Sull’isola artificiale dove il metano arriva in Italia
Fra i 55 componenti dell’equipaggio del rigassificatore Adriatic Lng in mezzo al mare di fronte alla costa di Rovigo. Due settimane a bordo e tre settimane di vacanza a terra. Le persone, gli impianti, le storie
Qual è il ristorante migliore dell’Adriatico? In terraferma molte cucine contendono il lusinghiero primato, ma chiedete «dove si mangia meglio in mezzo all’Adriatico» agli elicotteristi che depositano i tecnici sulle piattaforme al largo o ai marinai delle “supply vessel” e dei rimorchiatori d’altura: si mangia divinamente alle coordinate 45° 05' 26.30” Nord - 12° 35’ 04.99” Est, in mezzo al mare più o meno a 15,1 chilometri al largo del Delta del Po, sulla piattaforma Adriatic Lng, la cui mensa è condotta dallo chef Giuseppe Cobuzzi, 45 anni, di Molfetta, juventino. Invece di tornare subito a terra, marinai ed elicotteristi fingono impegni che li trattengano in piattaforma fino all’ora di mangiare le prelibatezze servite in mensa sui tavoloni di formica simillegno.
Lo chef Cobuzzi è imbarcato sul rigassificatore Adriatic Lng da dieci anni e conosce uno a uno i gusti dei suoi clienti, sempre gli stessi 50 tecnici dell’equipaggio che si alterna sulla piattaforma, e prepara gli spuntini di mezzanotte per chi smonta dal turno e ha le date dei compleanni per preparare le torte speciali.
In mezzo al mar
Il rigassificatore Adriatic Lng (Exxon Mobil al 71% con Qatar Petroleum al 22% e con l’azionista Snam) è un dado colossale di calcestruzzo, 180 metri di lunghezza e 80 di larghezza, alto 47 metri. Dal 2008 è piazzato in mezzo all’Adriatico di fronte al Delta; nelle belle giornate all’orizzonte si vede il profilo piattamente noioso del Polesine. Il dado di calcestruzzo posa fermo sul fondo sabbioso del mare, qui alto 30 metri di acqua, ed è cavo, vuoto: dentro al cubo ci sono due termos coibentati in cui è tenuto freddissimo il metano liquido. Sopra al cubo di calcestruzzo sono fissati gli impianti, i vaporizzatori, la centrale elettrica, gli scambiatori di calore, le scialuppe di salvataggio, la torcia d’emergenza, il piatto d’atterraggio degli elicotteri, le ciminiere, l’edificio degli alloggi.
Nell’edificio alloggi ci sono le camere (ogni camera con vista mare ha due letti a castello e bagno), la sala controllo, la lavanderia, l’infermeria, gli uffici, il salotto “cinema”, la palestra, la mensa in cui spignatta lo chef Cobuzzi con la sua brigata di cucina.
Come l’acqua che scorre
Dal 2008 il rigassificatore Adriatic Lng è uno dei grandi snodi europei del metano: importa in Italia più di 6 miliardi di metri cubi di gas, circa il 10% dei consumi nazionali. Il metano non viene trasportato dai giacimenti ai consumatori, con una condotta che attraversa i continenti, ma viene portato via nave dopo essere stato liquefatto. Vicino al giacimento c’è un frigorifero enorme, si chiama “treno di liquefazione”, che raffredda il metano finché a 162 gradi sotto lo zero perde le caratteristiche gassose e diventa liquido. Il metano liquido è 600 volte più denso del gas. Questo liquido trasparente come acqua, gelatissimo a meno 162 gradi, è metano; viene conservato in serbatoi termicamente coibentati, perché quando si scalda sopra i 162 gradi sotto lo zero il metano liquido comincia a prima frizzare e poi a bollire impetuosamente come una pentola d’acqua sul fuoco. Viene caricato sulle navi metaniere, le cui cisterne sono anch’esse coibentate come termos naviganti. Le navi metaniere navigano fino ai porti di destinazione, dove ci sono i rigassificatori, cioè dove il metano liquido viene riportato allo stato di gas e immesso nelle tubature verso i consumatori.
Come si gassifica il metano? Semplice: scaldandolo. Se il calore di 100 gradi sotto la pentola fa bollire l’acqua che diventa vapore, così il calore dell’acqua salata del mare fa bollire il metano che diventa vapore. Uguale, cambia soltanto la temperatura.
