I salari Usa crescono al ritmo più veloce degli ultimi 9 anni
Trump è pronto a imporre nuovi dazi contro la Cina per ulteriori 267 miliardi
Gli intrighi politici e i venti di guerra commerciale non pesano sull’andamento dell’economia americana. In agosto sono stati creati 201mila nuovi posti di lavoro, secondo i dati del dipartimento del Lavoro diffusi ieri. Gli economisti ne attendevano 192mila. Ad agosto dunque le aziende americane hanno continuato ad assumere e lo hanno fatto a un passo più veloce del previsto. Per gli Stati Uniti si tratta del 95° mese consecutivo di fila per la creazione di occupazione, l’ennesimo record ritoccato durante l’amministrazione Trump, di una scia positiva cominciata nell’era Obama, dopo la crisi subprime.
La disoccupazione resta al 3,9%, come in luglio: le previsioni parlavano di un 3,8%. Il dato sui disoccupati è tra i livelli più bassi da decenni.
Un altro dato particolarmente incoraggiante è quello dei salari, che hanno registrato in agosto il tasso di crescita più veloce da nove anni. I salari orari sono saliti dello 0,37%, pari a 0,10 dollari, su base mensile. Le stime parlavano di un +0,2%. Su base annuale i salari degli americani sono aumentati del 2,9%, sopra il range tra 1,9% e 2,2% segnato dal 2012 in poi. E oltre la media del 2% degli ultimi sei anni. Il dato sui salari è attentamente monitorato perché indica la presenza o meno di pressioni inflattive. Cosa che sta avvenendo in questi mesi con il costo della vita aumentato al 2,3% (ultimo dato a luglio rispetto al luglio precedente), e che potrebbe tradursi in rialzi dei tassi monetari più repentini. Finora la Fed non ha mostrato segnali di preoccupazione. Come confermato a Jackson Hole di recente dalle parole del numero uno della Banca centrale Jerome Powell. Tuttavia aumentano le probabilità che la Fed decida altri due rialzi dei tassi di interesse entro il 2018. Nella prossima riunione del 26 settembre e, forse, a dicembre.
Sul fronte della guerra commerciale ieri il presidente Trump, dall’Air Force One, in viaggio verso il North Dakota per il tour elettorale delle elezioni midterm, ha detto ai giornalisti che è pronto ad approvare altri dazi contro l’export della Cina su 267 miliardi di nuovi prodotti, che si aggiungerebbero ai 200 miliardi già minacciati. Cosa che porterebbe il totale del nuovo muro protezionistico contro Pechino a 467 miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti i 50 miliardi in vigore già entrati in vigore. Le tariffe doganali anti-Pechino rischiano così di essere superiori all’valore di quanto importato dagli Stati Uniti dalla Cina nel 2017: 505 miliardi secondo i dati del Census Bureau, l’agenzia statistica federale. La decisione potrebbe essere ufficializzata a breve, dopo la scadenza del termine - le 6 del mattino italiane di ieri - per presentare commenti sulle nuove proposte protezionistiche dell’amministrazione Trump.
Lunedì prossimo, sempre in tema di dazi e nodi commerciali, è prevista la visita a Bruxelles del responsabile Usa al Commercio Robert Lighthizer che incontrerà la commissaria Ue Cecilia Malmström per fare il punto della situazione sui rapporti commerciali Usa-Ue, nel quadro del gruppo di lavoro avviato dopo l’incontro a Washington tra Trump e il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker.