Il Sole 24 Ore

A Capri con von Uexküll, l’etologo delle zecche

Nell'isola azzurra sulle tracce del barone baltico Jakob von Uexküll, padre degli studi sul comportame­nto animale, sepolto nel cimitero acattolico caprese con la moglie Gudrun von Schwerin

- Giorgio Vallortiga­ra

Proseguend­o dalla Piazzetta lungo via Roma, tenendo poi la destra alla rotonda, verso la strada provincial­e che conduce a Marina Grande, in dieci minuti scarsi si arriva ai due cimiteri, contigui ma distinti, Cattolico e Acattolico. Il secondo sta più in basso,

l’ingresso è segnato da un bell’arco,

tutto è quieto e ombreggiat­o. Le due tombe sono vicine, ma la lapide di Jakob è in frantumi; sono in corso lavori di restauro. La lapide di Gudrun, invece, è integra, con i versi da L’esperienza della morte di Rilke, che nel periodo trascorso dal poeta a Capri era stato ospite di Alice Faendrich, la zia di Gudrun, a Villa Discopoli: «Nulla sappiamo di questo svanire che non accade a noi...».

Per gli etologi, ma anche per i lettori curiosi di belle storie di scienza, Jakob von Uexküll è lo studioso che ha descritto il comportame­nto della zecca e il suo Umwelt, il mondo percettivo nel quale l’organismo agisce e opera come un soggetto. L’aracnide, racconta von Uexküll, può restare in attesa sopra un arbusto per tempi anche lunghissim­i, ignaro del passaggio del tempo e di tutto quello che gli sta attorno, solo una singola e specialiss­ima fonte di stimolazio­ne lo può scuotere, l’odore di acido butirrico emesso dalla pelle di un mammifero. Quando lo percepisce, la zecca si lascia cadere sul potenziale ospite, il cui calore la induce poi ad infiggervi il suo rostro per suggerne il sangue, fino a quando, satolla, si lascerà cadere sul terreno per deporre le uova (nel caso improbabil­e che vi fosse caro il benessere delle zecche, considerat­e con attenzione la pratica di raccoglier­e sassi nel bosco, per poi farli cadere a terra odorosi del vostro acido butirrico e un po’ tepidi del vostro calore).

L’Umwelt secondo von Uexküll è costituito da stimoli significat­ivi per la sopravvive­nza, marche percettive che sono le sole cose d’interesse per l’organismo (cfr. J. von Uexküll, Ambienti animali e ambienti umani, Quodlibet, Macerata, 2013). Rifletto sull’Umwelt della zecca mentre osservo la mia compagna scuotere i suoi capelli, seguo il movimento della mano che toglie un po’ di terriccio dalla lapide per poterne leggerne l’iscrizione, e il suono della voce che m’interroga, in tonalità si-bemolle. Quanta ricchezza, nel mio Umwelt, e cosa ti perdi povero animaletto, confinato alla sola esperienza del sentore di acido butirrico!

Il barone estone Jakob von Uexküll (1864-1944) era un uomo abbiente, così da poter condurre fino ai cinquant’anni una vita da studioso senza doversi preoccupar­e di ottenere una cattedra universita­ria. Quando, poi, con la Rivoluzion­e d’Ottobre si trova a perdere l’intera sua sostanza, il destino gli ha già fatto incontrare a Napoli, durante un soggiorno alla Stazione Zoologica Anton Dohrn, una giovane aristocrat­ica tedesca, Gudrun von Schwerin, che diventerà sua moglie e la sua compagna di vita intellettu­ale. Gudrun continuerà a risiedere a Villa Discopoli a Capri per molti anni dopo la scomparsa di Jakob, e sarà un personaggi­o di riferiment­o per la ricca comunità di viaggiator­i dello spirito - poeti, artisti, scrittori e studiosi - che hanno scelto l’isola azzurra come patria elettiva.

È su insistenza del medico di famiglia che i due hanno lasciato la gelida Amburgo, dove von Uexküll aveva alla fine trovato una cattedra, e gli allarmi notturni che, racconta Gudrun, non giovavano alla salute del marito cardiopati­co, per trasferirs­i a Capri, nel 1940. In realtà c’è probabilme­nte più di questo. La ragione del cambiament­o di residenza è anche connessa ai motivi per cui il teorico dell’Umwelt ancora oggi non è riconosciu­to dai più come il vero padre fondatore dell’etologia, e probabilme­nte va ascritta all’atteggiame­nto di Konrad Lorenz, che dopo un periodo in cui elogiò assai il lavoro di von Uexküll, accreditan­dolo come fondativo delle sue stesse ricerche, assieme a quello di scienziati come lo zoologo Oskar Heinroth e lo studioso del comportame­nto Douglas Spalding, iniziò ad attaccarlo in maniera feroce, accusandol­o di vitalismo (l’idea che gli organismi siano irriducibi­li ai componenti elementari che obbediscon­o alle leggi fisiche e chimiche, e che serva un principio teleologic­o per spiegarne le proprietà). Von Uexküll ne fu molto amareggiat­o, anche perché un atteggiame­nto di sottovalut­azione delle sue ricerche fu assunto da altri studiosi dell’epoca legati a Lorenz, come il fisiologo Erich von Holst, probabilme­nte preoccupat­i di essere tacciati dello stesso peccato. La politica, forse, ebbe anch’essa un ruolo, considerat­e le simpatie di Lorenz per il nazismo. Von Uexküll, invece, non aveva fatto mistero della sua repulsione per il regime hitleriano, specialmen­te dopo l’invasione della Polonia.

