Operazioni societarie, meno incognite fiscali
Le Entrate hanno ammesso che vendita diretta o tramite partecipazione hanno stessa «dignità» tributaria solo dopo la nuova norma anti-abuso - Il Registro si sconta in base ai singoli atti a prescindere dagli effetti d’insieme
Le aziende che si preparano a progettare o realizzare operazioni di riorganizzazione societaria hanno una certezza in più. Il Fisco ha, infatti, liberato dalle incognite le operazioni societarie concatenate, facendole uscire dall’area a rischio elusione. Il tutto per interventi normativi e interpretativi che si sono succeduti negli ultimi tempi.
Ma andiamo con ordine. Lo schema finito sotto accusa era quello in cui una società cede a un’altrà società parte del suo patrimonio. Poi i soci cedono a terzi le partecipazioni della società beneficiaria del trasferimento. Restano, però, azionisti della società che ha ceduto i beni. Il Fisco ha escluso la posibile rilevanza elusiva delle operazioni: per questo non sarà più contestabile un vantaggio fiscale non dovuto, con relative sanzioni.
Maggiori certezze per la circolazione dei rami aziendali attuata mediante operazioni societarie concatenate. Sia per le imposte dirette che per il registro non dovrebbe trovare applicazione la norma antiabuso, trattandosi di una ordinaria modalità di trasferimento che non genera vantaggi fiscali indebiti. Resta però qualche dubbio qualora oggetto di circolazione siano singoli beni di impresa.
Partecipazioni e beni di impresa
La scissione societaria è frequentemente utilizzata quale primo step di un’operazione concatenata volta al trasferimento di aziende o di beni di impresa attraverso la cessione delle partecipazioni nelle società che li posseggono (cosiddetta “scissione-cessione”).
Lo schema scissione-cessione può così riassumersi:
1. una società realizza una scissione parziale assegnando a una beneficiaria di nuova costituzione o preesistente parte del suo patrimonio;
2 .i soci cedono a terzi le partecipazioni possedute nella beneficiaria oppure nella scissa, cioè nella società “contenitore” che possiede i beni oggetto di trasferimento;
3. i medesimi soci continuano invece a partecipare alla società scissa la quale prosegue nella sua attività con riguardo ai rami di impresa non oggetto di alienazione a terzi.
Dal punto di vista economico il trasferimento di beni di impresa attraverso la vendita delle quote delle società che li posseggono è considerata una modalità ordinaria, conosciuta ed approvata dal sistema. Si tratta, infatti, di un metodo generalmente più semplice e rapido che non il trasferimento diretto delle aziende.
Scissione-cessione e anti abuso
Secondo un pregresso (e discutibile) orientamento del fisco (per esempio con la risoluzione 256/E/2009), la scissione-cessione si considerava, salvo limitatissime eccezioni, elusiva. Secondo le Entrate, la concatenazione, consentendo di evitare la tassazione delle plusvalenze sui beni di impresa, era tale da qualificare la scissione come elusiva, salva l’esistenza di non meglio precisate valide ragioni economiche.
Il “teorema” sulla scissione-cessione è stato sottoposto a nuova analisi da parte dell’agenzia delle Entrate e, in parte, abbandonato, dopo l’emanazione della nuova norma anti-abuso (articolo 10-bis, legge 212/2000). Con la risoluzione 97/ E/2017, l’Agenzia ha ratificato una operazione di scissione della componente immobiliare finalizzata a cedere a terzi le quote della scissa, e dunque del ramo aziendale operativo senza più immobili. Questi ultimi verrebbero concessi in locazione dalla beneficiaria, di cui rimarrebbero soci i soggetti precedenti.
Nella risoluzione viene affermato il principio secondo cui le due modalità con cui può attuarsi una cessione di rami aziendali (diretta oppure attraverso la vendita delle partecipazioni societarie) hanno pari dignità fiscale, comportando differenti carichi per cedente e cessionario: neutralità e regime di tassazione attenuata per il cedente a
cui fa da contraltare il mancato riconoscimento fiscale del maggior prezzo pagato per il cessionario.
La scelta della modalità attuativa, precisa l’Agenzia, è rimessa alle parti, senza che eventuali vantaggi conseguiti dall’uno o dall’altro possano configurarsi come indebiti.
Regime unitario Ires e Registro
Le indicazioni delle Entrate, originariamente limitate al settore delle imposte sui redditi, si estendono ora anche alle imposte indirette a seguito della riscrittura, dal 1° gennaio 2018, dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. La nuova norma prevede che la tassazione per il Registro si effettua secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici del singolo atto registrato, prescindendo da elementi extratestuali e dagli atti ad esso collegati. Ciò fa sì che il regime delle operazioni concatenate resta quello dei singoli atti senza che sia possibile una tassazione basata sugli
effetti economici che si realizzano con l’insieme di essi.
Anche per il Registro, la scissione-cessione è comunque soggetta alla norma anti-abuso in relazione alla quale, peraltro, l’Agenzia ha già espresso un giudizio favorevole per le imposte sui redditi, vista la conformità della operazione alle ordinarie modalità seguite nella prassi per il trasferimento di rami di impresa.
Anche se l’applicazione della norma anti-abuso può essere in astratto effettuata distintamente per singolo settore impositivo, i differenti carichi fiscali per cedente e cessionario derivanti dalle due modalità di circolazione (azienda e partecipazioni) dovrebbero essere considerati congiuntamente. Con la conseguenza che il ricordato giudizio di pari dignità fiscale delle due modalità attuative non può che riguardare sia le imposte dirette che quelle indirette.
Dubbi sul trasferimento di beni
Tutto risolto, allora, sulla non elusività della scissione-cessione? Ancora no, in quanto le pronunce delle Entrate hanno precisato che la ratifica di tale modalità concatenata riguarda le sole operazioni finalizzate a cedere quote di società “operative” cioè titolari di rami aziendali e non si estendono alle società che detengono esclusivamente liquidità, intangibili o immobili.
Questo trattamento differenziato non pare coerente con il principio di pari dignità fiscale tra cessione diretta e cessione indiretta di azienda. A ben vedere, anzi, nella scissione-cessione che ha ad oggetto una società che detiene singoli beni immobili il principio di neutralità dei diversi regimi fiscali risulta ancor più evidente, dato che le plusvalenze latenti restano tali in capo all’acquirente delle quote anche se si procede ad incorporare la società target, non essendo consentito l’affrancamento con imposta sostitutiva dei maggiori valori quando l’incorporante non possiede aziende (circolare 57/E/2008).
In attesa che il fisco abbia modo di ritornare più approfonditamente sui rapporti tra operazioni concatenate e norma anti-abuso, le società possono attualmente svolgere con sufficiente tranquillità operazioni di scissione-cessione (come pure di conferimento-cessione) solo se le stesse servono a cedere il ramo operativo. Resta invece potenzialmente negativo – anche se sinceramente non se ne comprende il motivo – il giudizio delle Entrate sulle scissioni-cessioni con cui i soci vendono a terzi la componente immobiliare, oppure singoli asset, laddove non siano essi stessi oggetto di una attività economica di tipo “operativo”.
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