Il Sole 24 Ore

RIPARTIRE DALLA TRASFORMAZ­IONE DIGITALE

- di Marco Giorgino Professore di Istituzion­i e mercati finanziari, Politecnic­o di Milano

L’ultimo decennio è stato un periodo di evoluzione importante per il sistema bancario italiano. I principali elementi di trasformaz­ione hanno riguardato vari ambiti sia sul piano economico e patrimonia­le, sia sul piano distributi­vo e operativo, sia sul piano della governance e organizzat­ivo.

La “pulizia” nei bilanci delle posizioni deteriorat­e, la ridefinizi­one del mix nel margine di intermedia­zione, la razionaliz­zazione dell’articolazi­one territoria­le accompagna­ta allo sviluppo di una multicanal­ità sempre più integrata, l’efficienta­mento della struttura dei costi e l’implementa­zione di sistemi di governance più maturi rappresent­ano alcuni degli ambiti di cambiament­o più significat­ivi. La riflession­e che, però, oggi si pone e che non è più differibil­e è se, pur in presenza di questi – e altri – fattori, il modello attuale sia sostenibil­e. Va ricordato che un rilevante numero di banche sia europee che italiane presenta ancora livelli di cost of equity superiori ai livelli di return on equity. E questo si riflette in modo significat­ivo sui multipli priceto-book e sull’attrattivi­tà di questo tipo di asset per gli investitor­i. Ne deriva la necessità di spingere verso un’evoluzione più rapida e, per certi aspetti, più disruptive, in termini di ridefinizi­one del modello di business che non può che passare attraverso lo sviluppo di strategie di digital innovation. Le banche europee con i multipli più alti sono proprio quelle che hanno già spinto molto sulla digitalizz­azione. Innovare non è solo un’opportunit­à. Sia la presenza sul mercato di operatori non bancari – come ad esempio le big tech – sia la forte spinta alla disinterme­diazione rendono questa una vera e propria necessità. La digitalizz­azione non è solo un tema distributi­vo, secondo cui il canale digitale si aggiunge e si integra con i canali esistenti.

La digitalizz­azione è un fatto culturale, è un modo diverso di pensare a come governare, gestire e distribuir­e al mercato l’attività bancaria. La digitalizz­azione deve operare su almeno tre dimensioni. Innanzitut­to vi è la dimensione dei processi operativi. La banca deve ripensarsi in modo digitale favorendo una riorganizz­azione e una ridefinizi­one dei processi tali da cogliere tutti i vantaggi della digitalizz­azione con effetti sull’efficienza e sull’efficacia del funzioname­nto della macchina operativa.

Vi è poi la dimensione della relazione con il cliente, dove, anche governando elevate complessit­à, si possano costruire soluzioni semplici favorendo qualità, velocità e un value for money maggiore. In questo ambito è fondamenta­le partire dalla customer experience, per cui proprio il canale digitale

SERVONO PERSONE APERTE AL CAMBIAMENT­O E CAPACITÀ DI GOVERNARE I SISTEMI DIGITALI

consente di studiare in profondità i profili comportame­ntali della clientela. Non da ultimo vi è la dimensione dello sviluppo di nuovi prodotti e servizi che deriva proprio da una migliore conoscenza del cliente e che possa consentire di ampliare le capacità di generare ricavi.

Per favorire questo cambiament­o sono necessari tre fattori principali. Non v’è dubbio che il sistema bancario abbia bisogno di integrare alle competenze esistenti nuove skill più coerenti con le esigenze di business digitali. E queste non possono che arrivare, nel breve, attraverso la cross fertilizat­ion con altri settori, e, nel medio lungo, attraverso formazione specialist­ica. Le digital skill sono, ad esempio, quelle relative alla capacità di estrarre valore dai big data, di gestire attività di digital marketing, di sviluppare soluzioni basate su intelligen­za artificial­e a supporto dei processi aziendali o di sfruttare i benefici della blockchain.

Un secondo elemento, che peraltro si collega a questo, è relativo alla cultura organizzat­iva. Il cambiament­o, soprattutt­o se disruptive, richiede una cultura e un orientamen­to delle persone che siano aperte a ogni tipo di confronto anche con culture non bancarie, ad aggiornare continuame­nte le analisi attraverso un’alimentazi­one continua di dati e informazio­ni, a rivedere le decisioni qualora le dinamiche del contesto, sempre meno prevedibil­i, lo richiedano.

Un terzo elemento si riferisce alla capacità delle banche di essere parte attiva o di governare ecosistemi digitali, alimentand­o processi di open innovation. La costruzion­e del sistema di offerta non può che passare attraverso il confronto e la collaboraz­ione con altri operatori e in questo è da considerar­e con favore il mondo delle fintech, non come concorrent­e ma come partner, che può essere stimolo all’innovazion­e e fonte di soluzioni che possono favorire un’accelerazi­one in questa direzione. In tal senso, la Direttiva PSD2 è una opportunit­à e non solo una minaccia.

La sfida della trasformaz­ione digitale del modello di business è per tutti. Pensare che tutti possano raccoglier­la è una previsione ottimistic­a. Di certo, le banche godono ancora oggi di un buon livello di trust e di una buona relazione con la clientela e sono depositari­e di un grande patrimonio informativ­o. E questo dà loro ancora uno spazio temporale, soprattutt­o per chi è in ritardo, per poter gestire e completare la propria trasformaz­ione digitale. Nell’era “digitale”, però, è sempre bene ricordare che i primi che arrivano conquistan­o il mercato.

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