Quartetto impressionista, fieramente al femminile
L’indagine che Martina Corgnati ha dedicato a Berthe Morisot, Eva Gonzalès, Marie Bracquemond e Mary Cassatt nel libro Impressioniste è, sì, uno studio approfondito della vicenda artistica e umana delle quattro artiste ma è, anche, un’analisi storica e sociologica della società duramente maschilista in cui dovettero farsi largo, in una Parigi che nell’ultimo ’800 era la capitale culturale del mondo intero, ma dove l’accesso alle Accademie di Belle Arti restò vietato alle donne fino al 1897.
Le quattro artiste, dotatissime, dovettero perciò sfoderare una grinta non comune per far riconoscere il proprio talento dalla critica e dal pubblico: non solo erano donne, ma si accompagnavano al gruppetto rivoltoso e “dissoluto” degli impressionisti, loro per primi mal digeriti dalla buona società - e quindi dal collezionismo -. Durante un’asta, Berthe Morisot si prese persino della gourgandine (sgualdrina) ma non si lasciò fermare. E così fecero le altre, salvo la timida, infelice Marie Bracquemond (18401916), moglie del famoso incisore Félix Bracquemond, che fu presente a più mostre degli impressionisti ma fu poi vittima dell’autoritario consorte, molto meno avanzato di lei in fatto di pittura. Così, a 47 anni soltanto decise di ritirarsi: per «gestire la casa», scriverà il figlio. Eppure, persino Ingres, che alle artiste concedeva al massimo di praticare i generi “minori” (natura morta, ritratto, scene di genere), quando vide i disegni della giovane Marie, si ricredette. Rinunciando alla pittura, Marie consegnò il suo nome all’oblio, mentre fu la morte precoce a far presto dimenticare Eva Gonzalès (1849-1883), figlia di un illustre letterato francese di origine spagnola e di una musicista rinomata, cresciuta fra le ottime frequentazioni culturali dei genitori, che fu l’unica “allieva” del chiacchierato Edouard Manet. Dopo essersi guadagnata premi e riconoscimenti, Eva morì per le complicanze del parto, a nemmeno una settimana dal suo maestro. E il suo nome scomparve.
Più fortunate, invece - anche perché tenacissime - Berthe Morisot (1841-1895) e l’americana Mary Cassatt (1844-1926), oggetto entrambe, oggi, d’importanti retrospettive: quella della prima, itinerante, arriverà nella prossima estate al Musée d’Orsay dal Canada e Stati Uniti; quella della seconda, si è appena conclusa al JacquemartAndré di Parigi. Di ottima e assai benestante famiglia parigina Berthe, andata poi sposa al fratello di Manet; nata da magnati ferroviari della Pennsylvania Mary (fu anche grazie a lei e al fratello collezionista, con la sua cerchia di amici milionari, se tanti capolavori impressionisti arrivarono nei musei americani), loro non si lasciarono sopraffare. E se Berthe chiedeva di essere considerata «una pari» dagli uomini («so di valere quanto loro»), Mary si sarebbe accostata al femminismo militante. Sullo sfondo, i salotti culturalmente più avanzati di Parigi, le figure, centrali per tutte loro, di Manet e di Degas (lui evidentemente misogino solo di fama: le sostenne tutte) e naturalmente la loro pittura, “riscoperta” solo nel 2008, dalla mostra Women Impressionists, alla Shirn Kunsthalle di Francoforte e nei Fine Arts Museums di San Francisco, ma non ancora abbastanza, sinora, in Italia.