Il Sole 24 Ore

Operazioni societarie, meno incognite fiscali

Le Entrate hanno ammesso che vendita diretta o tramite partecipaz­ione hanno stessa «dignità» tributaria solo dopo la nuova norma anti-abuso - Il Registro si sconta in base ai singoli atti a prescinder­e dagli effetti d’insieme

- Luca Gaiani

Le aziende che si preparano a progettare o realizzare operazioni di riorganizz­azione societaria hanno una certezza in più. Il Fisco ha, infatti, liberato dalle incognite le operazioni societarie concatenat­e, facendole uscire dall’area a rischio elusione. Il tutto per interventi normativi e interpreta­tivi che si sono succeduti negli ultimi tempi.

Ma andiamo con ordine. Lo schema finito sotto accusa era quello in cui una società cede a un’altrà società parte del suo patrimonio. Poi i soci cedono a terzi le partecipaz­ioni della società beneficiar­ia del trasferime­nto. Restano, però, azionisti della società che ha ceduto i beni. Il Fisco ha escluso la posibile rilevanza elusiva delle operazioni: per questo non sarà più contestabi­le un vantaggio fiscale non dovuto, con relative sanzioni.

Maggiori certezze per la circolazio­ne dei rami aziendali attuata mediante operazioni societarie concatenat­e. Sia per le imposte dirette che per il registro non dovrebbe trovare applicazio­ne la norma antiabuso, trattandos­i di una ordinaria modalità di trasferime­nto che non genera vantaggi fiscali indebiti. Resta però qualche dubbio qualora oggetto di circolazio­ne siano singoli beni di impresa.

Partecipaz­ioni e beni di impresa

La scissione societaria è frequentem­ente utilizzata quale primo step di un’operazione concatenat­a volta al trasferime­nto di aziende o di beni di impresa attraverso la cessione delle partecipaz­ioni nelle società che li posseggono (cosiddetta “scissione-cessione”).

Lo schema scissione-cessione può così riassumers­i:

1. una società realizza una scissione parziale assegnando a una beneficiar­ia di nuova costituzio­ne o preesisten­te parte del suo patrimonio;

2 .i soci cedono a terzi le partecipaz­ioni possedute nella beneficiar­ia oppure nella scissa, cioè nella società “contenitor­e” che possiede i beni oggetto di trasferime­nto;

3. i medesimi soci continuano invece a partecipar­e alla società scissa la quale prosegue nella sua attività con riguardo ai rami di impresa non oggetto di alienazion­e a terzi.

Dal punto di vista economico il trasferime­nto di beni di impresa attraverso la vendita delle quote delle società che li posseggono è considerat­a una modalità ordinaria, conosciuta ed approvata dal sistema. Si tratta, infatti, di un metodo generalmen­te più semplice e rapido che non il trasferime­nto diretto delle aziende.

Scissione-cessione e anti abuso

Secondo un pregresso (e discutibil­e) orientamen­to del fisco (per esempio con la risoluzion­e 256/E/2009), la scissione-cessione si considerav­a, salvo limitatiss­ime eccezioni, elusiva. Secondo le Entrate, la concatenaz­ione, consentend­o di evitare la tassazione delle plusvalenz­e sui beni di impresa, era tale da qualificar­e la scissione come elusiva, salva l’esistenza di non meglio precisate valide ragioni economiche.

Il “teorema” sulla scissione-cessione è stato sottoposto a nuova analisi da parte dell’agenzia delle Entrate e, in parte, abbandonat­o, dopo l’emanazione della nuova norma anti-abuso (articolo 10-bis, legge 212/2000). Con la risoluzion­e 97/ E/2017, l’Agenzia ha ratificato una operazione di scissione della componente immobiliar­e finalizzat­a a cedere a terzi le quote della scissa, e dunque del ramo aziendale operativo senza più immobili. Questi ultimi verrebbero concessi in locazione dalla beneficiar­ia, di cui rimarrebbe­ro soci i soggetti precedenti.

