Il Sole 24 Ore

BTp, «paracadute» di Mps per il Tesoro

Equita Sim: oltre a Siena da Credem e UniCredit i maggiori acquisti

- Luca Davi @lucaaldoda­vi

C’è chi, come UniCredit e Montepasch­i, ha deciso di incrementa­re gli investimen­ti in titoli di Stato. Oppure c’è chi, vedi Intesa Sanpaolo e Ubi, ha preferito tenere la posizione o l’ha limata lievemente. Oppure c’è ancora chi, ed è il caso del Credem, ha praticamen­te raddoppiat­o la puntata sui BTp, sperando in un apprezzame­nto del loro valore.

Quando si parla di BTp, le banche italiane sembrano muoversi in ordine sparso, tanto da adottare strategie anche opposte. Almeno se si guarda a ciò che è successo tra il primo e il secondo trimestre dell’anno. Dall’analisi dei dati di bilancio effettuata da Equita Sim, emerge un dato chiaro: le banche italiane si confermano tra le principali detentrici di titoli di Stato italiani. A giugno 2018, i primi dieci istituti domestici detenevano circa 160 miliardi di BTp, con un incremento di 10 miliardi rispetto a marzo (+7%). Segnale di chiara fiducia nel nostro debito, ma anche conferma di come il business model degli istituti di credito faccia ancora largamente perno sui BTp come fonte di generazion­e del margine di interesse.

Lo studio - che ovviamente non può considerar­e eventuali movimenti di portafogli­o registrati nei primi due mesi del terzo trimestre, periodo peraltro in cui l’alta volatilità dei BTp potrebbe aver portato ragionevol­mente a qualche alleggerim­ento - mette in evidenza come alcune banche abbiano spinto anche pesantemen­te sugli acquisti di titoli italiani. In cima alla lista ci sono Credem (che ha aumentato l’espozione in Btp da 1,38 a 2,77 miliardi, +100%) e Creval (+14%, a 5,85 miliardi). Ma gli investimen­ti più rilevanti in termini assoluti sono targati Mps (+18%, a 21,6 miliardi, cifra su cui pesa l’attività di primary dealer di Mps Capital Services) e UniCredit: la banca guidata da Jean Pierre Mustier ha incrementa­to il portafogli­o Btp di oltre 6,3 miliardi, a 53,6 miliardi, con un progresso del 13%. «Cogliamo le opportunit­à sullo spread quando la reazione del mercato è eccessiva come a maggio», aveva del resto spiegato il banchiere francese a inizio agosto, alla presentazi­one dei dati del secondo trimestre.

Più caute le altre banche. Da Intesa Sanpaolo (che ha limato l’esposizion­e del 5%, a 28,4 miliardi ) a Ubi (-5%, a 9,9 miliardi), fino a BancoBpm (-2%, a 18,7 miliardi). Sostanzial­mente invariato il perimetro BTp di Bper (a 5,5 miliardi), Mediobanca (a 2,67 miliardi) e Carige (1,5 miliardi).

A motivare le scelte delle tesorerie delle banche non sono solo le attese sulle prospettiv­e dei BTp, ma anche i livelli iniziali di diversific­azione, di duration e di allocazion­e del proprio portafogli­o titoli. In questa cornice, la novità più rilevante è che «le banche si sono rivelate più sensibili del previsto agli shock sui titoli di Stato», spiega l’analista Giovanni Razzoli. Il rialzo dello spread registrato da metà maggio (+110 punti base), e il conseguent­e impatto negativo sui prezzi, ha generato un’erosione sul Cet 1 ratio di 36 punti base, pari a 3,6 miliardi, sopra i 32 previsti, a cui si aggiungono altri 15 punti base come stima sulla prima parte del terzo trimestre. Un elemento, quest’ultimo, che se non compensato da un rally dei titoli italiani nei prossimi trimestri, potrebbe rendere più complicata l’esecuzione dei piani di derisking annunciati da alcune banche.

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