Reddito di cittadinanza, 9 miliardi in 2 tempi
Non c’è l’intesa sul deficit al 2%, Tria oggi a Bruxelles anche per capire i margini
Pensione di cittadinanza e riforma dei centri per l’impiego dal 1° gennaio 2019. È un intervento da circa 4 miliardi quello che avrebbe ottenuto un sostanziale via libera nel nuovo vertice di ieri a Palazzo a Chigi, prima del Consiglio dei ministri e, soprattutto, della partenza del ministro Giovanni Tria per la “due giorni” a Vienna con Ecofin ed Eurogruppo. Quella che si profila sul reddito di cittadinanza è un’operazione in due tappe ma in tempi rapidi: già da maggio o nel secondo semestre del prossimo anno scatterebbe il percorso per garantire (risorse permettendo) a tutti gli oltre 5 milioni di cittadini al di sotto della soglia di povertà l’assegno da 780 euro. In questo caso il costo sarebbe di circa 5 miliardi o poco più, che porterebbe a quota 910 miliardi l’onere complessivo della misura, da coprire, oltre che con l’assorbimento delle risorse destinate al reddito di inclusione, anche con fondi Ue non solo pescando dal Fse.
Naturalmente la questione deficit ha fatto da sfondo alla riunione a Palazzo Chigi, alla quale hanno partecipato il premier Giuseppe Conte, il sottosegretario alla Presidenza, Giancarlo Giorgetti, Tria e, per un parte dell’incontro, il viceministro dell’Economia, Laura Castelli. La strategia del governo resta quella emersa negli ultimi giorni: attuazione piena del Contratto, seppure nell’arco della legislatura, ma senza strappi con l’Europa sui conti pubblici. Ieri Conte lo ha ribadito con chiarezza: «Siamo ambiziosissimi, confermiamo tutto il nostro programma di riforme qualificanti». Il premier ha poi sottolineato che nei vertici degli ultimi due giorni si è «parlato di spesa e coperture. Siamo ormai entrati nei dettagli».
Le ultime prese di posizione del governo vengono considerate rassicuranti dagli organismi internazionali. A partire dal Fondo monetario internazionale secondo cui i mercati finanziari hanno mostrato preoccupazione per una marcia indietro sulle riforme e per un allentamento fiscale in Italia ma poi ci sono arrivate le «dichiarazioni rassicuranti» di Conte e Tria. Anche la portavoce del presidente della Commissione europea ha confermato che Jean Claude Juncker si sente rassicurato dalle ultime affermazioni di Tria, Salvini e Di Maio. Proprio con Juncker e con il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici, Tria avrà incontri bilaterali a margine delle riunioni informali dei ministri economici a Vienna. Il ministro dell’Economia dovrà verificare i margini effettivi del confronto sulla nuova “flessibilità” da ottenere da Bruxelles. Questo resta il vero nodo da sciogliere della manovra. Lega e M5S spingono per salire sopra il 2% di deficit nominale nel 2019 (non meno del 2,2%) perché solo in questo modo sarebbe possibile sostenere una manovra che oscilla tra i 25 miliardi (versione “slim”), i 30 se non quasi 35 miliardi (versione “large”). Tria però cerca di dimostrare, con tanto di tabelle, che è necessario restare sotto quota 2%, fermandosi preferibilmente all’1,6-1,7%.
Sicuramente con la manovra scatterà, oltre al pacchetto fiscale (v. altro articolo in pagina), quota 100 per i pensionandi (ma probabilmente con il vincolo dell’età minima di 64 anni), anche se al ministero del Lavoro si stanno ancora sviluppando le simulazioni tecniche. Su questo punto prosegue la polemica tra Matteo Salvini e l’Inps, che ha quantificato in oltre 14 miliardi il costo della misura. Per il presidente dell’Istituto, Tito Boeri, screditare gli uffici tecnici dell’Inps «è un esercizio pericoloso».
Lo scenario: subito dal 1° gennaio pensioni di cittadinanza e centri per l’impiego, da metà anno il via al reddito