Il Sole 24 Ore

E LA CAPRA APPARVE NEL MERIGGIO

- Pietrangel­o Buttafuoco

s Lo struggimen­to di una ver

tigine sul sottofondo di un tic

chettio: è quello della pietra sul guscio di una mandorla, per gustarne il frutto. Il tutto accade nel sopraggiun­gere di una sera d’estate al Parco archeologi­co della Valle dei Templi ad Agrigento, raro esempio di eccellenza culturale e paesaggist­ica.

È la sindrome della capra girgentana più che quella di Stehdhal perché l’animale appare nell’incanto del meriggio – tra i mandorleti, i carrubi e i pergolati di gelsomino – e il visitatore si ritrova nella dolce affezione di un incontro metafisico.

L’ ovino di cui Andrea Camille ritesse le lodi è caro assai a Giunone il cui tempio, con quello della Concordia, èrifug iodi un baluginio sac rissi modi Numi tutti santissimi. Razza pregiata, quella girgentana, data per estinta è tornata a zampettare tra le vestigia nell’habitat a lei naturale.

Cosa ovvia – la capra ad Agrigento – come scorgere lo stambecco sullo Stelvio, ma al prezzo del paradosso: l’architetto Giuseppe Parello, il direttore del parco archeologi­co, a causa dell’ottusa burocrazia regionale ha dovuto iscriversi all'albo degli allevatori.La madre di Parello ancora non sa spiegarsel­o: «Ma come, ti ho fatto studiare per ritrovarti capraio?». Non è così, dice il figlio ma spietata è la verità: «E nemmanco pecoraio ma capraio!».

@Buttafuoco

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