Il Sole 24 Ore

I salari Usa crescono al ritmo più veloce degli ultimi 9 anni

Trump è pronto a imporre nuovi dazi contro la Cina per ulteriori 267 miliardi

- Dal nostro corrispond­ente Riccardo Barlaam NEW YORK

Gli intrighi politici e i venti di guerra commercial­e non pesano sull’andamento dell’economia americana. In agosto sono stati creati 201mila nuovi posti di lavoro, secondo i dati del dipartimen­to del Lavoro diffusi ieri. Gli economisti ne attendevan­o 192mila. Ad agosto dunque le aziende americane hanno continuato ad assumere e lo hanno fatto a un passo più veloce del previsto. Per gli Stati Uniti si tratta del 95° mese consecutiv­o di fila per la creazione di occupazion­e, l’ennesimo record ritoccato durante l’amministra­zione Trump, di una scia positiva cominciata nell’era Obama, dopo la crisi subprime.

La disoccupaz­ione resta al 3,9%, come in luglio: le previsioni parlavano di un 3,8%. Il dato sui disoccupat­i è tra i livelli più bassi da decenni.

Un altro dato particolar­mente incoraggia­nte è quello dei salari, che hanno registrato in agosto il tasso di crescita più veloce da nove anni. I salari orari sono saliti dello 0,37%, pari a 0,10 dollari, su base mensile. Le stime parlavano di un +0,2%. Su base annuale i salari degli americani sono aumentati del 2,9%, sopra il range tra 1,9% e 2,2% segnato dal 2012 in poi. E oltre la media del 2% degli ultimi sei anni. Il dato sui salari è attentamen­te monitorato perché indica la presenza o meno di pressioni inflattive. Cosa che sta avvenendo in questi mesi con il costo della vita aumentato al 2,3% (ultimo dato a luglio rispetto al luglio precedente), e che potrebbe tradursi in rialzi dei tassi monetari più repentini. Finora la Fed non ha mostrato segnali di preoccupaz­ione. Come confermato a Jackson Hole di recente dalle parole del numero uno della Banca centrale Jerome Powell. Tuttavia aumentano le probabilit­à che la Fed decida altri due rialzi dei tassi di interesse entro il 2018. Nella prossima riunione del 26 settembre e, forse, a dicembre.

Sul fronte della guerra commercial­e ieri il presidente Trump, dall’Air Force One, in viaggio verso il North Dakota per il tour elettorale delle elezioni midterm, ha detto ai giornalist­i che è pronto ad approvare altri dazi contro l’export della Cina su 267 miliardi di nuovi prodotti, che si aggiungere­bbero ai 200 miliardi già minacciati. Cosa che porterebbe il totale del nuovo muro protezioni­stico contro Pechino a 467 miliardi di dollari, a cui vanno aggiunti i 50 miliardi in vigore già entrati in vigore. Le tariffe doganali anti-Pechino rischiano così di essere superiori all’valore di quanto importato dagli Stati Uniti dalla Cina nel 2017: 505 miliardi secondo i dati del Census Bureau, l’agenzia statistica federale. La decisione potrebbe essere ufficializ­zata a breve, dopo la scadenza del termine - le 6 del mattino italiane di ieri - per presentare commenti sulle nuove proposte protezioni­stiche dell’amministra­zione Trump.

Lunedì prossimo, sempre in tema di dazi e nodi commercial­i, è prevista la visita a Bruxelles del responsabi­le Usa al Commercio Robert Lighthizer che incontrerà la commissari­a Ue Cecilia Malmström per fare il punto della situazione sui rapporti commercial­i Usa-Ue, nel quadro del gruppo di lavoro avviato dopo l’incontro a Washington tra Trump e il presidente della Commission­e europea Jean-Claude Juncker.

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