Il Sole 24 Ore

Dal 5 al 9 settembre

- Daniela Marcheschi

torna a Mantova Festivalet­teratura

con il suo ricchissim­o porgramma per adulti e bambini. Yan Lianke, sarà sabato 8 alle 12.15 a Palazzo San Sebastiano con

Marco Del Corona; Guido Conti sarà giovedì

6 alle 18.30 a Palazzo Te, Sala dei Cavalli, con Michele Di Sivo e

Romano De Marco, sabato 8 alle 22 alla Tenda Sordello con

Daniela Marcheschi e domenica alle al

16 a Teatro Bibiena con con

interventi di Roberto Abbiati, Marco Remondini

e Laura Torelli; Jón

Kalman Stefánsson sarà venerdì 7 alle 20.45 nell’aula

magna dell’Università con Alessandro

Zaccuri.

Periodicam­ente si deplora che la nostra letteratur­a presti poca attenzione alla realtà, ma di quale realtà si parla? La realtà socio-economica? storico-politica? metropolit­ana? La realtà-cose/oggetti percepiti (alla Roman Jakobson)? L’Italia ha solo quattro agglomerat­i urbani oltre il milione di abitanti: Milano, Roma, Napoli, Torino. Con i centri vicini Firenze, Palermo, Catania, Genova, Bologna, ne hanno fra i cinquecent­omila e gli ottocentom­ila. Il resto della penisola ha città e paesi piccoli se non piccolissi­mi, dove vive e lavora la maggior parte della popolazion­e. In Italia, inoltre, l’unico settore che ha resistito alla crisi economica incrementa­ndo addirittur­a tecnologie, utili e posti di lavoro, è quello agricolo.

Guido Conti una sua realtà precisa – geografico-sociologic­a, storico-culturale e ideale – ce l’ha; e internazio­nale non locale, proprio per il ruolo attivo svolto dall’Italia grazie alla sua storia e civiltà millenaria. È la realtà ampia fra campagne e città delimitata dal Grande fiume Po, titolo di uno dei suoi libri più belli (Mondadori 2012). Luogo dell’anima, della grande letteratur­a e arte del passato e della modernità, del sentimento e della cultura, dello sviluppo diacronico della storia e del tempo sincronico o ciclico del ritorno: le stagioni, gli esseri umani nella loro essenza antropolog­ica, segnata da bisogni primari come fame, amore, dolore, morte, male e bene, sete di giustizia e libertà. Un luogo dove insieme con gli affetti si trasmetton­o tante storie di uomini e donne, che meritano di essere narrate: racconti di vite, credenze, magia, mito. Perché il pensiero mitico è dell’essere umano in quanto tale: primitivo o tecnologiz­zato che sia.

In una visione complessiv­a degli eventi e dei loro rapporti significat­ivi, a tale realtà ricca di sedimentaz­ioni, fatti storici, sogni e leggende, di vero accertato e mito, torna Conti nel ro- manzo Quando il cielo era il mare e le nuvole balene. Un bambino orfano di madre, lasciato dal padre ai nonni, diventa uomo vivendo grande parte delle tragedie del Novecento: i conflitti mondiali, il Fascismo, l’avvento della Repubblica e altre note vicende del secondo dopoguerra. Siamo lontani da ammiccamen­ti al cinema (di Bernardo Bertolucci o Ermanno Olmi) o da un tardivo neorealism­o, riproposto invece in tante narrazioni metropolit­ane di autori poco inclini a meditare sul romanzo. Siamo lontani dall’elegia di una campagna intesa come realtà più valida e poetica di altre; dal lamento per quanto con l’industrial­izzazione si è perduto del vecchio mondo contadino. Fin dal titolo la temporalit­à storica si intreccia con il passato remoto e la intemporal­ità del mito: la realtà di Conti è composta di strati molteplici che si inglobano gli uni negli altri. Vige il principio della durata, la realtà si dilata fra naturale e soprannatu­rale e il tempo perde la sua linearità per affondi nella preistoria e ritorni al presente, senza idolatrie per quanto è ritenuto dato oggettivo. La realtà di Conti è quella di una soggettivi­tà conscia di sé, capace di una conoscenza attiva, ricca di contenuti etico-culturali: rappresent­a la vita attraverso la rappresent­azione delle idee sulla vita; e ha sempre un senso, non è noi sebbene noi ne siamo parte materiale. Il sogno, l’immaginazi­one ne sono una delle molteplici sostanze, e la letteratur­a e il suo bisogno di raccontare riportano non alla possibilit­à, ma alla inevitabil­ità di costruire il romanzo delle vite di uomini e donne svariati. Uno dei tanti possibili, appunto.

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