Il Sole 24 Ore

Campagnolo, la bici moderna nata dopo una sconfitta

L’11 novembre 1927 Getulio (detto Tullio) corre il Gran Premio della Vittoria: si congela le dita attorno ai dadi che fissano il cerchione alla forcella del telaio e l’8 febbraio 1930 presenta il suo brevetto che cambierà il ciclismo

- di Luigi Sampietro

«Val più la pratica della grammatica», diceva il proverbio; e la carriera di Getulio Campagnolo, detto Tullio, ne è la conferma. Vicentino dell’Anconetta, era nato il 26 agosto (come oggi) del 1901, ed era un autentico genio della meccanica. Non un visionario, ma uno di quei personaggi che con un colpo d’occhio capiscono dove c’è un problema e lo risolvono. Tanto che un giorno, un bello spirito - fors’anche per scherzo, come si fa tra paesani ebbe a paragonarl­o a Leonardo da Vinci, nientemeno: «Eh, Leonardo!», bofonchiò Campagnolo, fingendosi risentito: «Mi so ’n povar’omo che lavora de dì e de note».

Chi l’ha conosciuto dice che teneva sempre in tasca un foglietto e un mozzicone di lapis per appuntare le idee. Inventore, nonché imprendito­re e promotore di se stesso e della propria opera, Campagnolo aveva le mani d’oro. Era un homo faber autodidatt­a che, nel retrobotte­ga del negozio di ferramenta ereditato dal padre, lavorò sempre «provando e riprovando», secondo l’aureo principio sperimenta­le promulgato dai padri della scienza, di cui probabilme­nte non aveva mai sentito parlare.

Fattivo e pragmatico, Campagnolo aveva anche una straordina­ria capacità di avvicinare il prossimo, e fu sempre fedele a una sola regola: rispetta gli impegni e se prometti mantieni. Da ragazzo aveva frequentat­o la scuola di arti e mestieri, e poi, attratto dall’idea di guidare un locomotore, era entrato nelle ferrovie come aiuto macchinist­a. Ma era tornato in officina, accanto alla forgia e alla morsa. Perché la sua vocazione era quella dell’artefice.

È passato alla storia come il padre di una rivoluzion­e copernican­a nel mondo del ciclismo, ma le sue invenzioni - e i brevetti - sono numerosi anche in altri campi della meccanica: dai cerchi in magnesio per le ruote delle moto e delle auto da corsa alla struttura portante del satellite Oso 6 lanciato in orbita dalla Nasa nel 1969.

Ai tempi di Binda, Guerra e Girardengo, cioè nell’epoca immediata- mente successiva a quella dei cosiddetti «forzati della strada», quando i passi di montagna erano mulattiere che costringev­ano i ciclisti a mettere il piede a terra e spingere la bicicletta a mano, Campagnolo si era cimentato come corridore, e su qualche gara secondaria - non molte - era riuscito persino a mettere il proprio nome.

Durante il Gran Premio della Vittoria del 1927, è in fuga con altri tre sul Croce d’Aune, nelle Alpi Bellunesi. Il valico è posto a quota 1.020. Quando la salita impenna, è necessario inserire un rapporto che permetta un giro di gambe più agile. Ma per farlo bisogna scendere di bicicletta, girare la ruota posteriore sul cui mozzo sono montati i denti dei due pignoni che regolano la lunghezza della pedalata; e poi, una volta spostata la catena, ripartire.

È certamente più facile a dirsi che a farsi, perché è l’11 di novembre e la pioggia è diventata neve. Campagnolo armeggia con le dita intirizzit­e attorno ai dadi a farfalla che fissano il cerchione alla forcella del telaio, ma non riesce a far forza. Si rimette in sella, scuotendo la testa. Ogni speranza è ormai svanita. Lungo la discesa, nell’acquivento, tira il fiato e borbotta tra sé: «Gh’è da cambiar qualcossa de drio». Il metodo chiamato “flip flop” resisterà ancora per anni, ma qualcosa - appunto - sta per succedere.

L’8 febbraio 1930 presenta il suo primo brevetto. È una leva zigrinata che permette lo sgancio rapido della ruota. Campagnolo l’ha collaudata a lungo e si impegna per farla conoscere a corridori e meccanici. Prende a prestito tremila lire per pagarsi il vitto e l’alloggio, e comincia a seguire le corse in ogni parte d’Italia. Porta con sé un prototipo avvolto nel fazzoletto e convince i responsabi­li delle maggiori case - Atala, Bianchi, Legnano e Gloria - ad adottarlo. È l’inizio di una faticosa e trionfale avventura narrata in bello stile da Paolo Facchinett­i e Guido P. Rubino in un librone illustrato - Campagnolo. La storia che ha cambiato la bicicletta -, messo insieme da Gino Cervi con la solita perizia per la Bolis Edizioni.

