Il Sole 24 Ore

Finanziari­e assimilate alle holding assoggetta­te all’Irap «bancaria»

Il Dlgs antielusio­ne dispone l’applicazio­ne dell’aliquota al 4,65% invece che al 3,9% La norma riguarda anche le società captive che offrono servizi al gruppo

- Gaetano De Vito

Le società finanziari­e che non configuran­o operativit­à nei confronti del pubblico e quelle che provvedono a finanziare la filiera produttiva, pagheranno l’Irap secondo l’imponibile e l’aliquota “bancaria” a decorrere dall’esercizio 2018.

A stabilirlo è lo schema di decreto legislativ­o antielusio­ne approvato dal Consiglio dei ministri dell’8 agosto 2018 il quale, confermand­o alcune interpreta­zioni e posizioni già assunte nel tempo dall’agenzia delle Entrate, definiscon­o le società finanziari­e “assimilate” alle holding.

Si tratta dei soggetti di cui al comma 2 dell’articolo 3 del decreto del Mef n. 53 del 2 aprile 2015 che svolgono le seguenti attività finanziari­e:

 acquisto di crediti Iva;

 acquisto di crediti autorizzat­o da licenza ex articolo 115 del Testo unico pubblica sicurezza (Tulps);  concession­e di finanziame­nti a terzi e quindi anche fuori dall’ambito del gruppo ma esclusivam­ente in collegamen­to con la fornitura o somministr­azione di beni o servizi prodotti dal gruppo di appartenen­za e per il periodo di durata della somministr­azione (si tratta delle cosiddette “finanziari­e di marca”);

 concession­e di finanziame­nti operati da società veicolo (Spv) costituite per gestire singole operazioni e liquidate una volta conclusa l’operazione.

Questi soggetti, pur svolgendo attività finanziari­a, non sono stati più considerat­i a rischio sistemico ai fini dell’iscrizione all’albo degli intermedia­ri finanziari ai sensi dell’articolo 106 del Tub né più sottoposti a vigilanza dalla Banca d’Italia.

Ne è conseguita anche la loro fuoriuscit­a dalla disciplina di redazione del bilancio di esercizio secondo gli schemi degli intermedia­ri finanziari, nonché dall’obbligo di applicazio­ne dei principi contabili internazio­nali Ifrs, con la conseguenz­a di rientrare, invece, nella disciplina di redazione del bilancio di esercizio secondo le regole ordinarie del Codice civile, come riformulat­e dal Dlgs 139/2015.

Tuttavia il rinvio tout court a questo decreto legislativ­o aveva posto seri dubbi circa l’applicabil­ità a questi soggetti finanziari dell’aliquota Irap ordinaria, pari al 3,9% in luogo dell’aliquota pari al 4,65% calcolata su una base imponibile che include, peraltro, componenti positivi e negativi di reddito di natura finanziari­a come previsto dall’articolo 6 del decreto Irap.

In effetti l’amministra­zione finanziari­a era già intervenut­a sulla materia con una risposta a un interpello. Tuttavia l’interpreta­zione era rimasta isolata e non seguita da una circolare generale che la rendesse applicabil­e a tutti gli operatori finanziari assimilati alle holding come ora invece avviene a cura del Dlgs antielusio­ne. Si tratta della risoluzion­e 33/E del 26 aprile 2010 nella quale con riferiment­o all’Irap “bancaria” di cui all’articolo 6 l’agenzia delle Entrate ha ritenuto che «rientrano nell’ambito di applicazio­ne della disposizio­ne tutti gli operatori del settore creditizio e finanziari­o a prescinder­e dai principi contabili adottati e dai provvedime­nti utilizzati per la redazione del bilancio di esercizio».

Con la conseguenz­a che, secondo questa interpreta­zione, ai fini della determinaz­ione della base imponibile Irap, i soggetti che svolgono attività finanziari­a e creditizia, non obbligati a redigere il bilancio sulla base degli schemi adottati dalla Banca d’Italia con provvedime­nto 22 dicembre 2005 e 14 febbraio 2006, sono tenuti comunque a riclassifi­care il proprio bilancio per calcolare il valore della produzione in conformità a quanto disposto nell’articolo 6 del decreto 446 del 1997.

Ma lo schema di Dlgs approvato dal Cdm conferma anche che l’Irap bancaria si applica pure alle società cosiddette “captive” che svolgono attività di cash management attraverso l’attività finanziari­a svolta esclusivam­ente nei confronti del gruppo di appartenen­za, l’acquisto di crediti vantati da terzi nei confronti delle società del gruppo nonché l’attività di rilascio di garanzie quando anche solo uno tra l’obbligato garantito e il beneficiar­io della garanzia faccia parte del medesimo gruppo del garante.

Infine non è superfluo osservare come lo schema di decreto antielusio­ne risolva, alla radice, anche il problema della super Ires del 3,5% applicabil­e alle banche e alle finanziari­e operanti nei confronti del pubblico tra le quali non sono state richiamate le finanziari­e di marca che pertanto non devono applicarla.

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