Antigone torna e scardina l’immagine del «nemico islamico»
L’ultimo romanzo di Kamila Shamsie, Home Fire, in italiano Io sono il nemico (traduzione di Andrea Carlo Coppi, Ponte delle Grazie) affronta con coraggio e lucidità il tema della violenza che ci ha proiettati in uno stato di costante allerta. L’autrice, nata in Pakistan ma britannica di adozione, ci racconta dal didentro cosa significhi crescere con una doppia identità mentre nel mondo impera ciò che un po’ ipocritamente continuiamo a chiamare “scontro di civiltà”.
Nessuna figura mitica meglio di Antigone, eroina dell’insubordinazione e del caos, poteva giungere in soccorso per scardinare l’immagine tanto radicata del nemico. Kamila Shamsie ha scelto, infatti, di ricollegarsi a una lunga tradizione di riscritture moderne in cui la guerra fratricida e il gesto di Antigone di dare sepoltura alla salma di Polinice, considerato un traditore per il tiranno Creonte, sono diventati gli emblemi della pietà sororale e dell’inflessibile ragion di stato.
Nel caso di Shamsie, l’antica polis è un’attualissima Gran Bretagna in lotta contro il terrorismo e determinata a brandire i suoi diritti come un’arma a doppio taglio contro i suoi stessi cittadini islamici. Il dramma esplode proprio quando il discendente di una famiglia pakistana diventa il Ministro degli Interni, leale al suo ruolo e troppo preoccupato di identificare i nemici della Nazione per mostrare empatia verso la cultura da cui proviene. Karamat Lone, sebbene di vedute moderate, diventa subito il nemico segreto dei tre fratelli Pasha, su cui grava la colpa del padre, combattente jidahista, morto in circostanze misteriose mentre veniva trasportato a Guantanamo. La madre non regge al disonore, la nonna muore in un incidente, e ai tre fratelli non rimangono che l’onta del proprio passato e la consapevolezza delle proprie fragilità.
Isma, la figlia maggiore, dopo essersi fatta carico dei gemelli, decide di riprendere in mano la sua vita e accettare un dottorato in America. Anche Aneeka, una ragazza diligente, è contenta di essersi guadagnata un posto in una prestigiosa università londinese. Solo, Parvaiz, appare incapace di costruirsi un destino, e finirà per soccombere a quello che per lui preparano i reclutatori della morte. Facendo leva sulla ferita di figlio abbandonato, lo costringeranno, infatti, a unirsi all’Isis.
Kamila Shamsie si rivela un’attenta indagatrice dei sentimenti umani e un’abile interprete del mito antico. Il romanzo è organizzato attorno a cinque voci principali, corrispondenti a cinque atti, unica concessione alla drammaturgia. Isma è Ismaele, espressione della medietas; Eamonn è Emone diviso tra la passione per Aneeka e l’amore filiale per Karamat; Aneeka è Antigone fedele solo alla regola autodistruttiva dell’amore; Parvaiz è Polinice, il reietto, la salma che nessuno vuole onorare; e infine Karamat è Creonte, la voce intransigente che proclama: «finché questa storia non è finita, io non ho un figlio e non ho una moglie. Ho un Ministero dello Stato». Si sente, inoltre, l’eco di Tiresia, alias Teresa, la moglie che saggiamente incita il ministro: «Sii umano, rimedia». Mentre la funzione del coro è facilmente riabilitata nella società mediatica: «La Gran Bretagna si svegliò in un coro di tweet, articoli frettolosi pubblicati online e interviste mattutine in tv».
L’ombra di Sofocle si allarga sulla pagina facendoci presagire l’intensità del lutto, ma senza inibire la voce originale e delicata dell’autrice. La trama si innesta senza strappi su uno schema antico quasi volesse avvertirci che anche in un tempo di follie e atrocità come questo non possiamo rinunciare ad «abitare la comunanza dell’esperienza umana».
IO SONO IL NEMICO
Kamila Shamsie trad. di Andrea Carlo Coppi, Ponte alle Grazie, Milano, pagg. 286, € 18, in libreria dal 30 agosto. Shamsie sarà al Festival della mente di Sarzana sabato 1° settembre alle 19 al Canale Lunense