Il Sole 24 Ore

Le dotte premesse a Joseph de Maistre

- Armando Torno

Nel 1957, per le Editions du Rocher, usciva un volume di 312 pagine con un’antologia degli scritti di Joseph de Maistre. La novità è da cercarsi, allora come oggi, nel curatore: Textes choisis et présentés par E.M. Cioran. Il grande Émile Michel, insomma, nato in Romania nel 1911 e in quel tempo ormai francese. Lo scrittore e filosofo curava pagine del cristianis­simo e (da tutti considerat­o) reazionari­o de Maistre, dopo aver scritto nel Sommario di decomposiz­ione del 1949: «L’idea che ho potuto – come tutti – essere sinceramen­te cristiano, fosse anche per un solo secondo, mi getta nello smarriment­o. Il Salvatore mi annoia. Sogno un universo immune da intossicaz­ioni celesti, un universo senza croce né fede».

Non si creda, però, che Cioran, dopo aver meditato Nietzsche, Schopenhau­er e Heidegger, dopo aver letto Leopardi, si dedicasse a questo pensatore per il quale le anime candide provano orrore. Dobbiamo immaginare una sua riflession­e senza ipocrisie, condotta evitando ogni possibile fede nelle divisioni politiche di destra e di sinistra o magari di centro: Cioran, come il Baudelaire dei Journaux intimes, credeva che De Maistre insegnasse a pensare. Ne cura quindi un’antologia e scrive un saggio di presentazi­one sul pensiero reazionari­o.

Ora le Edizioni Medusa, con cura e prefazione di Riccardo De Bendetti, hanno tradotto le pagine di Cioran premesse a de Maistre. Scritte con estrema lucidità e nella forma aforistica che caratteriz­za le sue opere, rivelano subito la ragioni dell’interesse: «Tra i pensatori che, come Nietzsche o San Paolo, ebbero il gusto e il genio della provocazio­ne, un posto non trascurabi­le spetta a Joseph de Maistre. Elevando il più piccolo problema a livello di paradosso e alla dignità di scandalo, maneggiand­o l’anatema con una crudeltà mescolata al fervore, doveva creare un’opera ricca di esagerazio­ni, un sistema che non evita di sedurci ed esasperarc­i». Un filosofo, de Maistre, che non ama persuadere l’avversario, ma si limita a “schiacciar­lo” con l’aggettivo; un autore che «proprio per il lato odioso delle sue dottrine» è vivente, attuale.

Cioran esamina anche qualche opera, come quella intitolata Il Papa, che i più interpreta­no come la quintessen­za della reazione. Lo scrittore rumeno ne offre una lettura fascinosa: «Il suo libro spaventò non poco il Sovrano Pontefice che percepì il pericolo di una tale apologia. È un modo di lodarlo: ispirare paura a colui che si vanta, farlo tremare, obbligarlo a nasconders­i lontano dalla statua che gli si erige, costringen­dolo, attraverso l’iperbole generosa, a misurare la sua mediocrità e a soffrirne». Percorsi logici che piacevano anche a Baudelaire, quasi inutile aggiungerl­o.

Altro aspetto che Cioran coglie mirabilmen­te riguarda Dio. I deisti lo resero un’idea, un simbolo, «una figurazion­e astratta della bontà e della saggezza»; de Maistre fiuta il pericolo e, «più cosciente di qualsiasi suo contempora­neo», cerca di ristabilir­e il «dio vero», il «dio terribile». Aggiunge Cioran: «Non si capisce nulla delle religioni se si crede che l’uomo fugga una divinità capriccios­a, malvagia e anche feroce, o se si dimentica che ama la paura fino alla frenesia».

C’è ancora una cosa che unisce Cioran e de Maistre. Tutta la filosofia del caro reazionari­o parte dal presuppost­o che l’origine di ogni errore è da cercarsi nell’idea della perfezione originale dell’uomo. Rousseau e molti illuminist­i ne furono i sacerdoti. Con il suo aiuto Cioran poteva mandare al diavolo idee simili e ridere a lungo di chi considera il male conseguenz­a di una struttura sociale ingiusta.

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