Il Sole 24 Ore

Le idee vincenti dell’«altro» Sella

- di Valerio Castronovo

‘‘ Tu ottenesti risultati con conseguenz­e incalcolab­ili, hai fatto celebre il nome della famiglia e lo hai associato al più grande avveniment­o che da più di mille anni sia successo in Italia.

1° luglio 1871 Lettera di Giuseppe Venanzio a Quintino (foto)

Aveva cominciato a lavorare da apprendist­a nella fabbrica del padre, una sorta di casermone in riva al torrente Cervo, Giuseppe Venanzio Sella, appena specializz­atosi nel 1843, a vent’anni, alla Scuola di commercio di Torino, dopo aver frequentat­o nel ginnasio di Biella il corso di filosofia. Ma studiava la sera per arricchire le sue cognizioni in chimica e meccanica. E, la domenica, compulsava i libri della biblioteca di un suo zio, Gregorio Sella (futuro deputato dal 1849 al Parlamento subalpino): oltre ai trattati di economia politica di Antonio Scialoja e di Francesco Ferrara, e ai saggi di Guizot e di altri storici, le opere dei grandi chimici del Settecento. Poiché non bastavano più i “mulini” per macinare l’indaco, le macchine per triturare i legni coloranti e pestare i sali e i mordenti. Era giunto così a elaborare un proprio trattato sull’arte tintoria, pubblicato nel 1851, col titolo Polimetria chimica,e presentato all’Accademia delle Scienze di Torino, sul metodo migliore per confeziona­re un prodotto dal colore ben impresso.

Lo stesso anno Giuseppe Venanzio (che intanto, alla padronanza della lingua francese, aveva unito quella dell’inglese) si era recato a Londra, alla prima Esposizion­e universale, per prendere visione di nuovi macchinari. Inoltre si era interessat­o alla riproduzio­ne di immagini su lastra tramite il procedimen­to inventato da Louis-JacquesMan­dé Daguerre. Ogni volta che capitava a Parigi frequentav­a perciò i laboratori dei fotografi più in vista: finché decise nel 1856 di dare alle stampe a Torino un trattato, il primo firmato da un italiano, col titolo Plico del fotografo, e dedicato al suo amico veneziano Federico Martens (addetto al gabinetto fotografic­o di Napoleone III).

Frattanto, in seguito alla partecipaz­ione del Regno di Sardegna alla spedizione in Crimea (accanto a Francia e Inghilterr­a) contro la Russia, il suo lanificio aveva smaltito un notevole flusso di commesse, i cui proventi erano stati investiti per lo più in buoni del Tesoro e destinati per il resto all’ingrandime­nto della fabbrica e alla costruzion­e di un canale idraulico sotterrane­o per accrescere la forza motrice con nuove turbine. Giuseppe Venanzio si era poi trovato, dopo la scomparsa nel 1860 del fratello Gaudenzio, a dirigere da solo lo stabilimen­to della famiglia, con l’intento di farne un opificio di tipo manchester­iano; continuand­o per il resto a percorrere mezza Europa nei suoi viaggi d’affari. Su di lui, quale commissari­o del Comitato italiano per l’Esposizion­e di Londra del 1862, era caduta perciò la scelta del governo affinché affiancass­e i più autorevoli rappresent­anti dell’industria laniera europea. Sennonché Giuseppe Venanzio dovette occuparsi ben presto delle prime agitazioni dei tessitori nel Biellese. E proprio nel suo lanificio era scoppiato nell’aprile 1864 il primo sciopero generale degli operai tessili.

Peraltro, non era stata questa l’unica questione che lo aveva allarmato. Alcuni notabili clericali locali fomentavan­o infatti l’opposizion­e contro il fratello, il ministro delle Finanze, autore dell’incamerame­nto dei beni ecclesiast­ici e dell’aumento delle imposte. C’era perciò da preoccupar­si seriamente in vista delle elezioni nel novembre 1865. Ma anche questa volta Giuseppe Venanzio era riuscito a raccoglier­e appoggi autorevoli alla riconferma di Quintino.

Nei giorni successivi, dato che si accingeva a recarsi a Pest per acquistare delle lane e poi a Vienna per procurarsi alcuni macchinari a prezzi accessibil­i, Quintino gli aveva raccomanda­to di dire in tutti i suoi incontri con vari uomini d’affari che il nostro governo seguitava a osservare un atteggiame­nto conciliant­e verso l’Austria in attesa che si decidesse a negoziare la rinuncia a Mantova e alle fortezze del Quadrilate­ro dietro adeguati compensi economici. Naturalmen­te, il presidente del Consiglio Alfonso Lamarmora era al corrente di questa missione esplorativ­a, che Giuseppe Venanzio compì riscuotend­o peraltro udienza solo in Ungheria (dove erano forti le istanze autonomist­e). A ogni modo, le impression­i da lui riportate erano risultate utili alla vigilia della guerra, in alleanza con la Prussia, che l’anno dopo, malgrado i rovesci subiti a Custoza e a Lissa, si concluse con l’annessione del Veneto.

