Sulle clausole vessatorie consenso scritto
Al contraente debole va garantita una sottoscrizione consapevole del contenuto Per la Cassazione è sufficiente il richiamo al numero del singolo vincolo
Quando un contratto contiene condizioni vessatorie (che riguardano, per esempio, i termini di decadenza degli accordi o i tempi di rescissione), il contraente debole va messo nella condizione di averne consapevolezza - dunque, le clausole devono essere chiare - e deve approvarle per iscritto. Lo ha chiarito la giurisprudenza.
La giurisprudenza traccia i confini per l’efficacia e la validità delle condizioni generali di contratto con contenuto vessatorio, elencate nell’articolo 1341, comma 2, del Codice civile. In particolare, con l’ordinanza 17939 dello scorso 9 luglio, la Cassazione ha ribadito quando sia sufficiente il richiamo numerico delle clausole vessatorie e quando, invece, sia necessaria anche l’indicazione del loro contenuto.
Sì alle clausole solo se scritto
Andiamo per gradi. Le condizioni generali di contratto sono quelle clausole negoziali predisposte unilateralmente da uno dei contraenti, in genere un’impresa, per disciplinare in maniera uniforme una serie indefinita di rapporti con le altre parti, ossia la generalità dei consumatori.
In base al primo comma dell’articolo 1341 del codice civile, tali condizioni sono efficaci nei confronti del contraente che non le ha predisposte solo «se al momento della conclusione del contratto questi le ha conosciute o avrebbe dovuto conoscerle usando l’ordinaria diligenza».
Il comma 2 dell’articolo 1341 contiene quindi l’elenco di alcune peculiari condizioni generali di contratto; si tratta di clausole con contenuto particolarmente gravoso per il consumatore, perché prevedono decadenze, limitazioni e restrizioni alla libertà contrattuale a suo carico, oppure riguardano specifiche facoltà a favore del predisponente.
Queste clausole, dette vessatorie, «non hanno effetto, se non sono specificamente approvate per iscritto». Peraltro, la giurisprudenza di legittimità e di merito è pacifica nell’affermare che la specifica approvazione scritta è condizione non solo di efficacia, ma anche di validità della clausola.
Ma quali requisiti deve avere l’approvazione perché si possa ritenere rispettata la previsione del Codice? È pacifico, innanzitutto, che la sottoscrizione è “specifica” solo se separata, distinta e ulteriore rispetto a quella apposta in calce alla generalità delle condizioni del contratto.
Fino all’inizio degli anni Ottanta, alcune pronunce della Cassazione affermavano che le clausole vessatorie fossero valide solo se individuate, ai fini dell’autonoma sottoscrizione, mediante il riferimento non solo al numero d’ordine, ma anche all’oggetto della pattuizione.
Le successive sentenze hanno invece ritenuto che per l’approvazione scritta richiesta dall’articolo 1341, comma 2, del codice civile sia «sufficiente, quale indicazione specifica e idonea a suscitare l’attenzione del sottoscrittore, il richiamo al numero ovvero alla lettera che contraddistingue la clausola, senza necessità dell’integrale trascrizione della previsione contrattuale» (così l’ordinanza 12739/2017 della Cassazione).
Recentemente la Corte suprema, con l’ordinanza 17939/2018, ha ricordato che l’esigenza di tutela codificata nell’articolo 1341 del codice civile è quella di sollecitare in modo adeguato l’attenzione del contraente debole allo scopo di consentirgli di pervenire a una sottoscrizione consapevole del contenuto di una condizione a lui sfavorevole.
Niente richiamo cumulativo
In base a questa premessa, ha quindi ribadito l’idoneità, ai fini di validità ed efficacia della clausola vessatoria, del solo «richiamo al numero» della stessa; inoltre, ha escluso la validità «di un mero richiamo cumulativo, a clausole vessatorie e non, ma soltanto se si esaurisca nella mera indicazione del numero e non anche, benché sommariamente, del contenuto».
In altri termini: non integra il requisito della specifica approvazione per iscritto, richiesto dal secondo comma dell’articolo 1341 del codice civile, il richiamo in blocco, e quindi la sottoscrizione indiscriminata, di tutte le condizioni generali di contratto o di gran parte di esse, comprese quelle prive di carattere vessatorio. Infatti, tale modalità di approvazione della condizione vessatoria rende oggettivamente difficoltosa la percezione della stessa, e dunque non garantisce «l’attenzione del contraente debole verso la clausola a lui sfavorevole» (così il tribunale di Reggio Emilia, giudice Gianluigi Morlini, sentenza 623/2018 del 24 aprile 2018).
Tuttavia, il richiamo cumulativo delle condizioni (vessatorie e non) e la loro sottoscrizione supera il vaglio di legittimità quando non si limiti al richiamo numerico, ma indichi, anche solo sommariamente (o sotto forma di rubrica), l’oggetto della clausola: in questo caso, infatti, la tecnica redazionale è idonea a evidenziare il significato delle singole clausole specificamente approvate.