Com’era bello scrivere di moda
Cosa va di moda quest’anno? Per la prossima stagione cosa devo comprare? Ecco due delle domande più frequenti fatte a chi ha la fortuna – perché di questo si tratta – di vedere le sfilate dal vivo. Fortuna perché una sfilata è a tutti gli effetti uno spettacolo e assistere a uno spettacolo, per quanto in miniatura e di durata limitata, che prevede una platea e un palcoscenico (la passerella, in questo caso) è sempre un privilegio. Solo che negli ultimi anni ogni sfilata è diventata uno show a sé: impossibile dire, dopo averne viste decine, se c’è un trend che tutti seguiranno. Nessuno stilista vuole assecondare o contribuire a una moda di stagione; desidera essere leader, non
follower, come si dice su internet. Ed è proprio la rivoluzione digitale ad aver contribuito a questa mancanza di trend stagionali. Se la domanda «cosa sarà di moda» oggi ha poco senso, ci si può continuare a interrogare sul significato della moda. Come fa il libro
Che cos’è la moda, pubblicato qualche mese fa: nove scrittori del Novecento danno la loro definizione di moda e a
ogni “intervento” è affiancata un’illu
strazione a colori tratta dal Journal des
Dames et des Modes, rivista francese pubblicata tra il 1912 e il 1914. Solo Irene Brine Camilla Cederna scrivevano abitualmente ditemi legati al costume; per gli altri sette – Dino Buzzati, Achille Campanile, Giovanni Comisso, Ennio Flaiano, Indro Montanelli, Salvatore Quasimodo e Orio Vergani, tutti uomini, guarda caso – parlare di moda era un esercizio inusuale e quindi più interessante. Preziose per ogni creativo o manager del settore le parole di Campanile:«Ogni moda, nel momento che nasce è bellissima; dopo un anno stanca; dopo dieci anni è ridicola (…); dopo cento rinasce come fosse nuova, più fresca e più viva di quando nacque la prima volta e bellissima come allora». Poetica e affatto maschile la visione di Comisso: «Tra tutti gli esseri solo noi e i vermi siamo stati privati di un abbigliamento stupendo ed eterno e la moda pure nella sua fuggevole bellezza rappresenta la nostra vendetta».
Cinico più del solito Flaiano. Le sue parole sembrano però scritte ieri e valgonocome critica agli eccessi di influe ncereblogger, alla moda troppo veloce, alla logica del possesso( e dello scarto) immediato :« Oggi la moda ha tolto innocenza e semplicità al modo di vestire. L’ ha tradotto in contraffazione, mascheramento.La più parte delle persone, uomini e donne, sembrano alla ricerca di un’identità da assumere». Distaccato e critico, ma fino a un certo punto, Orio Vergani: «Vorrei che la moda, più che al calendario delle stagioni o all’ orario dellegiornate, obbedisse al giro di ruota dei sentimenti ». Parole profetiche: oggi non ci sono più le collezioni stagionali; sono saltate( o quasi) le regole sull’ abbigliamento da ufficio e da sera. Vergani sognava« l’ abito della melanconia senza perché ». Gli toccherebbe vedere uomini in smoking es ne aker ai piedi. Presto forse persino alla prima della Scala. Non siamo sicuri che apprezzerebbe. Ma forse anche a noi, tempo qualche stagione, sembrerà ridicolo, per tornare a Campanile. E la moda s’ inventerà qualcos’ altro, di bellissimo. Almeno per un anno.
CHE COS’È LA MODA Irene Brin, Dino Buzzati, Achille Campanile, Camilla Cederna, Giovanni Comisso, Ennio Flaiano, Indro Montanelli, Salvatore Quasimodo, Orio Vergani Edizioni Henry Beyle, Milano, pagg. 84, € 27