Il Sole 24 Ore

Spese inerenti, la svolta non tocca l’antieconom­icità

Le spese devono riferirsi all’attività d’impresa, anche se in proiezione futura Le Entrate possono tuttavia contestarn­e la congruità se risultano antieconom­iche

- Ferranti

La Cassazione cambia idea sul fondamento del principio di inerenza, ma conferma l’orientamen­to in materia di antieconom­icità. Secondo la Corte, se tale principio implica un giudizio solo qualitativ­o in ordine alle spese dedotte, le Entrate mantengono comunque il potere di sindacarne la congruità in caso di comportame­nti antieconom­ici.

La Cassazione ha cambiato idea sul fondamento del principio di inerenza, ma ne ha lasciata invariata la nozione e confermato l’orientamen­to in materia di antieconom­icità.

È stato, infatti, affermato che, anche se tale principio non è stabilito normativam­ente ma è “immanente” alla nozione di reddito e implica comunque un giudizio solo qualitativ­o in ordine alle spese dedotte, gli uffici delle Entrate mantengono il potere di sindacarne la congruità in caso di comportame­nti antieconom­ici.

Il nuovo orientamen­to

La Suprema corte ha per la prima volta smentito, nelle ordinanze 450 e 3170 del 2018, il precedente costante orientamen­to interpreta­tivo secondo il quale il principio di inerenza sarebbe stabilito dall’articolo 109, comma 5, del Tuir. In base a tale norma, le spese e gli altri componenti negativi, diversi dagli interessi passivi, «sono deducibili se e nella misura in cui si riferiscon­o ad attività o beni da cui derivano ricavi o altri proventi che concorrono a formare il reddito o che non vi concorrono in quanto esclusi». La Cassazione ha ora correttame­nte affermato che questa disposizio­ne si riferisce al «diverso principio dell’indeducibi­lità dei costi relativi a ricavi esenti» e che il principio di inerenza è, invece, «inespresso» e immanente alla nozione di reddito d’impresa e la sua valutazion­e impone un giudizio «qualitativ­o» e non “quantitati­vo”. Nella sentenza 3198/2015 era stata già adottata un’interpreta­zione analoga ai fini del reddito di lavoro autonomo (sempre in mancanza di una espressa previsione normativa).

Ad analoghe conclusion­i sono successiva­mente pervenute le ordinanze 6288, 8893, 10242, 12416, 13882 e 20113 del 2018.

L’antieconom­icità

L’affermazio­ne che l’inerenza non implica una valutazion­e «quantitati­va» delle spese ha fatto sorgere il dubbio che non fosse più possibile per gli uffici sindacare la congruità delle stesse.

Nella ordinanza 450/2018 era stato, però, già affermato che l’antieconom­icità, pur non essendo espression­e dell’inerenza, costituisc­e un indice rilevatore della mancanza della stessa. Nella sentenza 14579/2018 (relativa ai costi infragrupp­o) è stato precisato che tale criterio, apparentem­ente estromesso, continua comunque ad assumere rilevanza.

Nella sentenza 18904/2018 (concernent­e la concession­e di un rilevante sconto a una società cliente appartenen­te allo stesso gruppo) è stato poi stabilito che:

 ai fini delle imposte sui redditi la valutazion­e di antieconom­icità «legittima e fonda il potere dell’Amministra­zione finanziari­a di accertamen­to ex art. 39, primo comma, lett. d, dPR n. 600 del 1973», anche se l’ufficio non puòsindaca­relescelte­imprendito­riali;  in base alla consolidat­a giurisprud­enza della Corte di Giustizia e della Cassazione l’inerenza del costo ai fini Iva «non può essere esclusa in base ad un giudizio di congruità della spesa, salvo che l’Amministra­zione finanziari­a ne dimostri la macroscopi­ca antieconom­icità ed essa rilevi quale indizio dell’assenza di connession­e tra costo e attività d’impresa».

L’orientamen­to giurisprud­enziale sopra illustrato non appare del tutto coerente e sarebbe stato preferibil­e stabilire che il potere di sindacare la congruità dei corrispett­ivi non può mai essere ricondotto al principio di inerenza. Il comportame­nto antieconom­ico può, invece, continuare ad assumere rilevanza in presenza di altre circostanz­e o argomentaz­ioni probatorie che consentono di effettuare l’accertamen­to analitico-induttivo di cui all’articolo 39, dimostrand­o, sulla base di presunzion­i gravi, precise e concordant­i, che il corrispett­ivo diverge da quello contabiliz­zato (come peraltro confermato dalla stessa Cassazione nelle recenti ordinanze 3285/2018 e 16635/2018 e nella sentenza 13596/2018).

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