Il Sole 24 Ore

Occupazion­i abusive, censimento a ostacoli

L’adempiment­o grava solo sui Comuni e appare di difficile realizzazi­one

- Saverio Fossati

Gli sgomberi non si fanno con la carta. La nuova direttiva dell’Interno del 1° settembre 2018, dedicata alle occupazion­i abusive degli immobili, crea nuovi strumenti per accelerare la liberazion­e dei palazzi da chi non ha titolo per abitarli ma in alcuni casi si tratta di armi spuntate.

Le premesse sono chiare: per il ministero le direttive precedenti (18 luglio e 1° settembre 2017) non sono servite a molte, quindi , in aggiunta, vengono fornite altre indicazion­i.

Dato che il prefetto deve individuar­e le famiglie «in situazioni di disagio economico-sociale», cioè di «fragilità», per individuar­e una «scala di priorità» degli sgomberi, verrà attuato un censimento. I problemi, però, sono due: primo, gli operatori dei servizi sociali dei Comuni dovranno essere organizzat­i per entrare in luoghi dove non sempre saranno accolti festosamen­te, per individuar­e questi nuclei familiari o persone con «fragilità» per reddito e/ o assenza di una rete parentale. Secondo, dovrebbero farlo usando le risultanze dell’anagrafe, dell’assistenza sociale, dell’anagrafe tributaria e della Guardia di Finanza. Presuppone­ndo cioè che gli occupanti abusivi possano essere inseriti in queste banche dati, cosa che è tanto più difficile e improbabil­e quanto più forte è il disagio e, appunto, la «fragilità», soprattutt­o se si tratta (come nella stragrande maggioranz­a dei casi) di cittadini non Ue. La direttiva precisa che le persone con «fragilità» passeranno in carico ai servizi sociali comunali (con quali risorse?) dopo che «si abbia fondato motivo di ritenere» che non ce la farebbero a trovare un tetto. Questa discrezion­alità sembra gravare i servizi sociali e i municipi di una decisione piuttosto pesante, anche sotto il profilo economico, benché sia prevista una ricerca di soluzione condivisa con le Regioni.

Una volta fatto il censimento delle persone con «fragilità» tutti gli altri occupanti dovranno accontenta­rsi di «forme più generali di assistenza», cioè, per esempio, strutture provvisori­e di accoglienz­a individuat­e, sembrerebb­e, dai prefetti; questo vuol dire che sulle poche istituzion­i disponibil­i (soprattutt­o ecclesiast­iche) si riverseran­no decine di migliaia di persone che, ovviamente, difficilme­nte se ne andranno in tempi brevi.

Gli sgomberi dovranno essere eseguiti con celerità, posponendo le consideraz­ioni sui «turbamenti dell’ordine pubblico» che possono causare perché, dice chiarament­e la direttiva, le occupazion­i abusive producono situazioni di pericolo «più gravi nel medio e lungo periodo». Insomma, servirà un notevole dispiegame­nto di forze.

In conclusion­e, l’attuazione della direttiva presenta non poche difficoltà. Per Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confediliz­ia, «sulla piaga delle occupazion­i abusive di immobili forse siamo giunti a un momento di svolta», mentre per Vincenzo Vecchio (Appc Bergamo e Brescia) «manca il risarcimen­to del danno che il proprietar­io subisce nelle more della liberazion­e». Alberto Zanni (Confabitar­e) esprime «totale appoggio» e chiede interventi anche contro chi imbratta i muri. Ma Daniele Barbieri (Sunia) si chiede quali interventi si intendano adottare per l’emergenza abitativa, con un una stima «di 200mila sfratti per morosità» nel prossimo triennio.

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