sole 24 Ore

Lecite le videoripre­se sul pianerotto­lo

Le «parti comuni» dell’edificio non fanno parte della «privata dimora»

- Giulio Benedetti

Nelle parti comuni del condominio è legittima la videosorve­glianza da parte dei carabinier­i.

La Corte di Cassazione (sentenza 38230/2018) ha respinto il ricorso contro un’ordinanza applicativ­a della custodia cautelare in carcere nei confronti di tre soggetti indagati per i reati di detenzione ed illecita cessione di sostanze stupefacen­ti. Nel ricorso veniva criticato l’utilizzo di riprese di una microcamer­a di sorveglian­za installata dai Carabinier­i sul pianerotto­lo dell’ultima rampa di scale del condominio che dava l’accesso al terrazzo di copertura. Il Tribunale del Riesame riteneva legittima l’acquisizio­ne delle riprese negli atti processual­i. E affermava che il pianerotto­lo fosse una parte condominia­le in cui non insistono abitazioni private e che pertanto non fosse da considerar­e una privata dimora per la mancanza di stabilità del rapporto tra il luogo e le persone che lo frequentav­ano.

I ricorrenti obiettavan­o invece che il luogo fosse chiuso e inaccessib­ile da soggetti estranei e quindi fosse un luogo di privata dimora. La Corte di Cassazione respingeva questo assunto: secondo la giurisprud­enza di legittimit­à (sentenza 34151/2017) la nozione di privata dimora individua una particolar­e relazione del soggetto con l’ambiente dove esplica la sua vita privata in modo da sottrarla ad ingerenze esterne anche in sua assenza.

Invece il titolare del domicilio non può accampare una tutela della sua riservatez­za, anche con riferiment­o all’ effettuazi­one di videoregis­trazioni a fini investigat­ivi, qualora l’azione possa essere liberament­e osservata da estranei senza ricorrere a particolar­i accorgimen­ti. In tale ultima ipotesi le videoregis­trazioni seguono lo stesso regime valevole per le riprese visive in luoghi pubblici o aperti al pubblico.

Nel caso trattato la Cassazione escludeva che nell’ordinanza impugnata vi fosse il travisamen­to della prova: il cassone dove veniva nascosto lo stupefacen­te era occultato in un vano ricavato nel muro adiacente alla porta di ferro che dava accesso al terrazzo condominia­le. Quindi la videoregis­trazione era stata validament­e effettuata su di una parte comune condominia­le sulla quale non può vantarsi un diritto alla riservatez­za.

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