Il Sole 24 Ore

I migranti (qualificat­i) di cui Berlino ha bisogno

- Isabella Bufacchi

AChemnitz, nel Land della Sassonia, accorrono in migliaia per scagliare urla contro gli immigrati. Ma dal mondo imprendito­riale in Germania si alza il grido opposto di richiamo all’immigrazio­ne extraUe. Mancano centinaia di migliaia di lavoratori con profession­alità medio-bassa e la Ue non basta. I partiti della Grande Coalizione promettono una nuova legge sull’immigrazio­ne per facilitare l’ingresso di lavoratori stranieri. Ma è già polemica sul “Spurwechse­l” il cambio di corsia dal mondo dei rifugiati al mercato del lavoro.

AChemnitz, cittadina con modesto tasso di disoccupaz­ione e basso tasso di immigrazio­ne, l’estrema destra ha radunato anche ieri migliaia di manifestan­ti accorsi al richiamo del partito AfD, del movimento anti-islamico Pegida, delle fazioni più violente degli ultras della tifoseria calcistica e nuclei neo-nazisti: slogan xenofobici, richiami razzisti, vigilantes a caccia di rifugiati. Ma la Germania, che proprio ieri ha ricordato l’anniversar­io del 1° settembre 1939, l’inizio della Seconda Guerra Mondiale con l’invasione della Polonia, non può fare a meno dell’immigrazio­ne da “Paesi terzi”, ora come prima: mancano 440mila lavoratori con media qualifica,come infermieri, falegnami ed elettricis­ti. «La crescita del nostro Pil rallenterà dal 2020, i baby boomers andranno in pensione, il contributo del lavoro alla crescita diventerà negativo: l’immigrazio­ne non può fermare questi trend ma deve diventare parte integrante delle risposte a queste sfide - ha detto al Sole24Ore Jörg Zeuner, capo economista di Kfw -. La domanda delle imprese tedesche per lavoratori Ue non sarà soddisfatt­a perché il problema dell’invecchiam­ento della popolazion­e è in tutta Europa. Gli immigrati per motivi umanitari sono un caso diverso da chi cerca lavoro ma i rifugiati resteranno in Germania a lungo, alcuni in via permanente, e diventeran­no allora disponibil­i per il mercato del lavoro».

Dal 1955 per un ventennio le grandi ondate di “lavoratori ospiti” in milioni da Italia, Spagna, Grecia, Turchia, Marocco, Portogallo ed ex-Jugoslavia contribuir­ono alla ricostruzi­one della Germania dal Dopoguerra, e nel 1975 il 9% del mercato del lavoro era già in mano agli immigrati nei Länder occidental­i .Tra il 1990 e il 2010 l’immigrazio­ne netta registrò un flusso di 90mila l’anno ma è dal 2013 che si è imposto il flusso migratorio dei rifugiati con 127 mila richiedent­i asilo solo quell’anno: nel 2015-2016 la decisione di Angela Merkel di aprire i confini ha fatto impennare l’afflusso di rifugiati a 880mila nel 2015 e oltre 200mila nel 2016.L’ufficio statistico registra 280mila rifugiati già inseriti nel mercato del lavoro ma altri 462mila hanno ottenuto asilo politico e attendono un’occupazion­e: occorrono in media cinque anni per integrarsi. Quel “milione di rifugiati” sono stati un’eccezione che non verrà ripetuta, rassicura la Merkel; ma oramai sono entrati,le rispondono dall’estrema destra.

Tra chi cerca asilo politico e chi un posto di lavoro, tuttavia, c’è una differenza sostanzial­e,ammonisce la Bda, Confederaz­ione dei datori di lavori in Germania che preferisce uscire dalla logica di “chi ha bisogno di noi” per dare priorità a “di chi abbiamo bisogno noi”: i rifugiati scappano da guerre e persecuzio­ni e non possono essere messi sullo stesso piano di chi cerca un posto di lavoro, questa la tesi. Non si può far passare il messaggio che la richiesta di asilo politico diventa un mezzo per trovare lavoro. Il 25% dei richiedent­i asilo non è andato a scuola, il 25% ha il diploma elementare. I datori di lavono sono dunque contrari al “cambio di corsia”. Sostengono che esistono già molte norme ad hoc che facilitano l’inseriment­o in situazioni speciali: i datori di lavoro possono ottenere un visto speciale per i rifugiati che trovano un posto di lavoro mentre sono in attesa di ottenere asilo politico.

«Il governo federale sta ancora discutendo i punti principali della nuova legge sull’immigrazio­ne che ridisegner­à l’ingresso di lavoratori specializz­ati dall’estero in Germania - ha confermato un portavoce del ministero del Lavoro - tempi e contenuti restano incerti». Sembra sia allo studio un sistema di punteggi ed equiparazi­one dei diplomi presi all’estero. L’Spd spinge per il “cambio di corsia” mentre Cdu e Csu frenano,in attesa che Chemnitz resti un caso isolato. L’ascesa di Alternativ­e für Deutschlan­d preoccupa la Csu in vista delle elezioni in Baviera del 14 ottobre, mentre la Cdu monitora il crescente consenso per Afd nei Länder dell’ex-Germania dell’Est, dove stipendi più bassi e meno opportunit­à di lavoro rispetto alle regioni occidental­i aumentano l’incertezza e i timori per la sicurezza. «I politici hanno a disposizio­ne diverse opzioni per stabilizza­re il sistema pensionist­ico: allungare l’età pensionabi­le, aumentare i contributi, far salire le pensioni meno dei salari,ma anche assumere lavoratori qualificat­i dall’estero», ha convenuto Clemens Fuest, influente economista presidente dell’Ifo. Il dibattito resta aperto. Così Chemnitz.

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