Cavalli Sforza, la storia nel Dna
È scomparso ieri il fondatore della genetica di popolazione, grandissimo studioso e una delle voci più forti in difesa della scienza e del pensiero critico
Con Luigi Luca Cavalli Sforza scompare uno dei principali protagonisti, certamente il più conosciuto in Italia e all’estero, della ricerca genetica ed evoluzionistica che tanto lustro ha dato alla scienza nazionale dopo la seconda guerra mondale. E una delle voci più decise ed efficaci che si sono sempre alzate in difesa della scienza, del pensiero critico e contro gli oscurantismi.
Nasce il 25 gennaio 1922, a Genova, ma presto si trasferisce a Torino dove compie la sua formazione scolastica, e un primo anno universitario (di medicina) sotto la guida di Giuseppe Levi. Già nel 1939 però, al secondo anno universitario, si trasferisce a Pavia grazie ad una borsa di studio, e qui si laurea nel 1944. A Pavia, risulta determinante l’incontro con Adriano Buzzati Traverso, che lo spinge a diventare un genetista e a studiare Drosophila. Lo porta con sé anche quando a causa dei bombardamenti Buzzati trasferisce il laboratorio da Pavia a Pallanza.
Per motivi economici, nel 1945 Cavalli si trasferisce all’Istituto Sieroterapico Milanese, dove rimane fino al 1948, quando grazie a una borsa del Cnr può recarsi all’estero, prima vicino Londra (alla John Innes Horticultural Institution), poi a Cambridge, invitato da Ronald A. Fisher, uno dei fondatori della genetica di popolazione. Rimane a Cambridge fino al 1950, quando l’Istituto Sieroterapico Milanese gli offre la direzione del laboratorio di Microbiologia, dove compie ricerca su uno dei problemi caldi del periodo, la sessualità dei batteri, che Joshua Lederberg aveva scoperto nel 1946, ma che era ancora da confermare. La ricombinazione batterica diviene un fertile campo di studi, e Cavalli vi si dedica lavorando su E. Coli, pubblicando due articoli (1952 e 1953) insieme a Lederberg, con il quale la conoscenza era esclusivamente epistolare: si incontrano solo nel 1954, quando Cavalli usufruisce di una borsa della Rockefeller Foundation per passare tre mesi a Madison, dove Lederberg lavora.
Nello stesso periodo, Cavalli inizia a lavorare su quello che sarà il suo principale interesse negli anni successivi: la genetica di popolazioni umane. A partire dal 1952, Cavalli comincia infatti un’analisi statistica di dati demografici, partendo dalle dispense ecclesiastiche per i matrimoni tra consaguinei. Dimostra così l’elevata incidenza di malattie ereditarie nei matrimoni tra consanguinei, ed è questa la base di partenza per studiare l’evoluzione dell’uomo nella sua storia, legata ai processi casuali che hanno creato la diversità umana. Questo studio, sviluppato negli anni Sessanta, porterà quindi alla fondazione genetica dell’antropologia, coniugando analisi genetica, dati paleontologici, etnologici. Risale al 1964 l’elaborazione del metodo di ricostruzione di alberi filogenetici per le popolazioni umane, in collaborazione con uno degli amici del periodo inglese, Anthony W.F. Edwards. Questo periodo vede Cavalli lavorare a Pavia, dove si è trasferito nel 1957, e dove partecipa attivamente ai corsi organizzati da Buzzati di genetica e biologia molecolare, contribuendo poi alla nascita del Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica di Napoli, di cui il centro di genetica umana pavese rappresenta per un certo periodo una sede distaccata.
Nel 1971, in seguito a diverse crisi della ricerca italiana, cede a uno dei
numerosi inviti e si trasferisce defi
nitivamente negli Usa, a Stanford. Pubblica in quell’anno prima edizione americana di The Genetics of Human Populations, compendio delle ricerche compiute insieme a Walter F. Bodmer e che rimane un classico della genetica umana. Con Bodmer, conosciuto a Cambridge, lavorava da diversi anni, e quando questi si trasferì a Oxford da Stanford, Cavalli prese il suo posto. Decisivo fu il loro intervento, nel 1967, nella querelle sulle basi genetiche del Q.I. sollevata con intenti razzisti dallo psicologo Arthur Jensen: Cavalli Sforza e Bodmer dimostrarono la completa infondatezza della differenza tra prestazioni cognitivi di neri e bianchi fondata solo su differenze genetiche, individuando l’influenza insopprimibile dell’ambiente socio-culturale sui test del Q.I.
A Stanford, la ricerca sull’uomo si estese, attraverso la collaborazione dell’archeologo Albert Ammerman alla questione della diffusione culturale nel neolitico, usando i dati della genetica per sopperire alla scarsità di prove archeologiche. Contemporaneamente, Cavalli tenta, insieme a Marcus Feldman, di costruire una teoria matematica dell’evoluzione socioculturale, prendendo a modello i modelli matematici dell’evoluzione biologica, in grado di dar conto delle distinzioni necessarie trainfluenze genetiche e culturali. Nella stessa direzione va il lavoro a cui si è dedicato negli anni Ottanta e Novanta, coniugando genetica e linguistica, e considerando gli elementi del linguaggio soggetti a
molte delle stesse influenze cui sono soggetti i geni. La corrispondenza tra linguaggi e gruppi genetici dimostrerebbe la loro somiglianza dal punto di vista delle leggi dell’evoluzione. Sintesi del suo lavoro sono le monografie tradotte in diverse lingue: The History and Geography of Human Genes (1993, con Alberto Piazza e Paolo Menozzi), e
Geni, Popoli e Lingue (1996). Negli ultimi anni, Cavalli ha lavorato all’applicazione di tecnologie molecolari e informatiche sempre più efficaci allo studio della diversità umana, proponendo una versione antropologica e biologica del Progetto Genoma Umano (Human Genome Diversity Project): catalogare e conservare le testimonianze della diversità umana, prima che molti gruppi etnici scompaiano, attraverso la creazione di una banca di campioni di Dna di tutte le popolazioni umane da sequenziare. Il progetto è stato al centro di discussioni per i sospetti e la contrarietà delle popolazioni interessate, che temono potenziali discriminazioni.
Straordinario anche l’impegno di Cavalli Sforza per diffondere la cultura scientifica e in particolare biologica, scrivendo, spesso insieme al figlio Francesco, lucidissimi articoli giornalistici e libri rivolti al largo pubblico.