Lezzi frena la corsa del Nord all’autonomia regionale
Prima dell’ok alle Regioni bisogna approvare i livelli essenziali delle prestazioni
Le proposte di autonomia differenziata al Nord sono sul tavolo del ministro leghista per gli Affari regionali e le Autonomie, Erika Stefani. Ma, anche se per ora sottovoce, c’è un’ala di governo e della maggioranza che qualche perplessità ce l’ha. L’interrogativo è semplice: se nel prossimo futuro, anziché rappresentare spesa aggiuntiva reale, i fondi europei servissero sempre di più a colmare il gap dei servizi di base al Sud? Uno scenario non improbabile se l’autonomia richiesta da Veneto, Lombardia ed Emilia Romagna dovesse concretizzarsi con modalità troppo ardite e non condivise. Il ministro del Sud Barbara Lezzi (M5S) non ha intenzione di sollevare casi politici o invadere competenze, ma da un punto di vista tecnico ha un ruolo che richiede un minimo di “vigilanza”. La sua idea è chiara: tutto quello che si può fare va fatto a legislazione vigente quindi prima di tutto individuando i Lep, livelli essenziali delle prestazioni sociali, come indicati dalla legge Calderoli del 2009, e istituendo il fondo di perequazione.
Non sembrerebbe essere il percorso individuato finora. Il Veneto sembra al momento essersi spinto più in là di tutti, immaginando una delega al governo per attuare l’autonomia e soprattutto, sul fronte delle risorse, fissando un percorso che ha già fatto discutere fino ad innescare una petizione online di docenti ed esperti di Sud. Il testo prevede di garantire l’esercizio delle nuove competenze mediante compartecipazione al gettito di uno o più tributi erariali maturato nel territorio regionale o di aliquote riservate. Compartecipazioni e riserve andrebbero determinate facendo riferimento in una prima fase alla spesa storica dello Stato nella regione ma successivamente utilizzando i fabbisogni standard basati a loro volta sulla popolazione residente, le caratteristiche territoriali ed il gettito dei tributi maturato nel territorio regionale in rapporto ai rispettivi valori nazionali. Proprio il riferimento alla capacità fiscale locale, senza aver prima definito i Lep, è il rischio temuto dai più cauti in materia, come il ministro Lezzi.
Quanto alle materie per le quali concedere «ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia», il Veneto elenca tutte e 23 quelle trasferibili (tra le altre istruzione, ambiente, salute, coordinamento finanza pubblica e sistema tributario, protezione civile, commercio estero, grandi reti di trasporto, energia, previdenza complementare). «In Lombardia - spiega l’assessore all’Autonomia e Cultura Stefano Bruno Galli - al momento abbiamo individuato 15 materie, le rimanenti sono in avanzata elaborazione. Abbiamo fatto un lavoro certosino, individuando per ogni materia le relative funzioni che dovrebbero essere oggetto di autonomia. In questo modo crediamo di essere già molto avanti nell’iter tecnico. Lo schema è questo: le materie a competenza concorrente dovranno diventare esclusive per le regioni, quelle a competenza esclusiva dello Stato dovranno passare a materie concorrenti».
Intanto altre 7 regioni - Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Marche, Lazio, Campania - hanno conferito ai presidenti il mandato di avviare negoziati con il governo. In un dossier del Servizio studi, i tecnici del Senato individuano tre scenari possibili: proseguire con le tre regioni del Nord definendo uno schema tipo; includere sin da subito nei tavoli di lavoro le altre 7 oppure attendere che anche quest’ultime definiscano le loro proposte.
L’insulto e la polemica. «Da prenderla a schiaffoni». Così l’assessore pugliese Pd Giannini si rivolge alla ministra Lezzi per la lite sul Tap con Emiliano a luglio. M5S attacca su twitter e chiede a Martina se al corteo «”contro l’odio” che state organizzando» si parlerà anche di quelle «gravissime minacce»