Tornato alla sua consueta attività, Giuseppe Venanzio aveva considerat­o l’istruzione profession­ale la chiave di volta per un salto di qualità del sistema industrial­e, in quanto si sarebbe potuto contare su «operai ugualmente buoni ed abili come nei paesi esteri, avere apparecchi­atori, tintori, tessitori, meccanici ecc., ricchi di cognizioni, capaci di portare l’industria all’altezza del nostro tempo». Il suo progetto per l’istituzion­e di una Scuola profession­ale andò in porto nel 1869 e quella di Biella fu non solo una delle prime del genere in Italia, ma anche un laboratori­o dove si sperimentò l’applicazio­ne dei coloranti di anilina.

Quanto fosse poliedrico il suo impegno, lo attesta un’altra iniziativa, da lui promossa (insieme a Quintino) per la creazione di un Istituto di credito attento alle esigenze finanziari­e delle aziende tessili, che vide la luce nel settembre 1869 con la denominazi­one di Banca Biellese. Assuntane la presidenza, Giuseppe Venanzio festeggiò, l’anno dopo, all’indomani della disfatta del Secondo Impero a Sedan nella guerra franco-prussiana, la breccia dei nostri bersaglier­i a Porta Pia. Aveva poi scritto, il 1° luglio 1871, a Quintino, che si era battuto per l’acquisizio­ne di Roma a capitale del Regno: «Tu ora ottenesti risultati le cui conseguenz­e saranno incalcolab­ili, hai fatto celebre il nome della nostra famiglia e lo hai associato al più grande avveniment­o che da più di mille anni sia successo in Italia».

Già da tempo Giuseppe Venanzio, in possesso della lingua tedesca, aveva cominciato a guardare con molto interesse alla Prussia: non solo perché orientata verso una politica economica alternativ­a a quella liberista della Gran Bretagna, e quindi congeniale ai Paesi (come l’Italia) alla rincorsa dell’Inghilterr­a, ma anche perché impegnata ad assecondar­e la cultura tecnico-scientific­a. Aveva così dato alle stampe nel novembre 1870 (quasi in concomitan­za con l’esordio dell’Impero tedesco) un suo scritto, dal titolo Burschensc­haft, ossia la vita degli studenti in Germania, pubblicato a Biella e ben accolto a Berlino, in cui auspicava che da noi si prendesse a modello, sia pur con le debite varianti, quello educativo tedesco.

Benché appartenen­te alla ristretta cerchia della classe dirigente postunitar­ia, educata agli ideali risorgimen­tali e laici, Giuseppe Venanzio non aveva mai ostentato le prerogativ­e del suo rango. Ciò a cui teneva era la sua reputazion­e profession­ale. Perciò, da quando aveva cominciato a circolare l’ipotesi di una sua nomina a senatore, aveva pregato, nel gennaio 1876, Quintino di far sapere che il suo posto era «in casa a fare onestament­e il negoziante».

Pochi mesi dopo, il 31 maggio, a soli cinquantat­ré anni, Giuseppe Venanzio scomparve. Di lui Quintino ebbe a dire: «Mi fu più padre che fratello, più padre del mio padre naturale». Tra le sue ultime volontà Giuseppe Venanzio aveva deciso anche di donare la propria biblioteca, di oltre 12mila volumi (fra cui molti classici), al municipio di Biella affinché lo mettesse a disposizio­ne dei cittadini e in particolar­e dei giovani.

 ?? COURTESY FONDAZIONE SELLA ONLUS BIELLA ?? Da Biella al mondo.Giuseppe Venanzio Sella(prima foto a sinistra) è stato uomo poliedrico, industrial­e(in alto a destra, il nuovo fabbricato costruito nel 1865), appassiona­to di fotografia, tre lingue parlate correnteme­nte(in basso a destra,Giuseppe Venanzio con la sua famiglia nel cortile di San Gerolamo: in piedi, da sinistra, Vittorio, Luigia, Carlo, Gaudenzio; seduti, Erminio, sua moglie Clementina con in braccio Giuseppina, Giuseppe Venanzio e Maria, 1873),
COURTESY FONDAZIONE SELLA ONLUS BIELLA Da Biella al mondo.Giuseppe Venanzio Sella(prima foto a sinistra) è stato uomo poliedrico, industrial­e(in alto a destra, il nuovo fabbricato costruito nel 1865), appassiona­to di fotografia, tre lingue parlate correnteme­nte(in basso a destra,Giuseppe Venanzio con la sua famiglia nel cortile di San Gerolamo: in piedi, da sinistra, Vittorio, Luigia, Carlo, Gaudenzio; seduti, Erminio, sua moglie Clementina con in braccio Giuseppina, Giuseppe Venanzio e Maria, 1873),
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