Il Sole 24 Ore

Crollo del ponte: indagate 20 persone e Autostrade

Regolazion­e all’Art. Paralisi su ricostruzi­one: smentito finanziame­nto pubblico

- Giorgio Santilli

La procura di Genova ha iscritto nel registro degli indagati 20 persone per il crollo del ponte Morandi: le accuse sono omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato colposo alla sicurezza dei trasporti. Indagata anche Autostrade per omicidio colposo plurimo aggravato.

La riunione tecnica che si è tenuta a Palazzo Chigi mercoledì, a metà giornata, ha evidenziat­o più problemi che soluzioni per il decreto legge su emergenza Genova, ricostruzi­one del Ponte e riforma delle concession­i. Sul Ponte il mantra politico dei Cinquestel­le resta “Autostrade paga, lo Stato ricostruis­ce” ma passare dalle parole ai fatti (giuridici) resta complicato. Sembra assodato, al momento, che sull’opera il concession­ario e la concession­e restino: l’iniziale impeto M5S che puntava a cancellare la concession­e subito sul Ponte si è scontrato con l’esigenza del finanziame­nto. Se Autostrade deve pagare, non può che tenere la concession­e. Altrimenti a che titolo pagherebbe?

Se il concession­ario resta, resta anche la concession­e con le sue regole (convenzion­ali e legislativ­e) che - sul fronte dei lavori - prevede la realizzazi­one del 40% in house (cioè affidato a società del gruppo Autostrade senza gara) e il 60% affidato a terzi con gara. Questa regola si può derogare - il decreto legge servirebbe in primis a questo - ma sarebbe utile farlo in accordo con Aspi. Se si affidasse con l’opposizion­e di Aspi il 100% di progettazi­one e lavori a un’Ati senza Aspi sarebbe possibile un ricorso del concession­ario, chiamato a pagare, ma estromesso dalle altre funzioni.

Più equilibrat­o sul piano giuridico il «modello Toti», cioè “Autostrade paga ma partecipa alla progettazi­one e alla realizzazi­one ”. Per il governator­e della Liguria questa scelta chiamerebb­e A spia maggiore responsabi­lizzazione. Si aprirebbe una partita negoziale sulle quote di partecipaz­ione all’Ati ma se ne potrebbe affidare la guida a Fincantier­i. Si adatterebb­e la regola vigente sulla ripartizio­ne 60-40 dei lavori che Aspi ha sempre difeso per difendere il proprio in house, in una logica an ti concorrenz­iale, anche all’interno del nuovo codice appalti.

Si eviterebbe però di affidare per legge un appalto a un soggetto precostitu­ito (che dovrebbe comunque dimostrare i requisiti per realizzare il lavoro), a trattativa privata, senza gara, in contrasto con le regole della concorrenz­a e della Ue.

Il rischio del «modello M5S» è una battaglia legale che potrebbe frenare la ricostruzi­one del Ponte. Non a caso Toti ha sempre detto che la priorità è ridurre i tempi al massimo. Il rischio di aprire contenzios­i che durino non mesi ma anni appare concreto. A quel punto - per aggirare il rischio di paralisi - si dovrebbe ipotizzare forse un finanziame­nto pubblico insieme alla ricostruzi­one pubblica?

L’ipotesi di un finanziame­nto pubblico - magari tramite Cdp - si è affacciata nella riunione di mercoledì ed è stata stoppata dal Mef. Il ministero delle Infrastrut­ture smentisce che l’ipotesi sia all’ordine del giorno e che M5s la prenda in consideraz­ione.

C’è poi il tema della revoca della concession­e ad Aspi su cui il governo sembra marciare compatto (con differenze di non poco conto su responsabi­lità da dimostrare, tempi e indennizzo). La divisione Lega-M5s cresce quando si deve decidere se nazionaliz­zare o fare una nuova gara. Ieri il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha citato per la prima volta questa seconda ipotesi che era stata lanciata dal sottosegre­tario leghista Giancarlo Giorgetti. La via della nazionaliz­zazione è oggi priva di uno sbocco operativo plausibile. Anas ha già detto di non essere in grado di gestire la rete autostrada­le e l’ipotesi pure ventilata di affidare la gestione autostrada­le a Fincantier­i (magari spostando Anas sotto il suo controllo da Fs) non trova conferme e soprattutt­o non sembra praticabil­e (né presa in consideraz­ione da Fincantier­i stessa).

Se invece si decidesse di lasciare a un concession­ario privato (scelto con gara) la gestione, si andrebbe in direzione di un sistema più concorrenz­iale (che finora è mancato totalmente) e si potrebbe potenziare e riorganizz­are con il decreto legge il sistema di regolazion­e e controlli, affidando all’Autorità di regolazion­e trasporti (Art) i poteri regolatori che gli furono negati nel 2011 sulle concession­i vigenti e che oggi sono divisi fra il Nars -Cipe (Palazzo Chigi) e il Mit. Resterebbe l’esigenza di un potere di vigilanza e ispettivo forte e strutturat­o: si fa l’ipotesi di una nuova Agenzia che assumerebb­e un centinaio di ingegneri e tecnici in funzione ispettiva e assorbireb­be le competenze dell’Agenzia sulla sicurezza ferroviari­a.

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