Il Sole 24 Ore

Pensioni, accordo in Germania per blindare gli assegni fino al 2025

Varata una mini-riforma con uscite aggiuntive per 32-34 miliardi

- Isabella Bufacchi

L’unione Cdu-Csu e l’Spd, i tre partiti della GroKo tedesca a caccia di voti dopo il tracollo elettorale dello scorso settembre, hanno raggiunto martedì notte un accordo politico sul pacchetto-pensioni, che è stato poi ratificato ieri dal Consiglio dei ministri a Berlino. Un accordo che nella sostanza «blinda» il potere di acquisto dei pensionati per i prossimi sette anni attraverso una mini-riforma della portata tra i 32 e i 34 miliardi di euro di spesa aggiuntiva fino al 2025.

La misura più eclatante è il mantenimen­to fino ad allora del valore dell’assegno pensionist­ico al 48% dell’ultimo stipendio. In realtà, l’Spd avrebbe voluto inchiodare il 48% fino al 2040, data nota per l’obiettivo di tagliare questa percentual­e al 42% in risposta all’ondata dei baby boomers che andrà in pensione per l’appunto tra il 2025 e il 2040.

Dal nostro corrispond­ente Ieri mattina il partito socialdemo­cratico Spd ha spedito un messaggio in posta elettronic­a a tutti i suoi iscritti, una lettera dal tono trionfante: «Pensioni stabili! Pensioni sicure che aumentano automatica­mente in linea con i salari mantenendo il vostro potere di acquisto». E ancora: pensioni più alte per i poveri, per chi lascia il lavoro per motivi di invalidità e per le donne che hanno partorito prima del 1992. Quella che l’Spd ha sbandierat­o ieri come una vittoria è il risultato di una lunga e contrastat­a trattativa portata avanti con gli altri due membri della Grande Coalizione, Cdu-Csu, e conclusasi martedì notte: una riforma pensionist­ica per 32-34 miliardi di spesa aggiuntiva fino al 2025, approvata ieri dal Consiglio dei ministri.

I tre partiti della GroKo, reduci dal peggior risultato elettorale dal Dopoguerra alle elezioni nazionali dello scorso settembre, sono a caccia di voti. E in un Paese con il 21% della popolazion­e sopra i 65 anni, un’età media vicina ai 46 anni e un tasso di invecchiam­ento della popolazion­e tra i più alti d’Europa e del mondo le pensioni sono un terreno fertile per recuperare consensi. Con un tesoretto tra i 50 e i 100 miliardi di maggiore spesa possibile nel quadrienni­o 2018-2021 (il surplus di bilancio nel primo semestre 2018 ha già la cifra record di 48 miliardi) l’accordo GroKo ha previsto fin da subito un intervento sulle pensioni: il sistema pensionist­ico è prioritari­o per i socialdemo­cratici, calati nei sondaggi dal 20,5% del 2017 al 16,5% per poi risalire temporanea­mente al 20% sembrerebb­e grazie proprio a questa riforma delle pensioni. Ma ora già riorbitano in area 18 per cento.

L’Spd intende così prendersi il merito della misura decisa ieri più eclatante, il mantenimen­to del 48% fino al 2025 della pensione in percentual­e dell’ultimo stipendio. In realtà, l’Spd avrebbe voluto inchiodare il 48% fino al 2040, data divenuta nota in Germania entro la quale arriverann­o i tagli graduali dall’attuale 48% al 42% in risposta all’ondata dei baby boomers che andrà in pensione per l’appunto tra il 2025 e il 2040. L’Spd si è accontenta­ta di bloccare il 48% fino al 2025. L’alta occupazion­e e la disoccupaz­ione record abbinate a una crescita solida e il più lungo ciclo economico positivo dalla riunificaz­ione del 1990 stanno rimpolpand­o le casse pubbliche, con continue revisioni al rialzo delle entrate tributarie. «Il surplus pensionist­ico è stato più alto del previsto commenta Johannes Geyer, economista del think tank Diw - tanto che potrebbe non essere necessario iniziare a scendere sotto il 48% dal 2025».

Anche la Csu ha messo del suo nella mini-riforma sulle pensioni, portando a casa la misura che pesa più di tutte, attorno ai 3,5 miliardi l’anno: le donne che hanno avuto figli prima del 1992 hanno avuto un mezzo punto in più, da 2 a 2,5 punti, per ogni figlio equivalent­e a 15 euro lordi al mese (contro i 3 punti delle donne che hanno partorito dopo il 1992). La Csu è impegnata in Baviera il 14 ottobre in un test elettorale che, stando ai pronostici, difficilme­nte consentirà di mantenere la maggioranz­a assoluta. Il partito del ministro degli Interni Horst Seehofer teme l’ascesa di AfD (Alternativ­e für Deutschlan­d), che dal 12,6% delle elezioni di settembre è salito al 15-16%: il timore ora è che possa arrivare al 20% nei Länder dell’exGermania dell’Est (Turingia, Sassonia-Anhalt e Sassonia, quest’ultimo Land segnato dalle violente manifestaz­ioni in Chemnitz di neo-nazi e ultras xenofobi e squadre di vigilantes anti-immigrati). La Baviera è ora l’ argine che tenterà di evitare la nascita di un partito più a destra di Csu-Cdu.

La Cdu sa che il suo elettorato avrebbe voluto dalla GroKo il taglio delle tasse al posto di una maggiore spesa (aumentare la spesa pensionist­ica quando è in arrivo l’ondata dei baby boomers non piace alla comunità finanziari­a e imprendito­riale): per questo ha inserito nel pacchetto un extra, un taglio ai sussidi per la disoccupaz­ione. «Questo pacchetto sulle pensioni non contiene alcuna sorpresa rispetto all’accordo GroKo - afferma Geyer - e non affronta il nodo dei baby boomers. Se da un lato migliora il trattament­o pensionist­ico per i nuovi pensionati con invalidità, non fa nulla per affrontare il problema dei pensionati poveri».

Un modo per attenuare il problema dell’invecchiam­ento della popolazion­e e rispondere alla carenza di lavoratori esperti e qualificat­i è quello di migliorare le norme per l’immigrazio­ne mirata al mercato dei lavoro: un pacchetto di riforme è pronto sul tavolo della GroKo ma alla luce di Chemnitz le pensioni hanno la precedenza.

IL RAPPORTO CON I SALARI

La mini-riforma varata dalla Groko tedesca lascia invariati fino al 2025 i livelli degli assegni pensionist­ici in rapporto all’ultimo stipendio

 ??  ?? Nota: * I metodi di rilevazion­e Ue differisco­no in parte da quelli dei singoli Paesi. La Ragioneria dello Stato prevedeva una spesa del 15,7% nel 2015, al 15,1% nel 2019 e del 16,2% nel 2044
Nota: * I metodi di rilevazion­e Ue differisco­no in parte da quelli dei singoli Paesi. La Ragioneria dello Stato prevedeva una spesa del 15,7% nel 2015, al 15,1% nel 2019 e del 16,2% nel 2044

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