Il Sole 24 Ore

CARA MI COSTÒ QUELLA ACCIUGA

- Davide Paolini

Che notte quella notte sul pescherecc­io Lupa dell’armatore Paolo (con 10 marinai) salpato dal porto di Sestri Levante, per pescare sardine e acciughe. Una nottata che mi ha fatto capire molte cose, innanzitut­to quanto poco sia remunerato il lavoro faticoso dei pescatori di quelle specie che non sono considerat­e nobili come il branzino o il salmone. Pesci di cui ormai il pescato di mare è assai cosa rara, quasi tutto arriva dagli allevament­i.

Purtroppo il consumator­e conosce solo queste specie, tutto il resto, cioè quello di miglior qualità, viene disprezzat­o, così come un tempo lo era per il baccalà o lo stoccafiss­o. L’esperienza sul Lupa mi ha risolto il mistero, mentre assistevo al ritiro delle reti, di un verso di De Andrè quando canta: «Le acciughe fanno il pallone che sotto l’alalunga». Una metafora perfetta.

Il ritorno in panchina è stato ancor più sorprenden­te e, tutto sommato, amaro perché mi sono reso conto di quale situazione oggi vivano i pescatori: una cassetta di acciughe di circa 8 chilogramm­i pagata 5 euro (nella notte più o meno sono state pescate circa 500 cassette), una miseria.

Il mio pensiero è corso subito al prezzo con cui vengono vendute, (anche in Italia), le acciughe del Cantabrico, oggi must della gastronomi­a. Durante un pranzo al Bar Brutal di Barcellona, un’acciuga, ripeto «una» è costata 7 euro. Sine qua non

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