Pensioni, accordo in Germania per blindare gli assegni fino al 2025
Varata una mini-riforma con uscite aggiuntive per 32-34 miliardi
L’unione Cdu-Csu e l’Spd, i tre partiti della GroKo tedesca a caccia di voti dopo il tracollo elettorale dello scorso settembre, hanno raggiunto martedì notte un accordo politico sul pacchetto-pensioni, che è stato poi ratificato ieri dal Consiglio dei ministri a Berlino. Un accordo che nella sostanza «blinda» il potere di acquisto dei pensionati per i prossimi sette anni attraverso una mini-riforma della portata tra i 32 e i 34 miliardi di euro di spesa aggiuntiva fino al 2025.
La misura più eclatante è il mantenimento fino ad allora del valore dell’assegno pensionistico al 48% dell’ultimo stipendio. In realtà, l’Spd avrebbe voluto inchiodare il 48% fino al 2040, data nota per l’obiettivo di tagliare questa percentuale al 42% in risposta all’ondata dei baby boomers che andrà in pensione per l’appunto tra il 2025 e il 2040.
Dal nostro corrispondente Ieri mattina il partito socialdemocratico Spd ha spedito un messaggio in posta elettronica a tutti i suoi iscritti, una lettera dal tono trionfante: «Pensioni stabili! Pensioni sicure che aumentano automaticamente in linea con i salari mantenendo il vostro potere di acquisto». E ancora: pensioni più alte per i poveri, per chi lascia il lavoro per motivi di invalidità e per le donne che hanno partorito prima del 1992. Quella che l’Spd ha sbandierato ieri come una vittoria è il risultato di una lunga e contrastata trattativa portata avanti con gli altri due membri della Grande Coalizione, Cdu-Csu, e conclusasi martedì notte: una riforma pensionistica per 32-34 miliardi di spesa aggiuntiva fino al 2025, approvata ieri dal Consiglio dei ministri.
I tre partiti della GroKo, reduci dal peggior risultato elettorale dal Dopoguerra alle elezioni nazionali dello scorso settembre, sono a caccia di voti. E in un Paese con il 21% della popolazione sopra i 65 anni, un’età media vicina ai 46 anni e un tasso di invecchiamento della popolazione tra i più alti d’Europa e del mondo le pensioni sono un terreno fertile per recuperare consensi. Con un tesoretto tra i 50 e i 100 miliardi di maggiore spesa possibile nel quadriennio 2018-2021 (il surplus di bilancio nel primo semestre 2018 ha già la cifra record di 48 miliardi) l’accordo GroKo ha previsto fin da subito un intervento sulle pensioni: il sistema pensionistico è prioritario per i socialdemocratici, calati nei sondaggi dal 20,5% del 2017 al 16,5% per poi risalire temporaneamente al 20% sembrerebbe grazie proprio a questa riforma delle pensioni. Ma ora già riorbitano in area 18 per cento.
L’Spd intende così prendersi il merito della misura decisa ieri più eclatante, il mantenimento del 48% fino al 2025 della pensione in percentuale dell’ultimo stipendio. In realtà, l’Spd avrebbe voluto inchiodare il 48% fino al 2040, data divenuta nota in Germania entro la quale arriveranno i tagli graduali dall’attuale 48% al 42% in risposta all’ondata dei baby boomers che andrà in pensione per l’appunto tra il 2025 e il 2040. L’Spd si è accontentata di bloccare il 48% fino al 2025. L’alta occupazione e la disoccupazione record abbinate a una crescita solida e il più lungo ciclo economico positivo dalla riunificazione del 1990 stanno rimpolpando le casse pubbliche, con continue revisioni al rialzo delle entrate tributarie. «Il surplus pensionistico è stato più alto del previsto commenta Johannes Geyer, economista del think tank Diw - tanto che potrebbe non essere necessario iniziare a scendere sotto il 48% dal 2025».
Anche la Csu ha messo del suo nella mini-riforma sulle pensioni, portando a casa la misura che pesa più di tutte, attorno ai 3,5 miliardi l’anno: le donne che hanno avuto figli prima del 1992 hanno avuto un mezzo punto in più, da 2 a 2,5 punti, per ogni figlio equivalente a 15 euro lordi al mese (contro i 3 punti delle donne che hanno partorito dopo il 1992). La Csu è impegnata in Baviera il 14 ottobre in un test elettorale che, stando ai pronostici, difficilmente consentirà di mantenere la maggioranza assoluta. Il partito del ministro degli Interni Horst Seehofer teme l’ascesa di AfD (Alternative für Deutschland), che dal 12,6% delle elezioni di settembre è salito al 15-16%: il timore ora è che possa arrivare al 20% nei Länder dell’exGermania dell’Est (Turingia, Sassonia-Anhalt e Sassonia, quest’ultimo Land segnato dalle violente manifestazioni in Chemnitz di neo-nazi e ultras xenofobi e squadre di vigilantes anti-immigrati). La Baviera è ora l’ argine che tenterà di evitare la nascita di un partito più a destra di Csu-Cdu.
La Cdu sa che il suo elettorato avrebbe voluto dalla GroKo il taglio delle tasse al posto di una maggiore spesa (aumentare la spesa pensionistica quando è in arrivo l’ondata dei baby boomers non piace alla comunità finanziaria e imprenditoriale): per questo ha inserito nel pacchetto un extra, un taglio ai sussidi per la disoccupazione. «Questo pacchetto sulle pensioni non contiene alcuna sorpresa rispetto all’accordo GroKo - afferma Geyer - e non affronta il nodo dei baby boomers. Se da un lato migliora il trattamento pensionistico per i nuovi pensionati con invalidità, non fa nulla per affrontare il problema dei pensionati poveri».
Un modo per attenuare il problema dell’invecchiamento della popolazione e rispondere alla carenza di lavoratori esperti e qualificati è quello di migliorare le norme per l’immigrazione mirata al mercato dei lavoro: un pacchetto di riforme è pronto sul tavolo della GroKo ma alla luce di Chemnitz le pensioni hanno la precedenza.
IL RAPPORTO CON I SALARI
La mini-riforma varata dalla Groko tedesca lascia invariati fino al 2025 i livelli degli assegni pensionistici in rapporto all’ultimo stipendio