Più project manager nei cantieri
Professionisti. Una figura spesso sottovalutata a cui non viene assegnato un compito ben definito All’estero è invece cruciale per l’ottimizzazione delle risorse e il rispetto dei tempi di realizzazione
Il project manager è una figura professionale sottovalutata in Italia mentre all’estero è al centro del cantiere per ottimizzare tempi e risorse.
Se la creatività è un plus della progettazione italiana, non si può dire lo stesso per quanto riguarda la gestione dei processi, l’ottimizzazione delle risorse, il controllo dei costi e il rispetto dei tempi. Nei Paesi anglosassoni le basi del management sono parte integrante della formazione, nel nostro Paese si stenta ancora a parlarne nelle facoltà di architettura e ingegneria. Nessun ostacolo a prescindere alla professione del project manager, ma il processo è lento: per le operazioni più complesse come sono le infrastrutture o le grandi iniziative di trasformazione urbana, da una decina d’anni l’opportunità si è toccata con mano, ma la strada è ancora lunga.
«In Italia la figura del project manager è spesso demandata al progettista o al direttore lavori, ma ci sono dei conflitti di interessi se la stessa persona ricopre ruoli così strategici». Ginevra Macchi Alfieri, architetto, senior project manager, da 17 anni partner del team J&A Consultants spiega la genesi della società specializzata nata negli anni 80: «Il core business è offrire consulenza ai committenti, con l’obiettivo di difendere il design intent dei progettisti, di tenere alta la qualità. Guidiamo il team di progetto – spiega – verso l’obiettivo che si è preposto il cliente, decifrando il codice dell’investitore e parlando la stessa lingua dei professionisti. Siamo i poliglotti del progetto, parliamo anche con le imprese di costruzione e le pubbliche amministrazioni, perché nella maggior parte dei casi l’obiettivo è portare a casa le autorizzazioni».
Per gli operatori internazionali che si affacciano sul mercato italiano, i project manager sono figure fondamentali per capire processi, identificare rischi e criticità. Oggi in Italia sono soprattutto i fondi di investimento e le Sgr, chi realizza centri commerciali, headquarter o multisala, a capire il valore di questa professionalità. Anche gli architetti negli anni più recenti hanno colto il valore aggiunto di un progetto “a quattro mani” studiato insieme fin dall’inizio.
In generale però in Italia i committenti tendono a gestire in house il processo. «Il project manager – aggiunge Fabio Viero, partner e direttore tecnico della società di ingegneria Manens-Tifs – dovrebbe avere un ruolo centrale nel supportare il cliente nel prendere decisioni consapevoli, deve avere una formazione tecnica per poter entrare nel merito delle questioni. Quando si devono gestire problematiche legate ad esempio agli involucri o agli impianti, vanno rapportate al più generale tema architettonico o strutturale». Viero sottolinea il nodo dell’esperienza: «Alla formazione, bisogna aggiungere la gavetta sul tema della progettazione e in cantiere , dirimente per affrontare operazioni complesse. Se la creatività propria del Dna italiano fosse supportata da una capacità di gestione altrettanto efficace ne gioverebbe il sistema Paese anche sul fronte dell'internazionalizzazione».
Quella del project managament, così come tutte le sue declinazioni – design, programme, cost, bid managament ecc – ormai consolidate all'’stero, sono quindi ancora un gap nel mercato italiano, ma rappresentano un’opportunità per nuove società di consulenza. Si contano diversi casi di professionisti che spesso dopo un’esperienza all’estero o in grandi società internazionali di progettazione o costruzione, si cimentano in questo mondo. Tra le start up c’è quella avviata dell’architetto Luigi Cesca nell’ambito di Eupragma, portando in dote l’esperienza di Bim (building information modeling) manager in una società internazionale di ingegneria come Bdp, sul tema ospedaliero, o nell'impresa Cimolai a partire dal progetto per il nuovo Terminal di Fiumicino. «Non sono un project manager puro – spiega Cesca – nasco come architetto progettista e sono arrivato in questo mercato attraverso il Bim. Dieci anni fa, nel contesto londinese, ho partecipato all’implementazione di questa metodologia digitale nella struttura organizzativa di Bdp: il mio focus era l’introduzione della nuova tecnologia con ricadute dirette sulle persone, sui tempi e sugli obiettivi, sul cantiere e sulla manutenzione, sul budget. Così dal Bim sono arrivato al project management». Oggi Cesca fa consulenze a committenti e progettisti di Bim e Project management insieme.
Progetto da coordinare nel deserto. La società di ingegneria Manens-Tifs, che in Italia lega il suo nome ai temi della sostenibilità e dell’impiantistica, ha aperto una divisione dedicata al Project Construction Management. A Riad, dove oggi lavorano 250 persone, Manens-Tifs segue in qualità di Pcm la costruzione di due Medical Cities da 2,5 milioni di metri quadrati. Il progetto è promosso dal ministero dell’Interno saudita: si tratta di uno tra i più grandi interventi di edilizia sanitaria nel Medio Oriente e rientra nei piani di sviluppo dell'Arabia Saudita per le infrastrutture dedicate.