Investimenti federali per un nuovo «bazooka» Ue
«Una scelta politica coraggiosa, saggia e inevitabile, un “tampone” fondamentale che ha messo l’Europa al riparo dalla crisi, ma anche un’opportunità non del tutto sfruttata per aumentare la capacità strutturale di crescita economica». Per Corrado Passera rischia di avere il sapore dell’occasione perduta il quantitative easing che la Bce si avvia a chiudere. A colloquio con Il Sole 24 Ore durante una pausa del Workshop Teh-Ambrosetti, l’ex ministro dello Sviluppo del governo Monti sottolinea come le necessarie misure espansive attuate sotto la regia di Mario Draghi abbiano sì permesso di tappare le falle dei conti pubblici, ma al tempo stesso e con poca lungimiranza non siano state utilizzate per promuovere investimenti nel lungo periodo.
«Il livello ridotto dei tassi aveva offerto una situazione irripetibile per dare un volto nuovo all’Europa, che soprattutto in Italia non è stata sfruttata fino in fondo» ammette con amarezza Passera, oggi ad di Illimity, sottolineando come la responsabilità «sia politica e vada oltre l’aspetto dei vincoli di bilancio». Così però l’Europa ha anche mancato l’occasione di rafforzarsi al cospetto delle altre grandi potenze, sempre più aggressive nei nostri confronti. «Il rischio – sottolinea l’ex manager di Poste e Intesa Sanpaolo – è il dissolvimento dell’Ue, che relegherebbe i singoli Paesi al ruolo di vassalli di una delle forze extraeuropee».
«Un futuro molto triste», insomma, per evitare il quale occorre agire senza indugio. «Finora – osserva Passera – l’Ue è stata percepita soltanto come austerità e vincoli, un modo per dimostrare che in realtà è anche motore di sviluppo e difesa della nostra indipendenza sarebbe quello di lanciare un grande piano di investimenti straordinario e accelerato in aree cruciali e delicate quali ricerca e innovazione, istruzione e formazione, infrastrutture tradizionali e innovative, ma anche la difesa militare e dei nostri confini». Passera suggerisce dunque un programma di «investimenti federali» di ampia portata: cifre ingenti e nell’ordine dei 1000-2000 miliardi di euro che nessun singolo Stato potrebbe permettersi, e che proprio per questo sarebbero «da gestire e finanziare a livello Ue, con debito garantito in solido da tutti i Paesi che vogliono continuare a farne parte».
Il fatto che il progetto abbia diversi punti di contatto con quell’idea di Eurobond finalizzati all’investimento in infrastrutture più volte arenatasi di fronte all’impossibilità di trovare un accordo comune fra le realtà dell’Unione non sembra spaventarlo. «In fondo occorrerebbe investire il 10% del Pil dell’Unione in 5 anni e raddoppiare così la potenza di fuoco della Ue, che oggi dispone solo di poco più dell’1% del Pil europeo: non dimentichiamoci che negli Usa il bilancio federale rappresenta circa il 25% del totale», spiega il banchiere, che invita a essere «ambiziosi, ma anche a fare in fretta». «L’Europa e soprattutto l’europeismo degli europeisti si stanno indebolendo, per questo è necessario dare un segnale già prima delle elezioni ai tanti cittadini che si aspettano lavoro e sicurezza. Nessun singolo Paese può farcela da solo - conclude Passera- mentre uniti possiamo competere con Usa, Cina e Russia e diventare una delle quattro potenze globali senza rischiar di fare la fine del vaso di coccio tra i vasi di ferro».