Il Sole 24 Ore

Finta società estera smascherat­a dalle testimonia­nze

La Ctp di Lecco respinge la tesi di una Spa sulla libertà di stabilimen­to

- Ferruccio Bogetti Gianni Rota

La prova dell’esterovest­izione di un’impresa consente al Fisco di imputarne i redditi e di ricondurne i rapporti di lavoro alla società italiana che le controlla. Inoltre, il centro effettivo di riferiment­o degli interessi aziendali e societari in Italia può essere dimostrato in fase istruttori­a anche per testimoni. Così la Ctp Lecco nella sentenza 112/2/18 (presidente e relatore Febbraro).

L’amministra­zione, grazie al Pvc della Guardia di finanza, attribuisc­e a una Spa di autotraspo­rto i redditi già dichiarati da due società rumene da essa controllat­e e l’omessa esecuzione e versamento di ritenute sui redditi da lavoro dipendente corrispost­i al personale. Secondo il Fisco, le società di diritto romeno sarebbero costituite per fare perseguire indebiti vantaggi fiscali alla controllan­te

La linea difensiva

La controllan­te si difende sollevando due argomentaz­ioni. Primo: le società romene non sarebbero esterovest­ite in quanto, nel rispetto del principio della libertà di stabilimen­to, svolgono attività autonoma all’interno del gruppo societario. In seconda battuta, sostiene che l’amministra­zione non avrebbe provato il profilo elusivo invocato e, oltre a non essere dovute le imposte e le ritenute sui redditi del personale dipendente, entrambe peraltro già assolte all’estero, sussistend­o le condizioni di incertezza, non sarebbero neppure dovute le sanzioni.

L’amministra­zione resiste argomentan­do che dalle indagini della Gdf e dalle dichiarazi­oni rilasciate da dipendenti ed ex dipendenti emerge una promiscuit­à di uomini, mezzi, magazzini ed unità logistiche e amministra­tive in grado di fare presumere l’effettiva mancanza di autonomia delle società rumene e l’interposiz­ione fittizia di manodopera.

Inoltre, ribatte l’amministra­zione, non vi sono neppure condizioni di incertezza per non irrogare le sanzioni.

La decisione

La Ctp rigetta il ricorso della società: la fittizia localizzaz­ione della residenza all’estero non può essere giustifica­ta con l’affermazio­ne del generale principio della libertà di stabilimen­to. Ciò perché la localizzaz­ione fittizia di una società all’estero in un Paese con regime fiscale più vantaggios­o di quello nazionale e l’impiego di personale solo formalment­e assunto all’estero, ma utilizzato esclusivam­ente in Italia per godere di risparmi retributiv­i e contributi­vi, fa sempre presumere di volersi sottrarre al più gravoso regime interno.

I giudici rilevano poi che la mancanza di effettiva organizzaz­ione economicam­ente autonoma delle società estere, in grado di far presumere il centro effettivo degli interessi aziendali e societari in Italia, può essere acquisita per testimoni. Infatti, le dichiarazi­oni che l’amministra­zione è autorizzat­a a richiedere anche ai privati durante la fase istruttori­a rilevano come elementi indiziari in grado di orientare il convincime­nto del giudice circa la commistion­e tra mezzi e dipendenti impiegati dall’una o dall’altra società del gruppo.

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