La nave al largo
Ogni tre o quattro giorni una nave si accosta alle brìccole del terminale, ogni parabordo di gomma è grande come due furgoni Ducato passo lungo. Ed ecco all’orizzonte il profilo della nave gasiera Milaha Qatar, bandiera maltese, piena di 155mila metri cubi di metano liquefatto che quando sarà riportato allo stato di gas diventerà 93 milioni di metri cubi. È lunga 283 metri: il rigassificatore solamente 180 metri. Quattro bracci a gomito si allungano dal terminale Adriatic Lng e si allacciano alle bocche di scarico della nave metaniera. La durata delle operazioni di scarico chiede una dozzina di ore; dall’accosto alla partenza servono 24 ore. Nel rigassificatore il metano viene pompato nei vaporizzatori e riscaldato con getti di acqua di mare. In pochi istanti il metano da liquido diventa gas, si espande di 600 volte e soffia nel metanodotto che collega la piattaforma con la terraferma.
Il gasdotto con un “microtunnel” posato nelle profondità senza toccare le delicatissime lagune del parco naturale del Delta arriva fino nell’entroterra, fino a Cavàrzere. La stessa posa a zero impatto ambientale che in Puglia è contestata contro il Tap.
In questo momento in sala controllo il veneziano Giulio Bozzato e il cosentino Raffaele Caputo stanno mandando nelle condutture italiane 898.662 metri cubi l’ora di metano e in serata il terminale avrà dato agli italiani 21,8 milioni di metri cubi.
Con un 82% di utilizzo, il rigassificatore - capacità massima 8 miliardi di metri cubi l’anno - è il più efficiente d’Europa, dove invece la media di utilizzo è del 22%. La maggior parte del metano per la piattaforma di rigassificazione dell’Adriatico arriva dal Qatar ed è destinato all’Edison con un contratto take-or-pay che varrà un’altra quindicina d’anni.
Vita di piattaforma
Il comandante è Paolo Silvestrin, nato ad Adria (Rovigo). Da dieci anni gestisce la vita e la produzione di questa isola artificiale in mezzo al mare. L’equipaggio stabile è di 55 persone, sempre le stesse da una decina d’anni. Si conoscono tutti. Poi ci sono addetti che arrivano per brevi periodi dagli uffici centrali di Milano, oppure squadre di tecnici per lavori specifici agli impianti e per cicli di manutenzioni. Nell’infermeria, aiutato da un infermiere, c’è il medico calabro americano Anthony Cilurzo. Sulla sicurezza di tutti sovrintende Giuseppe Placenti, salernitano laureato a Padova in ingegneria ambientale.
Per due settimane si lavora a ciclo continuo dalle 7 alle 19 tutti i giorni, domeniche comprese, e poi ci sono tre settimane di vacanza a terra. Lo stipendio di base è quello del contratto Energia, gli stessi stipendi di chi lavora negli impianti come centrali elettriche o raffinerie, ma le indennità dell’equipaggio fanno salire il reddito e alcuni quadri arrivano a 70mila euro lordi l’anno.
Gran parte dell’attività e del riposo si svolge nel ronzio artificiale e climatizzato. Non si sentono le onde, nemmeno le tempeste; la piattaforma è fissa sul fondo. Fuori dall’edificio degli alloggi bisogna indossare un rilevatore di gas, perché il metano in realtà non ha alcun odore e non ci si accorgerebbe di una perdita pericolosissima. All’aria aperta sono vietati tutti i dispositivi a rischio di scintille, accendini e telefonini compresi. C’è una saletta fumo così antifiamma che è costata come un appartamento di lusso in centro. Non si possono lanciare lenze dal bordo per cercare di catturare pesci pregiati, aragoste vive e ostriche freschissime che potrebbero allietare i piatti dello chef Giuseppe.
Il rifugio per qualcuno è la solitudine del disco d’atterraggio degli elicotteri, altissimo sul mare, dove pare di toccare con la mano le nuvole portate dalla bora tesa dall’Istria e dalla Dalmazia che nelle giornate terse traspare laggiù .
La pittaforma Adriatic Lng fa capo ai gruppi Exxon Mobil, Qatar Petroleum e Snam
Al lavoro. Un momento delle attività a bordo della piattaforma, si inizia alle sette del mattino e il turno termina alle 19, tutti i giorni, domeniche comprese; stipendi di 70mila euro lordi annui per alcuni quadri