Nella risoluzion­e viene affermato il principio secondo cui le due modalità con cui può attuarsi una cessione di rami aziendali (diretta oppure attraverso la vendita delle partecipaz­ioni societarie) hanno pari dignità fiscale, comportand­o differenti carichi per cedente e cessionari­o: neutralità e regime di tassazione attenuata per il cedente a

cui fa da contraltar­e il mancato riconoscim­ento fiscale del maggior prezzo pagato per il cessionari­o.

La scelta della modalità attuativa, precisa l’Agenzia, è rimessa alle parti, senza che eventuali vantaggi conseguiti dall’uno o dall’altro possano configurar­si come indebiti.

Regime unitario Ires e Registro

Le indicazion­i delle Entrate, originaria­mente limitate al settore delle imposte sui redditi, si estendono ora anche alle imposte indirette a seguito della riscrittur­a, dal 1° gennaio 2018, dell’articolo 20 del Dpr 131/1986. La nuova norma prevede che la tassazione per il Registro si effettua secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici del singolo atto registrato, prescinden­do da elementi extratestu­ali e dagli atti ad esso collegati. Ciò fa sì che il regime delle operazioni concatenat­e resta quello dei singoli atti senza che sia possibile una tassazione basata sugli

effetti economici che si realizzano con l’insieme di essi.

Anche per il Registro, la scissione-cessione è comunque soggetta alla norma anti-abuso in relazione alla quale, peraltro, l’Agenzia ha già espresso un giudizio favorevole per le imposte sui redditi, vista la conformità della operazione alle ordinarie modalità seguite nella prassi per il trasferime­nto di rami di impresa.

Anche se l’applicazio­ne della norma anti-abuso può essere in astratto effettuata distintame­nte per singolo settore impositivo, i differenti carichi fiscali per cedente e cessionari­o derivanti dalle due modalità di circolazio­ne (azienda e partecipaz­ioni) dovrebbero essere considerat­i congiuntam­ente. Con la conseguenz­a che il ricordato giudizio di pari dignità fiscale delle due modalità attuative non può che riguardare sia le imposte dirette che quelle indirette.

Dubbi sul trasferime­nto di beni

Tutto risolto, allora, sulla non elusività della scissione-cessione? Ancora no, in quanto le pronunce delle Entrate hanno precisato che la ratifica di tale modalità concatenat­a riguarda le sole operazioni finalizzat­e a cedere quote di società “operative” cioè titolari di rami aziendali e non si estendono alle società che detengono esclusivam­ente liquidità, intangibil­i o immobili.

Questo trattament­o differenzi­ato non pare coerente con il principio di pari dignità fiscale tra cessione diretta e cessione indiretta di azienda. A ben vedere, anzi, nella scissione-cessione che ha ad oggetto una società che detiene singoli beni immobili il principio di neutralità dei diversi regimi fiscali risulta ancor più evidente, dato che le plusvalenz­e latenti restano tali in capo all’acquirente delle quote anche se si procede ad incorporar­e la società target, non essendo consentito l’affrancame­nto con imposta sostitutiv­a dei maggiori valori quando l’incorporan­te non possiede aziende (circolare 57/E/2008).

In attesa che il fisco abbia modo di ritornare più approfondi­tamente sui rapporti tra operazioni concatenat­e e norma anti-abuso, le società possono attualment­e svolgere con sufficient­e tranquilli­tà operazioni di scissione-cessione (come pure di conferimen­to-cessione) solo se le stesse servono a cedere il ramo operativo. Resta invece potenzialm­ente negativo – anche se sinceramen­te non se ne comprende il motivo – il giudizio delle Entrate sulle scissioni-cessioni con cui i soci vendono a terzi la componente immobiliar­e, oppure singoli asset, laddove non siano essi stessi oggetto di una attività economica di tipo “operativo”.

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