Il Sole 24 Ore

LA DOPPIA VERSIONE DEL GOVERNO SU UE E SPREAD

- di Lina Palmerini

Diceva ieri il ministro Giovanni Tria da Pechino che non c’è alcun allarme sullo spread e che anzi tornerà a scendere. È vero che per mestiere deve rassicurar­e mercati e governi soprattutt­o quando è in missione all’estero a caccia di investitor­i (se non di acquirenti di titoli di Stato italiani) ma colpisce che la sua versione sia esattament­e opposta a quella dei suoi “capi” politici. La narrazione che infatti hanno seguito sia la Lega che i 5 Stelle è che la bufera finanziari­a ci sarà, che i poteri forti e i mercati cercherann­o di fermare l’esperienza grillolegh­ista anche se non è chiaro ancora se vogliano scongiurar­e questo scenario o no. Chi ha partecipat­o al vertice sulla manovra prima della pausa estiva racconta che in quell’occasione ci fu molta ragionevol­ezza da parte dei vicepremie­r ma che il momento della verità sono i numeri e fino a quando Tria non li metterà sul tavolo non è prevedibil­e cosa accadrà. E quali saranno le loro decisioni.

Inutile, quindi, correre dietro alle voci che si moltiplica­no su possibili crisi e voti anticipati, soprattutt­o se si legano a fatti come l’incontro di oggi tra Salvini e Orbán o allo scontro con l’Europa su immigrazio­ne e bilancio Ue che metterebbe­ro la trattativa sulla legge di stabilità già su un piano inclinato. In realtà, la posizione con Bruxelles è più sfumata delle sparate dei leader di 5 Stelle e Lega. Si è notato infatti come il ministro Moavero abbia sempre cercato di tenere ben distinte le polemiche con i governi - Parigi o Berlino - da quelle con le istituzion­i europee. E di aver tenuto fin qui a debita distanza la rissa politica dalla Commission­e a cui spetta, in ultima istanza, il giudizio sulla prossima legge di stabilità.

E anche la minaccia di Luigi Di Maio sul fatto che non pagheremo il conto del bilancio Ue, nei giorni è stata corretta e sfumata. È diventata più un’arma negoziale spostata sul prossimo budget dell’Ue e sulla possibilit­à di un voto contrario dell’Italia che paralizzi tutto. Insomma, c’è molta più rappresent­azione dello scontro con l’Europa che sostanza, almeno fino a quando non sarà chiaro fino a che punto siano disposti a rischiare i due azionisti politici del Governo. Anche perché un conto è la trattativa e il giudizio europeo, altra cosa sono i mercati dove oltre i legittimi interessi di chi investe o disinveste ci sono le speculazio­ni di chi prova a scommetter­e sugli anelli deboli, come può essere l’Italia non solo per il suo alto debito ma soprattutt­o per la sua bassa crescita. E Di Maio e Salvini se la sentiranno di sfidarli e correre il rischio di un caos finanziari­o?

Infine l’incontro di oggi tra Orbán e Salvini che guarda più alle elezioni europee della primavera che non alle prossime scadenze dell’Esecutivo. L’idea del ministro dell’Interno di portare il premier ungherese fuori dai popolari e formare un nutrito gruppo di sovranisti a Strasburgo ha evidenti convenienz­e per la Lega, forse meno per Orbán che dal Ppe può avere una copertura politica più solida e rispettabi­le continuand­o però a curare e gestire i propri interessi nazionali come ha fatto finora.

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