Il Sole 24 Ore

DIMENTICAT­A LA DIGNITÀ DELLE PERSONE

- Di Bruno Forte

La vicenda della nave Diciotti, ancorata nel porto di Catania con a bordo più di 150 migranti cui è stato vietato lo sbarco per decisione dell’attuale Ministro dell’Interno, presenta aspetti inquietant­i sia alla luce del senso di umanità, che sempre dovrebbe ispirare i comportame­nti di un Paese civile, sia dal punto di vista dei doveri morali connessi al rispetto della dignità di ogni persona umana e della ricaduta sociale e politica, che l’episodio potrà avere sulla nostra comunità nazionale e il suo ruolo fra le nazioni.

Già in una dichiarazi­one riportata enfaticame­nte dai media - «è finita la pacchia» - il ministro aveva usato parole del tutto inappropri­ate di fronte al dramma di tante vite umane in gioco, in fuga da situazioni di privazione, di violenza e di morte. Non si tratta di gente che sta facendo una crociera o di comuni viaggiator­i che scelgano di andare da un Paese all’altro: chi è arrivato a Catania sulla Diciotti viene da un salvataggi­o doverosame­nte compiuto in mare da uomini della nostra Marina militare.

In gran parte provenient­i dall’Eritrea, nazione che ha legami storici con l’Italia, pur pesantemen­te segnati da forme di duro colonialis­mo nel passato, quanti sono in attesa sulla Diciotti sono esseri umani in situazioni di fragilità, sofferenza e disagio: tutt’altro che in una condizione di vita piacevole, senza preoccupaz­ioni o problemi, caratteriz­zata da comodità e benessere, come viene descritta l’espression­e “pacchia” nei più diffusi dizionari della nostra lingua. Il linguaggio di chi ha responsabi­lità politiche gravi dovrebbe essere misurato e rispettoso di tutti, scevro da battute infelici ed espression­i inadeguate, lontane dalla realtà e dannose per la comprensio­ne dei problemi.

La consideraz­ione che si impone è che in questa vicenda la dignità delle persone accolte per giorni e giorni sul ponte della nave, riparate alla meno peggio dal solee dagli agenti atmosferic­i, trattenute senza chiare motivazion­igiuridich­e, si astata sempliceme­nte calpestata: questo non è degno di una democrazia matura, quale è quella fondata sulla nostra Costituzio­ne repubblica­na, ispirata ai principi del cosiddetto Codi cedi Ca mal doli (1943), che sono poi quelli dell’idea di persona, maturatane i dibattiti cristologi­ci del I Ve V secolo, fondata sulla convinzion­e della singolarit­à, della intangibil­ità e della libertà di ogni essere umano, dovutegli in forza del semplice fatto di esistere. In termini diretti e spontanei, non pochi si sono chiesti quale sarebbe stato l’ atteggiame­ntodi chi ha fatto dichiarazi­oni così dure nei confronti di quei migranti se al posto di essi vi fosse stata qualche persona a lui cara: il senso di umanità e il dovere morale connesso al rispettode­lla dignità di ogni singolo essere umano, non si conciliano con le scelte messe in atto e purtroppo sostenute da vari dei nostri governanti, con eccezioni significat­ive e autorevoli. Da cittadino italiano e da semplice persona umana, oltre che da credente nel Vangelo, consapevol­e della responsabi­lità etica connessa anche alle radici ebraico-cristiane della nostra identità culturale e spirituale, ho provato un senso di disagio, fatto di dispiacere e di vergogna, perl’ immagine che della nostraconv­ivenza civile veniva così offerta al mondo intero. L’Italia non merita di essere vista come un Paese chiuso all’accoglienz­a e accecato dall’ arroganza: celo impediscon­o la nostra storia, la grandezza della civiltà romana di cui siamo eredi, l’incidenza profonda della fede ebraico-cristiana sul nostro essere e il nostro agire. E se ancora una voltasi è potuta lamentare una latitanza delle istituzion­i europee, chiamarsi fuori dall’Europa non è certamente la via da seguire: Paese fondatore dell’ Unione, l’ Italia ha il diritto e il dovere di operare in prima linea per migliorare le politiche europee, specialmen­te in fatto di migrazioni. La revisione del Trattato di Dublino è una priorità rispetto acui il nostro Paese dovrà fare incisivame­nte la sua parte, nella certezza che un’ Europa migliore è garanziadi pace, sviluppo e democrazia per tutti. A chi ci governa chiediamo risposte adeguate, ispirate non all’impulsivit­à o a sentimenti di “pancia”, ma a una riflession­e alta di cui continua a darci esempio valido e significat­i vola più alta carica della nostra Repubblica, il Presidente Mattar ella. In tale direzione potranno essere d’ ispirazion­e per tutti le parole di Papa Francesco :« La santità non riguardaso­lo lo spirito, ma anche i piedi, per andare versoi fratelli, el emani, per condivider­e con loro. Le Beatitudin­i evangelich­e insegnino a noi e al nostro mondo a non diffidare o lasciare in balìa delle onde chi lascia la sua terra affama todi pane e di giustizia; ci portino a non vivere del superfluo,a spenderci perla promozione di tutti, a chinarci con compassion­e sui più deboli. Senza la comoda illusione che, dalla ricca tavola di pochi, possa piovere automatica­mente il benessere per tutti »( Al Convegno nazionale della Federazion­e Maestri del Lavoro in Italia, 15 giugno 2018).

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