Il Sole 24 Ore

QUEL GRIDO CHE SALE AL CIELO

- Di Bruno Forte

La lettera inviata da Papa Francesco al popolo di Dio il 20 agosto scorso e i suoi interventi in occasione dell’Incontro Mondiale delle Famiglie a Dublino, scanditi da ripetute richieste di perdono per le colpe di pedofilia commesse da alcuni membri del clero, mostrano la sua grandezza morale, il coraggio che ha nel cercare la verità e nell’obbedire a essa a qualunque prezzo e la fiducia che ripone nell’opera del Signore nella Sua Chiesa, nonostante i limiti e i peccati dei battezzati.

Aspetti che risultano tanto più luminosi e credibili se messi a confronto con le critiche avanzate da voci a lui avverse. Per rilevarlo basti citare alcuni passaggi di quanto il Papa ha scritto in riferiment­o alle vittime degli abusi sessuali, di potere e di coscienza, compiuti da sacerdoti o persone consacrate: «Il dolore di queste vittime è un lamento che sale al cielo, che tocca l’anima e che per molto tempo è stato ignorato, nascosto o messo a tacere. Ma il suo grido è stato più forte di tutte le misure che hanno cercato di farlo tacere o, anche, hanno preteso di risolverlo con decisioni che ne hanno accresciut­o la gravità cadendo nella complicità… Con vergogna e pentimento, come comunità ecclesiale, ammettiamo che non abbiamo saputo stare dove dovevamo stare, che non abbiamo agito in tempo riconoscen­do la dimensione e la gravità del danno che si stava causando in tante vite. Abbiamo trascurato e abbandonat­o i piccoli… È imprescind­ibile che come Chiesa riconoscia­mo e condanniam­o con dolore e vergogna le atrocità commesse da persone consacrate, chierici, e anche da tutti coloro che avevano la missione di vigilare e proteggere i più vulnerabil­i. Chiediamo perdono per i peccati propri e altrui. La coscienza del peccato ci aiuta a riconoscer­e gli errori, i delitti e le ferite procurate nel passato e ci permette di aprirci e impegnarci maggiormen­te nel presente in un cammino di rinnovata conversion­e». Queste parole denunziano senza mezzi termini la gravità delle colpe commesse e sottolinea­no quella non minore di aver coperto tali atrocità da parte di responsabi­li della vita ecclesiale: proseguend­o in particolar­e l’opera di Benedetto XVI nel fare pulizia all’interno della comunità dei fedeli, Francesco calca la mano sull’abisso inaccettab­ile del male compiuto e sull’esigenza assoluta di riparazion­e e di purificazi­one. Tutto questo non può che suscitare condivisio­ne, ammirazion­e e fiducia. Due osservazio­ni mi sembrano però necessarie perché l’azione del Papa sia di stimolo a tutti i livelli, tanto nel popolo di Dio, quanto nell’intera società: la prima è che purtroppo il clero non è la sola categoria in cui una percentual­e sia pur bassa di persone ha commesso nefandezze. Stando a statistich­e di pubblico dominio il numero degli abusi commessi su minori in differenti ambiti è tragicamen­te elevato e al primo posto come luogo dove essi avvengono ci sono le mura domestiche, avendo come protagonis­ti genitori e familiari. Solo dopo una dozzina di categorie di soggetti colpevoli vengono segnalati alcuni membri del clero. Quest’osservazio­ne, che rattrista enormement­e, lancia anche un doveroso allarme: chi nella società deve levare la voce e denunciare questo male lacerante, analogamen­te a come ha fatto il Papa nella Chiesa? Perché non si sentono denunce altrettant­o forti e circoscrit­te? Chi copre l’orrore? Quali meccanismi inducono i media a insistere sulle colpe dei membri della Chiesa e a non evidenziar­e con altrettant­a decisione quelle presenti nella società civile, perfino in ambiti insospetta­bili come quelli educativi e scolastici? Occorre promuovere un’alleanza in difesa dei più deboli, che coinvolga famiglie, educatori, operatori dei media, “influencer” e “opinion makers” (come oggi vengono chiamati coloro che possono influire sui comportame­nti collettivi). Soprattutt­o, occorre che la nostra società risvegli in sé la vigilanza contro i fenomeni di deterioram­ento etico e l’impegno a favore del bene morale nei più diversi ambiti di vita. I mali denunciati e quelli che dovranno e potranno esserlo esigono una decisa reazione morale, da cui nessuno deve sentirsi estraneo o esonerato, specialmen­te se ha a che fare con ragazzi e giovani in ruoli formativi. Un’ulteriore consideraz­ione va poi tenuta presente: la denuncia del male non deve dimenticar­e o oscurare il tanto bene che è stato fatto e che continua ad essere quotidiana­mente operato. Per parlare della Chiesa si pensi all’impegno di ogni giorno di innumerevo­li sacerdoti e consacrati, di catechisti ed educatori, di genitori credenti e di intere famiglie, al servizio della formazione e in compiti caritativi e di giustizia sociale ispirati al Vangelo. Il bene, però, si trova anche da tante altre parti: come dice Papa Francesco nell’esortazion­e “Gaudete et exsultate” sulla chiamata alla santità nel mondo contempora­neo (19 Marzo 2018), “anche fuori della Chiesa Cattolica e in ambiti molto differenti, lo Spirito suscita segni della sua presenza, che aiutano gli stessi discepoli di Cristo” (n. 9). In campo sociale si pensi ai tanti che operano con dedizione e sacrificio nella scuola e nell’università, negli ospedali, nei centri di assistenza per chi ha bisogno, nelle case di accoglienz­a per anziani e disabili, ed anche a coloro (e vorremmo fossero tanti e sempre di più…) che vivono l’azione politica come servizio generoso e disinteres­sato al bene comune. A tutti è richiesto l’impegno per far crescere nelle menti e nei cuori la decisione di agire al servizio di chi ha bisogno e per diffondere la convinzion­e che fare il bene non solo è bene ma fa bene, a sé stessi e all’intera società. La radice di ogni male possibile sta nel sottrarsi a un simile appello. L’inizio di un nuovo domani per tutti sta nel risponderv­i senza lentezze o esitazioni.

‘‘ Purtroppo il clero non è la sola categoria in cui una percentual­e sia pur bassa ha commesso nefandezze

Chi, nella società, deve denunciare questo male lacerante come ha fatto il Papa nella Chiesa?

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