Berlino frena la web tax europea Parigi punta a un prelievo a tempo
Juncker: subito 10mila uomini in più per la polizia di frontiera Ue
La Germania chiede più tempo per un accordo sulla web tax europea. Ma al consiglio Ecofin di Vienna la Francia propone, per venire incontro ai dubbi tedeschi e alle resistenze di Paesi come l’Irlanda, una cosiddetta «sunset clause». Si tratta di una clausola che farà decadere l’imposta (3% del fatturato per imprese con un giro d’affari superiore ai 750 milioni di euro, secondo la proposta della Commissione europea) in caso di accordo internazionale sulla tassazione in ambito Ocse.
Sempre sul fronte europeo, il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker annuncerà mercoledì la proposta di trasformare Frontex in un vera e propria guardia di confine e costiera dell’Unione aggiungendo 10mila effettivi.
I ministri delle Finanze dell’Unione sono tornati ieri a discutere dell’idea di introdurre una nuova forma di imposizione delle imprese digitali. Il lavoro tecnico proseguirà nelle prossime settimane, ma l’esito resta incerto, tanto più che in campo fiscale è necessaria l’unanimità. Pur di venire incontro ai governi più recalcitranti, Parigi ha proposto di adottare una clausola nella direttiva in discussione che renda caduca la legislazione europea in caso di intesa internazionale.
Sul tavolo dei ministri, qui a Vienna per una due-giorni di riunioni, è stata una recente proposta di Bruxelles. Questa prevede che, in attesa di un accordo a livello mondiale, alle imprese digitali venga imposta una nuova aliquota del 3%. Ad essere tassato sarebbe il fatturato nazionale delle singole imprese digitali, generato dalla vendita pubblicitaria, dalle attività di intermediazione, dalla vendita di dati personali. Ad essere colpite sarebbero le imprese con un fatturato superiore a 750 milioni di euro.
Vi sono paesi che frenano per paura di mettere a rischio il loro rapporto con i giganti del settore; in prima fila l’Irlanda. Altri, come la Germania, temono di creare precedenti che mettano a rischio abitudini nella tassazione degli utili d’impresa. Altri paesi membri ancora non vogliono innervosire gli Stati Uniti – molte imprese digitali sono americane – e perseguire una strada che farebbe dell’Europa un’eccezione a livello mondiale, indebolendola sul piano competitivo. In questo contesto, la Francia ha proposto che alla legislazione comunitaria sia associata una clausola (sunset clause) che la renderebbe caduca una volta trovato un accordo a livello Ocse.
Questa clausola permetterebbe di tranquillizzare i paesi preoccupati dall’idea di indebolire permanentemente l’Europa dinanzi alla concorrenza internazionale. Tra questi anche la Germania. Da un lato, Berlino crede che le imprese digitali debbano pagare una quota equa di imposte (oggi queste pagano molto meno delle classiche aziende). Dall’altro, le associazioni imprenditoriali tedesche rumoreggiano, temendo di creare nuove forme di tassazione slegate dai profitti.
«È necessario tempo per il dibattito – ha detto il ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz –, ma siamo pronti a trovare una soluzione molto presto». Il suo omologo francese Bruno Le Maire, che preme per trovare un accordo entro fine anno e vede «progressi» nel negoziato, ha spiegato di «voler offrire delle risposte alle preoccupazioni del governo tedesco».
L’obiettivo dichiarato è di introdurre maggiore equità. Per decenni la tassazione ha riguardato i profitti. Per via della loro stessa natura, le grandi imprese digitali riescono a eludere questa forma di tassazione. Diplomatici notavano ieri crescente consapevolezza da parte dei Ventotto di dover agire, tanto più che a otto mesi dalle prossime elezioni europee il tema, popolare in molti settori dell’opinione pubblica, è ritenuto un possibile strumento per tentare di arginare il successo dei partiti più radicali.
Sempre sul fronte europeo, mercoledì prossimo il presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, dovrebbe formalizzare la poposta di potenziamento di Frontex, l’agenzia di controllo delle frontiere terrestri e marittime con l’obiettivo di trasformarla e in un vero e proprio corpo di polizia dell’Unione. L’idea è di dotare Frontex di ulteriori 10mila effettivi con capacità d’intervento anche in Paesi terzi e compiti decisivi sui rimpatri. Il progetto non è nuovo ed era già contenuto nelle linee programmatiche del bilancio pluriennale Ue 2021-2027 illustrate all’inizio di maggio dal commissario Günther Öttinger; era stato poi ribadita dallo stesso Juncker all’inizio della presidenza di turno austriaca, in luglio, e più recentemente dal commissario per le migrazioni Dimitri Avramopoulos. Non è chiaro se il potenziamento di Frontex sarà a regime nel 2027 oppure se, come suggerisce Avramopoulos, sarà anticipato al 2020.