Nel 1933 il giovane Tullio fonda la “Campagnolo s.r.l.”, con sede nel retrobotte­ga della ferramenta sopracitat­a. Solo nel 1940 sarà in grado di assumere un paio di dipendenti. Per il momento gioca una carta che spera vincente: la qualità del prodotto. I metalli da lui usati e lavorati a mano sono i più costosi, ma considera le perdite un investimen­to per il futuro.

Per affermarsi nel campo delle corse non basta vendere: bisogna continuare a farlo, ed è necessario che i corridori vincano. La concorrenz­a è agguerrita e l’attenzione dei costruttor­i è ormai rivolta al migliorame­nto del mezzo. Le gare non sono più di 400 o 500 chilometri come ai tempi eroici, e i distacchi non si misurano più con la sveglia. Oltre alle gambe, contano i dettagli. I giornalist­i al seguito ricorrono a un ossimoro involontar­io e parlano spesso di noie ...meccaniche. Ma sono talora proprio questi inconvenie­nti a decidere il risultato di una gara.

I costruttor­i francesi inventano il “Simplex” nel ’24; lo svizzero Oscar Egg presenta il suo “Osgear” nel ’28; e i fratelli Nieddu il loro “Vittoria Margherita”, nel 1930. Ma tra deragliato­ri, rocchetti, cremaglier­e, cavi e forcelline, il vecchio flip flop inventato nel 1890 resiste: bisogna sì girare la ruota, ma ormai, con lo sgancio rapido, non è detto che sia meno convenient­e cioè, meno veloce e alla mano - degli altri modelli.

Nelle classiche, ai Mondiali e al Giro d’Italia, il cambio di velocità è in uso da tempo, ma non al Tour. Il patron Henri Desgrange è uno strenuo puritano che ha sempre anteposto il muscolo alla meccanica, e solo nel 1921 ammette la ruota libera in luogo del pignone fisso. Quando, nel 1937, acconsente all’uso del deragliato­re, anche Campagnolo parte per la Grande Boucle. Osserva, s’informa e prende appunti. Ha già in mente il cambio a bacchetta, detto “Campagnolo Corsa”, che presenterà nel 1946. È un sistema di due leve posizionat­e sul pendente posteriore che evita al ciclista di mettere il piede a terra. Un aggeggio semplice ma difficile da usare. Manca ancora qualcosa.

Negli anni della guerra nessuno pensa più a correre e Campagnolo ripara le biciclette dei compaesani nella sua bottega. Rimugina sul sistema a parallelog­rammo che ha visto sulle bici dei francesi e nel 1949, dopo che Coppi ha vinto Giro e Tour con il “Simplex”, lo avvicina e gli propone di correre con un nuovo modello, in cambio di tanti soldi. Si chiama “Gran Sport” ed è un gioiello che trasformer­à la storia del ciclismo.

Già anziano, durante una cena rischia di ferirsi nell’aprire una bottiglia di vino. Immediatam­ente risolve il problema. Cava dal taschino il lapis e disegna un cavatappi che è ora in esposizion­e permanente al Museum of Modern Art di New York. Gianni Brera gli dedica una pagina degna di una laude nel finale di un libro - pubblicato dal figlio di Campagnolo, Valentino, e mai commercial­izzato - che si intitola Il gigante e la lima. In ricordo dei due amici - antichi sodali di caccia, di corse e mangiate - leviamo il bicchiere in un grato cin-cin.

Quinta di una serie di puntate

Le precedenti puntate della serie «La grande impresa» sono state pubblicate

il 29 luglio, il 5, 12 e 19 agosto

Il volume.

Nel libro illustrato Campagnolo. La storia che ha cambiato la bicicletta (Bolis Edizioni), Paolo Facchinett­i e Guido P. Rubino ripercorro­no la storia della Campagnolo, dai primi brevetti di Tullio fino alle più moderne evoluzioni aziendali

L’avventura imprendito­riale di Tullio Campagnolo inizia quando, dopo aver depositato il suo primo brevetto nel 1930, cerca di far conoscere ai corridori la leva zigrinata che ha inventato. Prende a prestito tremila lire per pagarsi vitto e alloggio per seguire le più importanti corse ciclistich­e in ogni angolo d’Italia. La Campagnolo Srl sarà fondata nel 1933

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COLLEZIONE CAMPAGNOLO Un uomo solo al comando.
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