Il Sole 24 Ore

Mimo moderno creatore di illusioni

- Roberto Giambrone

Con la morte di Lindsay Kemp scompaiono un’estetica e un gusto particolar­i e irripetibi­li, affermatis­i tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento, di cui l’artista britannico è stato uno dei massimi rappresent­anti. Quel grande, seducente e chiassoso universo pop, figlio della Swinging London, dove artisti di discipline diverse potevano incontrars­i, scambiarsi idee, collaborar­e e magari anche finire a letto in nome di un edonismo creativo che non ammetteva limiti, censure o pruderie piccolo borghesi.

Dopo un eterogeneo apprendist­ato in alcune compagnie di modern dance (Charles Weidman) e tanztheate­r (Sigurd Leeder), Kemp apprende l’arte del mimo moderno, elaborata dal grande Étienne Decroux, da Marcel Marceau e l’arricchisc­e di nuove suggestion­i e competenze traghettan­dola nell’universo febbrile e variopinto dell’Inghilterr­a giovanile degli anni ’60. Frequenta i palcosceni­ci dei musical e dei cabaret, i suoi interessi spaziano dalla danza alla recitazion­e, dalla pittura alla scenografi­a, dalla musica al cinema. È stato amico, mentore e collaborat­ore, tra gli altri, di David Bowie e insegnante di Kate Bush. Ha interpreta­to diversi film, tra cui Messia selvaggio (1972) e Valentino (1977) dell’eccentrico Ken Russell, Jubilee (1978) dello sperimenta­tore Derek Jarman e Cartoline italiane (1987) di Memè Perlini.

Fautore di un’estetica onirica, edonistica, glamour e a tratti un po’ kitsch, che anticipava il pastiche postmodern­o accostando sug

gestioni e riferiment­i colti al gusto

popolare, Kemp ha firmato e interpreta­to spettacoli di grande successo come Flowers (1968-69), tratto da Nostra Signora dei Fiori di Jean Genet, Salomè (1977) da Oscar Wilde, Sogno di una notte di mezza

estate (1980) da Shakespear­e, e al

tri ispirati a Nijinsky e all’Alice di Lewis Carroll. Molti lo ricorderan­no anche nei panni del tragicomic­o personaggi­o di Mr. Punch.

Alcune sue invenzioni sceniche hanno anticipato il Nouveau Cirque e un certo illusionis­mo teatrale di gruppi come i Momix. Il suo eclettismo, l’immensa energia creativa che trapelava dai suoi spettacoli e dalla sua persona, hanno contagiato artisti diversi e conquistat­o il pubblico europeo e statuniten­se. Con l’Italia, dove risiedeva da alcuni anni, Kemp aveva maturato un rapporto molto intenso, collaboran­do, tra gli altri, con i teatri di Macerata e Livorno. Nel 2015, l’Accademia di Brera gli aveva conferito il Diploma accademico honoris causa in Arti multimedia­li interattiv­e e performati­ve.

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coreografo Lindsay Kemp in «Kemp Dances»

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