Mimo moderno creatore di illusioni
Con la morte di Lindsay Kemp scompaiono un’estetica e un gusto particolari e irripetibili, affermatisi tra gli anni ’60 e ’70 del Novecento, di cui l’artista britannico è stato uno dei massimi rappresentanti. Quel grande, seducente e chiassoso universo pop, figlio della Swinging London, dove artisti di discipline diverse potevano incontrarsi, scambiarsi idee, collaborare e magari anche finire a letto in nome di un edonismo creativo che non ammetteva limiti, censure o pruderie piccolo borghesi.
Dopo un eterogeneo apprendistato in alcune compagnie di modern dance (Charles Weidman) e tanztheater (Sigurd Leeder), Kemp apprende l’arte del mimo moderno, elaborata dal grande Étienne Decroux, da Marcel Marceau e l’arricchisce di nuove suggestioni e competenze traghettandola nell’universo febbrile e variopinto dell’Inghilterra giovanile degli anni ’60. Frequenta i palcoscenici dei musical e dei cabaret, i suoi interessi spaziano dalla danza alla recitazione, dalla pittura alla scenografia, dalla musica al cinema. È stato amico, mentore e collaboratore, tra gli altri, di David Bowie e insegnante di Kate Bush. Ha interpretato diversi film, tra cui Messia selvaggio (1972) e Valentino (1977) dell’eccentrico Ken Russell, Jubilee (1978) dello sperimentatore Derek Jarman e Cartoline italiane (1987) di Memè Perlini.
Fautore di un’estetica onirica, edonistica, glamour e a tratti un po’ kitsch, che anticipava il pastiche postmoderno accostando sug
gestioni e riferimenti colti al gusto
popolare, Kemp ha firmato e interpretato spettacoli di grande successo come Flowers (1968-69), tratto da Nostra Signora dei Fiori di Jean Genet, Salomè (1977) da Oscar Wilde, Sogno di una notte di mezza
estate (1980) da Shakespeare, e al
tri ispirati a Nijinsky e all’Alice di Lewis Carroll. Molti lo ricorderanno anche nei panni del tragicomico personaggio di Mr. Punch.
Alcune sue invenzioni sceniche hanno anticipato il Nouveau Cirque e un certo illusionismo teatrale di gruppi come i Momix. Il suo eclettismo, l’immensa energia creativa che trapelava dai suoi spettacoli e dalla sua persona, hanno contagiato artisti diversi e conquistato il pubblico europeo e statunitense. Con l’Italia, dove risiedeva da alcuni anni, Kemp aveva maturato un rapporto molto intenso, collaborando, tra gli altri, con i teatri di Macerata e Livorno. Nel 2015, l’Accademia di Brera gli aveva conferito il Diploma accademico honoris causa in Arti multimediali interattive e performative.