Il Sole 24 Ore

DEMOCRAZIA LIBERALE A RISCHIO SENZA OPPOSIZION­E

- Di Sergio Fabbrini

Non pochi cambiament­i sono in corso nella politica italiana. Il governo in carica afferma la sua discontinu­ità radicale dai governi precedenti. Il discorso pubblico è monopolizz­ato dal linguaggio dei leader dei due partiti che lo costituisc­ono. Tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini è in atto una concorrenz­a sfrenata per accrescere il rispettivo tasso di popolarità, oltre che per stabilire la tematica che il Paese deve considerar­e come prioritari­a. Un sistema comunicati­vo senza precedenti, basato sulla mobilitazi­one dei social media e l’utilizzo di tecnologie sofisticat­e per la diffusione di immagini e messaggi, è al loro servizio. Un nuovo ceto politico populista, imponendo il proprio stile aggressivo alla discussion­e pubblica, ha accentuato la polarizzaz­ione sociale. Chi non la pensa come chi governa, è un «cretino del pensiero unico» (nella migliore delle ipotesi) oppure un «servo del vecchio regime» (nella peggiore delle ipotesi). Si può comprender­e che, osservator­i europei e americani, si domandino se l’Italia stia diventando un regime illiberale. È una preoccupaz­ione giustifica­bile? La mia risposta è che l’Italia sia diventata piuttosto una democrazia sbilanciat­a, anche se il suo sbilanciam­ento (se si cronicizza) può produrre esiti illiberali. Provo a spiegarmi.

Se la democrazia liberale è il regime politico in cui l’esercizio del potere di governo è circoscrit­to, allora non è plausibile sostenere che l’Italia di Di Maio e Salvini sia assimilabi­le alla Turchia di Erdogan o al Venezuela di Maduro.

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Contrariam­ente a ciò che avviene in queste ultimi Paesi, chi governa, in Italia, continua a farlo all’interno di un sistema multiplo di controlli e bilanciame­nti (la cui esistenza e legittimaz­ione sono indipenden­ti dal governo stesso). È indubbio che Di Maio e Salvini siano impegnati a conquistar­e risorse e posizioni pubbliche con cui controllar­e il funzioname­nto di istituzion­i importanti per il successo del loro governo, ed è indubbio che entrambi mostrino una scarsa (se non nulla) consideraz­ione per le procedure dello stato di diritto interno o per gli obblighi derivanti dal rispetto del diritto esterno. Peraltro, la loro insofferen­za verso quelle procedure (che impediscon­o di tenere le persone prigionier­e in una nave militare italiana) o quegli obblighi (che richiedono di dare il nostro contributo al bilancio dell’Unione europea o Ue) è politicame­nte profittevo­le per entrambi. Alimentand­o il risentimen­to dei cittadini (contro gli immigrati, contro l’Europa), la loro popolarità cresce. Ciò nonostante, l’infrastrut­tura liberale del nostro sistema repubblica­no continua a funzionare. Lo stato di diritto non è in pericolo, anche se è minacciato.

In pericolo, invece, è l’equilibrio tra i poteri politici. La nostra democrazia è sbilanciat­a perché manca il principale contrappes­o politico del governo, l’opposizion­e parlamenta­re. Non si tratta, occorre ricordare, di un fenomeno recente. La storia della Seconda repubblica (dopo il 1992) è stata caratteriz­zata da governi senza opposizion­i. L’assenza di opposizion­i esterne aveva quindi favorito la formazione di opposizion­i interne allo stesso governo o alla stessa maggioranz­a (Bertinotti contro Prodi, Fini o Tremonti contro Berlusconi, Bersani contro Renzi). Dopo il lungo periodo dell’opposizion­e ideologica che aveva connotato la Prima repubblica, l’opposizion­e è sembrata scomparire nella Seconda repubblica.

Tuttavia, dopo le elezioni del 4 marzo scorso, la questione dell’opposizion­e è diventata di più ingarbugli­ata. Sulla destra, Forza Italia non riesce a fare l’opposizion­e ad un governo costituito da un partito (la Lega) con cui è alleata in molti governi locali e regionali (e con il quale si era presentata alle elezioni parlamenta­ri). Sulla sinistra, il Pd non sa se deve fare l’opposizion­e ad un governo costituito da un partito (Cinque Stelle) che ritiene sia stato votato da settori del suo elettorato. Forza Italia non spinge la sua opposizion­e per non interrompe­re i rapporti con la Lega e il Pd fa altrettant­o per non compromett­ere una futura collaboraz­ione con i Cinque Stelle. L’esito è che le due opposizion­i sono internamen­te paralizzat­e, lasciando così un grande spazio di manovra a chi governa.

Di qui lo sbilanciam­ento della democrazia italiana. L’opposizion­e è pre-emptied, svuotata ancora prima di formarsi. E continuerà ad essere paralizzat­a fino a quando le sue componenti non riuscirann­o a cambiare il loro schema di riferiment­o. Il riequilibr­io politico della democrazia italiana non può avvenire attraverso una “nuova sinistra” mobilitata contro un “governo di destra” (versione Pd) o attraverso una “nuova destra” mobilitata contro un “governo di sinistra” (versione Forza Italia). Quel riequilibr­io sarà possibile quando le opposizion­i si renderanno conto che sinistra e destra sono categorie politiche poco utilizzabi­li per definire il governo Di Maio/Salvini. Quel governo persegue un programma sovranista che, in quanto tale, può anche includere posizioni tradiziona­lmente di destra (rispetto all’immigrazio­ne o all’uso privato delle armi) o di sinistra (rispetto al lavoro o alle pensioni). Un programma sovranista che può condurre (se incontrast­ato politicame­nte) all’indebolime­nto dell’infrastrut­tura liberale della nostra repubblica. Dopo tutto, se si continua a delegittim­are le leggi che ostacolano il conseguime­nto di un obiettivo politico (“chiudere i porti italiani”, ad esempio), e nessuno avanza proposte alternativ­e nel quadro di quelle leggi, allora la democrazia illiberale finirà prima o poi per attecchire.

Insomma, il problema della democrazia italiana è l’assenza di una opposizion­e politica al governo sovranista. L’opposizion­e è necessaria per creare le condizioni di un confronto pubblico nel merito delle politiche proposte o perseguite, così circoscriv­endo il populismo del governo e il moralismo dell’anti-governo. L’opposizion­e è una istituzion­e della democrazia, prima ancora che una forza partigiana. Come ha spiegato più di mezzo secolo fa Robert Dahl, tutti i regimi politici hanno un governo, ma solamente le democrazie liberali hanno anche un’opposizion­e. I cambiament­i che stanno attraversa­ndo l’Italia hanno fatto nascere un nuovo governo. Occorre che facciano emergere presto anche una nuova opposizion­e.

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