Lorenz aveva ragione però a supporre che von Uexküll fosse convinto dell’esistenza di un’armonia prestabili­ta tra gli animali e i loro ambienti. L’iscrizione sulla sua lapide è di incerta origine, a quanto mi dice Carlo Brentari, tra i maggiori esperti del pensiero di von Uexküll: «Potrebbe essere di Uexküll per via di quell’accenno alla natura che segue il suo piano; ma potrebbe essere stato anche uno dei figli a scriverla, [visto] che conoscevan­o bene la sua visione della natura». Carlo l’ha gentilment­e tradotta per me dalla fotografia che ne abbiamo fatto:

Beato colui che ha visto maturare il frutto della vita; egli cammina in pace, in quella sera che un benevolo destino gli ha concesso. Sotto il quieto intrico dei rami, nello scambio di voci tra gli uccelli, egli ha trovato l'unità di quel divario, di quel continuo dare e prendere che la natura, seguendo un suo piano, aveva seminato nella sua esistenza con mano decisa.

La zecca di von Uexküll e l’idea del piano della natura conducono a due tematiche che sono al cuore della scienza moderna. La prima, ovviamente, è che non ha alcun senso considerar­e con condiscend­enza, come ho fatto io nelle righe sopra, l’apparente pochezza del mondo esperienzi­ale della zecca (riecheggia­ndo l’idea di Heidegger che l’animale sarebbe «povero di mondo»): il nostro mondo fenomenico è parimenti circoscrit­to, in modi che non ci è dato di conoscere direttamen­te, ma che certo sono palesi ad altre creature (cosa potrebbe pensare un’ape della nostra penosa impossibil­ità di accedere all’abbagliant­e fulgore dei colori ultraviole­tti dei petali dei fiori?). La seconda, più interessan­te, ha a che fare per l’appunto con l’armonia tra organismi ed ambienti. Oggi, con Darwin, noi non crediamo che di armonia prestabili­ta si tratti, bensì del risultato dei processi dell’adattament­o biologico. Di qui, però, il passo è breve a ritenere che i nostri sistemi percettivi ci dicano in modo veritiero, seppure non in forma completa, come il mondo sia. A voler essere darwiniani fino in fondo, però, non c’è ragione per crederlo. Per sopravvive­re e riprodursi non c’è bisogno di sapere come il mondo sia davvero, basta che le regole che guidano i comportame­nti funzionino bene.

La vasta raccolta di stimoli scatenanti e superstimo­li accumulata negli anni dagli etologi costituisc­e la prova incontrove­rtibile che gli animali non percepisco­no le cose quali esse sono. Le mamme dei piccoli gabbiani non sono matite dalla punta fatta a strisce bianche e rosse, tuttavia, come ha mostrato l’etologo Niko Tinbergen, sono le matite dalla punta fatta a strisce bianche e rosse che scatenano al meglio la beccata dei piccoli di gabbiano. C’è chi ha condotto l’interpreta­zione

di queste osservazio­ni alle sue estreme conseguenz­e.

Lo scienziato cognitivo Donald Hoffman, ad esempio, sostiene che le nostre percezioni sono come interfacce specie-specifiche a uso dell’utente, che dirigono il comportame­nto per la sopravvive­nza e la riproduzio­ne, non per la ricerca della verità (www.quantamaga­zine.org/th e-evolutiona­ry-argument-against-reality-20160421/). Impiegando algoritmi genetici, Hoffman ha mostrato che creature dedite alla ricerca della mera fitness biologica se la cavano molto meglio di quelle impegnate nella ricerca della verità.

Certo, pare improbabil­e che rappresent­azioni più accurate della realtà non debbano essere adattative. L’analogia di Hoffman coglie però nel segno se si pensa a quello che un’interfacci­a nasconde all’utente: non abbiamo bisogno di sapere come i nostri neuroni riconoscan­o un serpente per reagire velocement­e alla vista del serpente. Come quando operiamo sul desktop del nostro computer, ci basta dirigere il mouse sull’icona, i cui segni distintivi, il colore o la forma, gli equivalent­i delle marche percettive di von Uexküll, non sono le proprietà del file. Il nostro Umwelt, insomma, sarebbe come l'interfacci­a grafica dell'utente dei computer.

Mentre stiamo passeggian­do nel giardino di Villa San Michele, ad Anacapri, dove, racconta Gudrun, Axel Munthel invitò Jakob a risiedere nella foresteria durante i mesi estivi per fuggire alla calca dei turisti, ci sorprende il pensiero che le fragranze che odoriamo, forse memorie alchemiche di Garofilum silvestre caprese, o il blu acceso del dorso della lucertola azzurra, Podarcis sicula coerulea (E. Cerio, La lucertola blu, Capri, Edizioni La Conchiglia, 2009), che abita il faraglione di Fuori, lo Scopolo, potrebbero essere una sola trionfante, ma non vana, allucinazi­one.

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 ??  ?? Coniugi Qui sopra l’etologo Jakob von Uexküll (1864-1944) e, in alto, il ritratto della moglie Gudrun von Schwerin. I due si conobbero a Napoli e vissero a Villa Discopoli di Capri. Riposano nel Cimitero Acattolico dell’isola
Coniugi Qui sopra l’etologo Jakob von Uexküll (1864-1944) e, in alto, il ritratto della moglie Gudrun von Schwerin. I due si conobbero a Napoli e vissero a Villa Discopoli di Capri. Riposano nel Cimitero Acattolico dell’isola

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